SERBIA. Mosca progetta una base militare

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Continuano le tensioni in area balcanica sulla scia del conflitto tra Russia e Ucraina. Lunedì 8 agosto l’ambasciatore russo a Belgrado Aleksandr Botsan-Kharčenko ha reso noto che la Russia intende stabilire una base militare in Serbia, elemento che secondo il diplomatico sarebbe “una questione che rientra nella piena sovranità del paese”.

Una nuova provocazione quindi della Russia nei confronti dell’Unione europea, a una settimana dalla nuova crisi sul confine tra Serbia e Kosovo: il Cremlino intende giocare sull’ambiguità di Belgrado per destabilizzare i Balcani.
Soltanto lo scorso 2 agosto, il presidente serbo Vučić aveva incontrato Botsan-Kharčenko. Secondo quanto riportato dal capo di Stato, nel corso del colloquio si sarebbe discusso della necessità di rafforzare la cooperazione economica e commerciale. Al centro della conversazione comunque c’erano anche “eventi regionali e globali”, vedi la situazione in Kosovo e Metohija e la guerra in Ucraina.

“Mosca e Belgrado proseguono con successo la cooperazione militare e tecnica” riportano i media russi. Alcuni però sostengono che la notizia della dichiarazione di Botsan-Kharčenko non sarebbe altro che un’esagerazione dei mezzi di informazione occidentali, e che l’ambasciatore russo a Belgrado avrebbe soltanto fatto riferimento al diritto della Serbia di stabilire basi militari sul proprio territorio senza doverne rendere conto ad altri paesi. Resta il fatto che la Serbia non fa parte della Nato, ma è circondata da paesi membri dell’alleanza atlantica: se anche solo intendesse programmare una base militare, questo comprometterebbe l’equilibrio della regione.

Vučić comunque intende continuare a puntare sull’ambiguità di Belgrado: il quotidiano Nova il 9 agosto apre con la notizia che l’assemblea nazionale serba intenderebbe votare una risoluzione a favore dell’imposizione di sanzioni contro Mosca. Secondo la rivelazione della testata serba, si tratterebbe soltanto di un mandato del parlamento al governo sul posizionamento del paese in politica estera, con riferimento al percorso di integrazione europea. Nessun richiamo diretto alle sanzioni, ma comunque se questo fosse vero contraddirebbe ulteriormente la linea di Vučić e della premier Brnabić.

L’ambivalenza del governo serbo si traduce anche sul bilancio dell’economia: in controtendenza con i “partner” europei, l’export del paese verso la Russia nel giugno 2022 è aumentato del 30% circa rispetto all’anno precedente. Ma, ammettono i media russi, “è chiaro quale sarà la decisione se i serbi dovessero prendere una posizione”: solo il 4% delle esportazioni complessive del paese è diretto verso la Russia, contro il 60% destinato all’Unione europea. Questo, del resto, è il fattore da cui dipendono sia l’atteggiamento equivoco della Serbia tra Russia e Ue che l’approccio quasi permissivo di Bruxelles nei confronti di Belgrado.

Carlo Comensoli