VIETNAM. Rischio blackout per Hanoi senza un piano energetico per il 2030

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Il governo vietnamita è in ritardo di oltre due anni sulla definizione di un piano energetico decennale fino al 2030, mentre i costi vertiginosi del gas naturale liquefatto lasciano il governo a caccia di un percorso accessibile verso la neutralità delle emissioni di carbonio.

Il piano energetico doveva essere approvato entro la fine del 2020, ma a più di due anni dall’inizio del nuovo decennio i funzionari sono ancora in disaccordo sulla strategia corretta, riporta Nikkei.

Il Vietnam attua le politiche economiche sulla base di piani decisi dal governo o dal Partito Comunista. Come regola generale, le autorità non permettono alle aziende di effettuare gli investimenti necessari per un piano finché questo non viene approvato.

Gli investimenti previsti per le strutture elettriche, originariamente previsti per il completamento nel 2020, sono stati ritardati, causando blackout ad Hanoi e in altre aree durante un’ondata di calore nel 2022.

La sfida per il governo è trovare un modo per allontanare il Paese dai combustibili fossili, mantenendo al contempo bassi i prezzi dell’energia. La domanda di elettricità è aumentata di circa il 10% all’anno grazie alla forte crescita economica. Si prevede che la domanda raddoppierà rispetto al livello attuale entro il 2030 e quintuplicherà entro il 2050.

Mentre il piano era già in ritardo a causa del cambio di leadership, il primo ministro Pham Minh Chinh ha dato una svolta alle discussioni promettendo di raggiungere la neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050 alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP26 nel 2021.

Il piano originale è stato abbandonato perché il governo ha deciso di trovare una fonte di energia alternativa per sostituire il carbone, che rappresenta il 50% dell’attuale produzione di energia.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nel febbraio dello scorso anno, ha contribuito ad aumentare le turbolenze. Il prezzo del Gnl, che secondo il nuovo piano avrebbe dovuto essere una fonte di energia primaria, è salito alle stelle a seguito dell’invasione, mettendo in discussione le premesse del piano energetico.

Il governo si attiene alla decisione del 2016 di abbandonare la costruzione di centrali nucleari. Ma c’è anche un limite alla scala delle energie rinnovabili che possono essere introdotte, lasciando il Paese con poche opzioni per la fonte di energia principale.

Allo stesso tempo, i funzionari vietnamiti stanno sempre più rimandando le decisioni. Il codice penale del Paese prevede una sezione per “negligenza che causa danni alla proprietà nazionale”, che viene applicata con sempre maggiore frequenza.

Nel caso di un’interruzione di corrente su larga scala o di un’impennata dei prezzi dell’elettricità, i funzionari coinvolti nelle decisioni rischiano di essere puniti.

Si teme che le recenti turbolenze politiche, tra cui la destituzione dell’ex presidente Nguyen Xuan Phuc a gennaio, possano ritardare ulteriormente il piano.

Luigi Medici

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