Anonymous è già storia?

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Nato da una piccola community forum , conosciuta come 4chan,  Anonymous è oggi un gruppo  ben noto e familiare e la sua reputazione basata sulla disobbedienza civile e sul digital activism ha fatto il giro del mondo, diventando una forza da temere e rispettare.

Cercare di definire i confini di questa comunità selvaggiamente varia ed imprevedibile è impresa difficile, così come altrettanto oscura è la sua storia. Non èfacile, infatti, comprendere le diverse motivazioni che spingono un gruppo composto da membri talmente diversi a perseguire obiettivi volti al bene comune.

Basandosi sul concetto di comunità anonima, l’organizzazione virtuale ha ottenuto l’attenzione della stampa internazionale nel 2008 per Project Chanology, una lotta virtuale coordinata contro la chiesa di Scientology, dimostrando l’impegno del gruppo nel portare avanti e collezionare attività di alto profilo e valore. Nel corso della sua storia, Anonymous ha lavoratoefficacemente, smascherando frodi ed inganni di colossi aziendali, attaccando e mettendo in pericolo siti governativi, esponendo anche quella sottile debolezza che lo caratterizza in una vasta gamma di sistemi sociali e tecnici. Forze dell’ordine e media lo hanno demonizzato,esperti di sicurezza informatica ammirato. Una grande comunità online che si approccia alla realtà esterna in maniera nichilista, senza strutture ben definite, senza un roster, senza leadership e come ogni comunità che si rispetti vive evoluzioni, conflitti interni, deviazioni e restaurazioni.

Indefiniti e molteplici sottogruppi con differenti background si sono legati ad Anonymous con l’intento di creare un fronte comune più resistente e compatto e, allo stesso tempo, rendendo la comunità sempre più eterogenea e nebulosa. “Anonymous non è unanime” hanno dichiarato membri trainanti del gruppo “come un marchio, può essere preso in prestito da chiunque e chiunque può rivendicarne il coinvolgimento, offuscandone la credibilità”. Prendiamo ad esempio il recente attacco a Stratfor, agenzia di intelligence americana che si occupa di sicurezza: il gruppo anonimo ha più volte confessato e poi smentito la propria partecipazione, mostrando attraverso un gioco “back and forth” quanto questa comunità sia decentralizzata. Ben nota la storia di Lulzsec, staccatosi da Anonymous ed accusato dallo stesso di tradimento: da tempo infatti Sabu, leader maggiore del gruppo, collaborava con l’Fbi. Piccoli accadimenti che mostrano la fragilità nonché la forza di questa community mutevole e riscrivibile. Una comunità a cui molti pensano in termini di criminalità organizzata e la ricerca degli Anonymous da parte di agenzie e forze di sicurezza appare futile e poco necessaria. La pressione dell’opinione pubblica ed aziendale per porre fine alla loro attività e più forte che mai. Ma con un gruppo cosi poco definito e definibile, quella che si sta combattendo potrebbe essere una guerra senza fine. Molti membri ed esponenti “anonimi” di rilievo sono stati arrestati , ma l’idea di cambiare il mondo e creare una rete virtuale libera, senza censure e senza inganni, basata sulla libertà civile, continua a rafforzarsi con il tempo.

Anonymous ha inoltre dimostrato quanto poco adeguati ed efficienti fossero i sistemi di sicurezza e protezione virtuale: sistemi vulnerabili e deboli, la causa? Difetti di fabbricazione ed errate configurazioni.

“Don’t shoot the messenger”, la celebre frase shakespeariana è divenuta slogan di un gruppo che si è limitato quindi ha sfruttare la fragilità della rete.

È opportuno allora chiederci perché ha fallito Anonymous e perché il gruppo ha bisogno sviluppare un blueprint migliore .

La debolezza del gruppo è da ricercare nella troppa ambiguità teorica: l’adesione diffusa e diversificata ha portato Anonymous ad abbracciare più cause, molte delle quali si sono rapidamente perse nel trambusto e nel rumore della storia. Il successo di un’operazione di alto profilo può inevitabilmente ed efficacemente uccidere una dozzina di piccoli obiettivi in fase di progettazione. Cogliere l’attimo senza avere una visione a lungo termine è un effetto collaterale della natura del gruppo e combattere una battaglia alla volta non è una strategia solida per vincere una guerra. Senza un concreto obiettivo finale, senza un modello di base e con pochi veterani a guidare le “truppe”, Anonymous non è in grado di sconfiggere un nemico che dispone di risorse illimitate e superiori: grandi corporazioni come Visa, Bank of America, grandi organizzazioni religiose come Scientology e grandi nuclei di criminalità organizzata come Zeta Cartel, da anni impegnata a fronteggiare la legge, sono ben preparati ad affrontare un simile avversario.

Spesso anche il diffondere i propri ideali in rete è contrastante con l’etica del gruppo: gli hactivist comunicano e distribuiscono messaggi alla massa, accusando società che “hanno venduto la nostra privacy come fosse merce” utilizzando Facebook e Twitter, due importanti social network che più di tutti hanno contribuito a minare la riservatezza e la libertà individuale. Piccoli punti che non sfuggono agli occhi vigili dei media e delle aziende. Il gruppo sta nutrendo gli avversari, dando loro la possibilità di utilizzare armi capaci di minare la credibilità degli Anonymous.

Fallimenti teorici hanno come conseguenza fallimenti pratici.

Nel corso del 2011 diverse operazioni condotte dal gruppo hanno avuto effetti spiacevoli. Operation Bart, la protesta virtuale contro il Bay Area Rapid Trasport che ha fatto trapelare una raffica di notizie riguardanti l’amministrazione, ha creato disagi anche ai consumatori del servizio: inceppando segnali telefonici in alcune stazioni, portando preoccupazioni per la sicurezza (non possibilità di comporre il 911) e facendo trapelare dati riservati di utenti.

Op. Darknet, battaglia contro la pornografia infantile, ha avuto esiti altrettanto ambigui. Anonymous ha diffuso liste di persone compromesse, molte delle quali risultano false o hanno per protagonisti membri dello stesso gruppo.

La fuga di database e di messaggi di posta elettronica di migliaia di utenti è diventato il marchio di fabbrica degli hactivisti, ma gran parte di queste informazioni non sono di facile lettura per i meno esperti, non essendo affiancate da contesti ed analisi chiare. Una volta resi pubblici i dati, i media hanno spesso difficoltà a ritrovare notizie succose e soprattutto sconvolgenti e ciò rende Anonymous poco efficace e debole.

Costruire una comunità anonima più efficiente migliorerebbe e renderebbe più sicure tutte le parti coinvolte: gruppo, utenti, cittadini e le stesse forze dell’ordine. Con obiettivi più definiti e maggiore responsabilità, i risultati delle loro azioni potrebbero rivelarsi migliori, riducendoperfino gli atti di criminalità informatica.

Il gruppo già in passato si è impegnato a diffondere in rete un “codice di condotta” e una dichiarazione esplicita dei parametri operativi, mettendo in chiaro che le operazioni avrebbero rispettato i limiti imposti della legge e che avrebbero sfruttato solo informazioni open source. Il codice è stato considerato da molti sottogruppi proibitivo e limitativo e ciò ha creato spaccature all’interno dell’organizzazione. Tuttavia, integrità ed onesta sono valori importanti anche per chi, come Anonymous ricorre ad atti criminali per raggiungere i proprio scopi.

Impostare una direzione, eliminare progetti superflui ed educare i nuovi membri su come raggiungere più efficacemente gli obiettivi preposti sono le chiavi per un futuro successo. Le nuove reclute non hanno spesso dimestichezza con le tecnologie più avanzate e ciecamente istallano software senza considerare il rischio per loro stessi, i loro sistemi ed i loro colleghi.

Nel 2011 i casi di infiltrazione e gli arresti da parte delle forze dell’ordine si sono moltiplicati, minando la natura anonima del gruppo.

Elaborare inoltre piani per trattare con aziende e rafforzare operativamente l’avversario può apparire controproducente, ma collaborare con il nemico al fine di creare una rete virtuale più libera deve essere un dovere sentito e portato avanti da ambo le parti.