QATAR. L’attacco israeliano su Doha fa perdere di credibilità gli States 

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Alla fine l’attacco in Qatar è fallito perché la delegazione si trovava in un’altro edificio. A darne notizia il 12 settembre Yedioth Ahronoth: “Non in un’altra stanza, ma in un edificio completamente diverso: un alto funzionario del Qatar ha affermato che il fallimento dell’operazione a Doha è dovuto a una lacuna nell’intelligence. Il fallimento avrebbe potuto essere maggiore: la struttura presa di mira avrebbe dovuto ospitare un alto funzionario del Qatar responsabile dei rapporti con Israele, soprannominato “Abdullah Cohen” per le sue frequenti visite nel Paese”.

In una dichiarazione ufficiale, Hamas ha affermato che il suo leader a Gaza, Khalil al-Hayya, non è stato ucciso nell’attacco di Doha. Un funzionario qatariota di alto rango ha confermato che il fallimento dell’operazione – in cui nessuno dei leader di Hamas presi di mira è stato ucciso – è dovuto a una lacuna nell’intelligence. Secondo fonti nel Golfo, gli obiettivi – i leader di Hamas – non si trovavano in un’altra stanza, come suggerito da alcuni recenti rapporti, ma in un edificio completamente diverso.

Il funzionario qatariota ha spiegato che le vittime dell’attacco, tra cui il figlio di Khalil al-Hayya, che fungeva da collegamento del leader di Hamas fuori Gaza, erano tutte – ad eccezione della guardia qatariota presente – membri del team che preparava il materiale per l’incontro dei leader di Hamas. Alcuni erano arrivati ​​dalla Turchia per discutere l’iniziativa presentata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Secondo questo funzionario, il fallimento avrebbe potuto essere molto più grave, poiché un incontro tra la leadership di Hamas e il funzionario qatariota responsabile delle relazioni tra Hamas e Israele – scherzosamente soprannominato “Abdullah Cohen” da amici e colleghi per le sue frequenti visite in Israele – è stato posticipato di appena un’ora o due rispetto all’orario originariamente previsto.

In altre parole: è stato solo per pura fortuna che “Abdullah Cohen” non fosse presente al momento dell’attacco. Si tratta di una figura di alto rango che, grazie al suo lavoro, mantiene contatti costanti con i leader del Qatar ed è considerato vicino al Primo Ministro Mohammed Al Thani. Se fosse stato ucciso lì, la grave crisi derivante dall’attacco sarebbe stata molto più grave.

L’alto funzionario della sicurezza ha anche affermato che, oltre alla potenziale compromissione di un accordo, al danno politico per Israele e al grave danno diplomatico e internazionale, era chiaro fin dall’inizio – e ciò è stato anche presentato al primo Ministro e ai ministri di alto livello – che l’operazione, anche in caso di successo, avrebbe causato danni operativi e di intelligence e avrebbe messo a nudo capacità speciali.

A seguito del fallito attacco il Qatar ha promesso di adire contro Israele in tutti i consessi internazionali e ha terminato il suo già difficile compito di paese mediatore. 

Sibilline le dichiarazioni statunitensi in merito. Secondo tre alti funzionari israeliani, Netanyahu ha chiamato Trump martedì pomeriggio scorso e lo ha informato dell’attacco ai leader di Hamas in Qatar. Questa chiamata è avvenuta circa 45 minuti prima dell’attacco. I funzionari hanno sottolineato che se Trump si fosse opposto, Israele non avrebbe effettuato l’attacco. Tuttavia, la Casa Bianca sostiene che Trump sia stato informato solo tramite l’esercito statunitense e non abbia ricevuto un avvertimento diretto da Israele. L’ufficio di Netanyahu si è astenuto dal rilasciare dichiarazioni ufficiali in merito.

Il 16 settembre Doha indice un vertice arabo di emergenza per discute dell’accaduto. Durante il vertice si è cercato di passare dalle condanne di Israele a qualcosa di più concreto, qualcosa che l’Iran chiede a tutti gli altri di fare. Finora, gli altri partecipanti si sono limitati a parole di sostegno al Qatar e alla necessità di una posizione coordinata per contrastare l’aggressione israeliana nella regione.

Nelle stesse ore Netanyahu ha affermato che Israele dovrà presto vivere in uno stato di autarchia e sotto un crescente accerchiamento ostile. Un discorso che risulta dissonante alle orecchie vista la serie di attacchi, in vari paesi del mondo senza che nessuno abbia fatto null’altro che dichiarazioni a parte l’Iran. Nel frattempo, la situazione della politica estera continua a deteriorarsi.

In questa brutta faccenda in Qatar a rimetterci la faccia anche gli Stati Uniti. Secondo alcune testate statunitensi: “Washington sta rapidamente perdendo alleati in tutto il mondo. Invece di imparare dal suo potere in declino, la scorsa settimana gli Stati Uniti sono rimasti inerti mentre i missili israeliani colpivano il cuore di Doha, un alleato degli Stati Uniti che ospita la più grande base militare di Washington nella regione, prendendo di mira la leadership di Hamas e sconvolgendo l’ordine regionale e la percezione della minaccia esistente”.

E ancora si legge: “Nessun sistema di difesa fornito dagli americani ha intercettato l’attacco. Nessuna chiamata dell’ultimo minuto a Gerusalemme ha fermato l’attacco. Nel suo momento della verità, Washington non è riuscita non solo a disinnescare le tensioni tra due alleati, ma anche a sostenere l’illusione che le sue garanzie di sicurezza significassero ancora qualcosa”.

“Il successivo e brusco avvertimento del Primo Ministro israeliano Netanyahu, che avrebbe preso di mira qualsiasi stato che ospitasse Hamas, citando implicitamente paesi come Turchia ed Egitto, non ha fatto che aumentare l’ansia nella regione. Eli Cohen, membro del gabinetto di sicurezza israeliano e ministro dell’Energia, ha dichiarato: “Hamas non può dormire sonni tranquilli in nessuna parte del mondo”.

Alla domanda se questo includesse Istanbul e Ankara, ha ripetuto: “In qualsiasi parte del mondo”. Ha aggiunto: “Abbiamo dimostrato di essere in grado di raggiungere con precisione qualsiasi luogo”. In un’altra intervista al sito web di notizie israeliano Ynet, un altro ministro, Ze’ev Elkin, ha dichiarato: “Li inseguiremo e faremo i conti con loro ovunque si trovino”.

Questa retorica è particolarmente problematica per i partner statunitensi come l’Arabia Saudita attualmente impegnata in delicati negoziati di difesa con Washington che riguardano garanzie di sicurezza e cooperazione in materia di difesa, paese che proprio il 18 settembre ha stretto accordi di sicurezza e difesa reciproca con il Pakistan, già stretto allato della Turchia. 

Se per decenni, l’Iran e le sue milizie erano la vera minaccia per il Golfo, oggi questa percezione non è più valida. Per gli stati del Golfo, la nuova e crescente minaccia proviene da Israele, affidarsi a Washington per la sicurezza, quindi, non è più tanto “sicuro”.

In questo contesto, il Qatar ha ospitato un vertice arabo-islamico a Doha per elaborare una risposta collettiva all’aggressione israeliana. Nello scenario, gli Stati Uniti sono notevolmente assenti.

Tommaso Dal Passo 

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