#ISRAELHAMASWAR. Problemi politici per Netanyahu. Universitari contro la guerra a Gaza

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Due eventi hanno ottenuto il maggior numero di post sulla social sfera israelo-palestinese. Una è la questione politica di Israele e la seconda sono le manifestazioni pro Gaza in giro per il mondo. 

Il quotidiano Ma’ariv semplifica la questione commentata nella social sfera: “C’è un nuovo primo ministro in “Israele” Itamar Ben Gvir”. Secondo la testata israeliana Benjamin Netanyahu è diventato il servitore di Itamar Ben Gvir. 

Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir è comparso qualche giorno fa davanti alle telecamere mentre lasciava l’ufficio del Primo Ministro, e ha annunciato in tono inequivocabile: “Ho avvertito il Primo Ministro che entreremo a Rafah, né faremo un accordo illegale”.

Il Primo Ministro ha ascoltato le parole e ha promesso che “Israele” sarebbe entrato a Rafah, e ha promesso che la guerra sarebbe continuata, e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi illegali. I critici di Benjamin Netanyahu affermano che: “Queste parole e il tono di voce non lasciano spazio a dubbi nel cuore di ogni ascoltatore. C’è un nuovo primo ministro nello Stato di Israele”.

Netanyahu, nonostante le tensioni interne al suo governo sa cosa vuole la maggioranza della gente: il rilascio dei prigionieri, e sa anche cosa è importante e utile per la gente. Ma segue sempre ciò che Ben Gvir e Bezalel Smotrich, chiedono perché questo è ciò che è politicamente positivo per Netanyahu. 

Più delicata e sensibile l’ondata di proteste che sta caratterizzando il sostegno a Gaza contro Israele. On line si scrive di tutto, qualcuno ha affermato anche che dietro c’è George Soros. Quello che sicuramente va evidenziato, soprattutto per gli Stati Uniti che negli ultimi 20 anni la migrazione palestinese verso gli States è stata importante e i figli di quelle famiglie sono molto sensibili al tema. E nonostante le contro proteste filo israeliane la narrativa pro Gaza vince e buca gli schermi di tutto il mondo. 

A essere coinvolte le università di Canada, Stati Uniti, Messico, Regno Unito, Europa, inclusa al Svizzera e Giappone tutte con messaggi simili ma diversi nei contenuti. A Londra chiedono all’università di ritirare i propri investimenti dalle istituzioni israeliane. In Italia chiedono di interrompere gli scambi culturali e formativi con studenti di Israele. A Parigi annunciano uno sciopero della fame per protestare contro la guerra a Gaza. L’Università di Toronto è testimone di grandi manifestazioni a sostegno del popolo palestinese e del suo diritto a resistere a Israele, e condanna la guerra a Gaza. Le università di Tokyo, Sofia, Tama Art, Christian International e Hiroshima in Giappone si uniscono al movimento studentesco globale a sostegno del popolo palestinese. Negli Stati Uniti sono oltre 80 le università coinvolte nelle proteste, la polizia americana ha arrestato circa 2.200 studenti dei campus universitari durante le proteste pro Gaza.

La speranza è le manifestazioni portino i decisori attorno a un tavolo e non scadano in rivolte violente, come spesso accade quanto tra i manifestanti si infiltrano estremisti di ogni sorta. 

Antonio Albanese e Graziella Giangiulio

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