BRASILE. I cinesi badano sempre più alla tracciabilità della carne brasiliana

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Un sondaggio condotto a Pechino e Shanghai da gruppi di ricerca accademici di Cina e Brasile, ha rivelato che i ricchi consumatori cinesi sono disposti a pagare di più per la carne bovina, a condizione che non sia collegata alla deforestazione in Amazzonia e sia tracciabile.

La ricerca è stata condotta tra l’Accademia cinese delle scienze sociali e FGV Agro della Fondazione Getulio Vargas, e sostenuta dalla ONG americana The Nature Conservancy. Nonostante le dimensioni ridotte del campione di consumatori che acquistano carne bovina brasiliana in Cina – solo 720 sono stati intervistati nelle due città più grandi e ricche del paese – i risultati hanno sorpreso i ricercatori, riporta MercoPress.

In media, gli intervistati hanno indicato che pagherebbero il 22,5% in più rispetto al prezzo attuale della carne brasiliana se venisse assicurata che provenisse da bovini allevati in aree a deforestazione zero. Attualmente, un chilo di filetto raggiunge i consumatori cinesi a prezzi che vanno dai 40 ai 70 dollari americani.

L’anno scorso, le esportazioni di carne bovina brasiliana sono ammontate a 5,73 miliardi di dollari, quasi 1,2 milioni di tonnellate, con circa il 60% destinata al mercato cinese e recentemente le autorità sanitarie cinesi hanno autorizzato altri 38 impianti di confezionamento della carne brasiliani a rifornire il suo mercato, la maggior parte dei quali produttori di carne bovina. Ciò ha aumentato a 144 il numero totale di stabilimenti brasiliani di carne (manzo, pollame e maiale) autorizzati a vendere in Cina.

La carne brasiliana, che rispetti la natura, potrebbe potenzialmente essere venduta sui mercati cinesi con un sigillo che ne confermi la tracciabilità: l’industria della carne brasiliana ha fatto passi da gigante in questo senso. Tuttavia, rimane un segmento di produttori che attribuisce meno importanza alla sostenibilità, sostenendo che ci saranno sempre consumatori che ignoreranno il problema della deforestazione amazzonica.

C’è una netta differenza tra il percorso che propone la Cina e quello adottato dall’Unione Europea. Gli europei hanno approvato norme che impediranno a diversi prodotti di entrare nel blocco se non ottengono il via libera da un sistema di controllo e audit; il sistema sino-brasiliano è volontario. 

Il Brasile, secondo l’Associazione brasiliana delle industrie della carne Abiec, ha “il potenziale per produrre di più in aree più piccole e che il mercato è la forza trainante per aumentare questa efficienza”.

Per quanto riguarda la deforestazione, l’Abiec parla della necessità di maggiori misure di controllo da parte dello Stato e del settore privato. Uno degli anelli deboli della catena della carne brasiliana continua ad essere rappresentato dai fornitori sussidiari di animali. Si tratta di agricoltori che non vendono bestiame ai confezionatori di carne ma forniscono animali alle aziende agricole che hanno contratti con l’industria.

Nonostante i risultati dell’indagine, al momento i consumatori e gli importatori cinesi non considerano un problema il fatto di non disporre di informazioni sufficienti sulla tracciabilità della carne, ma lo sarà in futuro aumentando la consapevolezza degli attori del mercato.

Lucia Giannini

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