
Benjamin Netanyahu ha annunciato il lancio dell’operazione antiterrorismo “Muro di ferro” in Cisgiordania, definendo il suo obiettivo quello di rafforzare la sicurezza. L’IDF in un comunicato ha detto che la Brigata Nahal si prepara per le future missioni. “Le truppe della Brigata Nahal, sotto il comando della 162a Divisione, si stanno preparando per le loro prossime missioni dopo settimane di operazioni nell’area di Beit Hanoun nella Striscia di Gaza settentrionale”.
“Nell’ultimo anno e tre mesi, la brigata ha operato in decine di aree nella Striscia di Gaza, eliminando centinaia di uomini di Hamas, smantellando infrastrutture e localizzando e confiscando migliaia di armi”.
“67 soldati e comandanti della Brigata Nahal sono caduti nella difesa delle comunità vicine alla Striscia di Gaza il 7 ottobre 2023 e in combattimento nella Striscia di Gaza. L’IDF esprime le sue condoglianze alle famiglie colpite dal lutto e continuerà a sostenerle. Questa mattina (lunedì), si è tenuta una cerimonia”, riporta il comunicato delle Israeli Defence Forces.
Ufficializzate le dimissioni del ministro Ben Gvir, che ha lasciato il suo incarico per protestare contro la firma di un accordo che considerava una sottomissione alla resistenza a Gaza.
Dimissioni in vista per il Capo di Stato Maggiore, Herzi Halevi che in una dichiarazione il 21 gennaio ha detto: “Ho informato il Ministro della Difesa oggi (21 gennaio ndr) che, in virtù del mio riconoscimento della mia responsabilità per il fallimento dell’IDF del 7 ottobre, e in un momento in cui l’IDF ha ottenuto risultati significativi ed è in procinto di implementare l’accordo per liberare i nostri ostaggi, ho chiesto di lasciare il mio ruolo il 6 marzo 2025. Fino ad allora, completerò le indagini dell’IDF sugli eventi del 7 ottobre e rafforzerò la prontezza dell’IDF per le sfide alla sicurezza. Trasferirò il comando dell’IDF in modo qualitativamente elevato e approfondito al mio successore. Ho inviato una lettera al Ministro della Difesa e al Primo Ministro sulla questione”.
Sulla stessa scia, Yaron Finkelman, comandante del Comando Sud dell’esercito israeliano, annuncia le sue dimissioni sullo sfondo del clamoroso fallimento del 7 ottobre.
Continuano i commenti in merito all’accordo con Hamas: Avi Issacharoff-Yedioth ha detto, “Le immagini che mostrano le tre prigioniere, Romi, Emily e Doron, trasferite sui veicoli della Croce Rossa nel cuore di Gaza, circondate da migliaia di palestinesi, tra cui centinaia di uomini armati, evidenziano la profondità del fallimento politico di un governo e di uno stato che hanno deliberatamente scelto di mantenere Hamas al potere a Gaza, anche dopo 15 mesi di guerra, durante i quali Hamas è rimasto saldo. Fin dall’inizio della guerra, eliminare Hamas è stato un obiettivo primario del governo guidato da Netanyahu, ma la realtà riflette un quadro completamente diverso. Hamas è riuscita a sopravvivere militarmente e a mantenere il controllo su Gaza”.
L’ex capo del Dipartimento di sicurezza e politica del Ministero dell’esercito israeliano, generale Amos Gilad: “Sono ottimista sulla possibilità di successo della prima fase dell’accordo”. E ancora: “Parlare del ritorno della guerra nella seconda fase è un’illusione”. “Le illusioni del ritorno della guerra dopo la prima fase contraddicono i contesti storici”. “Mi aspetto che siamo alla fine della guerra”.
Il prigioniero russo Alexander Trufanov è stato ferito durante la presa degli ostaggi, le sue condizioni “non sono del tutto soddisfacenti”, Hamas ha promesso alla Russia che sarebbe stato rilasciato entro 3-4 settimane, ha riferito l’ambasciatore in Israele Anatoly Viktorov, fonte RIA Novosti. Trufanov, come ha scritto The Times of Israel, è sulla lista dei 33 ostaggi che devono essere liberati base all’accordo di cessate il fuoco Israele-Hamas.
Gli Houthi hanno informato gli armatori via e-mail che, dopo il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, avrebbero limitato i loro attacchi alle navi che navigano nel Mar Rosso e avrebbero attaccato solo le navi direttamente associate a Israele.
Nel frattempo il Portavoce del Ministero degli Esteri del Qatar: “Il secondo scambio avrà luogo nel fine settimana, seguito da un’agevolazione degli spostamenti da sud a nord”.
Ed ora uno sguardo alla situazioni militari aggiornate alle ore 17:00 del 21 gennaio.
Continua la costruzione delle sei basi militari israeliane in Siria. Cinque nella zona cuscinetto e una a Kudah a sud di Quneytra.
Proseguono le distruzioni in Libano da parte dei militari israeliani. Accadono a Maroun al-Ras in direzione di Bint Jbeil. Il capo di stato maggiore dell’IDF Halevi ha incaricato gli ufficiali superiori di “formulare piani per la continuazione dei combattimenti, sia nella Striscia di Gaza che in Libano”. L’esercito israeliano ha bruciato altre case nella città di Hula. Nuove demolizioni su larga scala sulla strada Dabash, verso Yaroun – Bint Jbeil. Il 26 gennaio i militari israeliani dovrebbero lasciare il Libano.
Una forza di fanteria israeliana si è infiltrata dalla città di Maroun al-Ras il 21 gennaio verso la periferia di Bint Jbeil dalla direzione del quartiere del mattatoio. L’esercito libanese ha nuovamente aumentato le sue forze ieri. Il Comitato di supervisione del cessate il fuoco in Libano è informato di un ritardo israeliano nel ritirarsi dal sud oltre la scadenza di 60 giorni. I droni israeliani sono attivi quasi ovunque in Libano, Beirut compresa.
Nuove demolizioni israeliane registrate anche a Yaroun. L’esercito israeliano ha bruciato una casa a due piani a Burj al-Muluk, e ha anche bruciato veicoli appartenenti al Progetto 800.
Il Ministero della Sanità palestinese a Gaza ha annunciato che gli ospedali della Striscia di Gaza hanno curato 72 feriti nelle ultime 24 ore. Tra loro i recuperati sotto le macerie da squadre specializzate.
In Cisgiordania ancor prima che Netanyahu annunciasse l’operazione Muro di Ferro, i coloni hanno iniziato a bruciare e cacciare i palestinesi dalle loro case. Una fonte palestinese al quotidiano Haaretz ha inoltre riferito che: “Israele ha chiesto ai servizi di sicurezza dell’Autorità Palestinese di lasciare Jenin prima che le forze entrassero nell’esercito, chiamando l’operazione Iron Fences”.
In concomitanza con la nomina di Trump, gli attacchi dei coloni contro le città di Jinsafut e Al-Funduq si sono intensificati. Decine di coloni hanno attaccato le due città nel nord della Cisgiordania, ferendo 21 palestinesi e bruciando case e proprietà.
Ciò coincide con l’insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti ieri sera, e una delle sue prime decisioni è stata quella di annullare le sanzioni imposte dal suo predecessore, Joe Biden, ai coloni per aver commesso atti di violenza contro i palestinesi in Cisgiordania. Il Consiglio per gli insediamenti della Cisgiordania settentrionale ha affermato che la decisione di Trump è la prova del ritorno dell’amicizia di Washington e riflette un’opportunità per l’occupazione di raggiungere obiettivi di insediamento in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.
Nel pomeriggio dopo che l’Autorità Nazionale Palestinese ha invaso il campo di Jenin, l’esercito israeliano ha avviato una vasta operazione militare nella zona. Finora, 6 palestinesi sono stati uccisi e più di 35 feriti.
Il Movimento dei Mujaheddin in un comunicato ha detto: “L’operazione militare nella Cisgiordania rientra nel quadro di una guerra aperta contro il nostro popolo. Chiediamo a tutti coloro che possono portare armi di impugnarle di fronte agli aggressori e chiediamo ai servizi di sicurezza di impegnarsi nella difesa del popolo palestinese”.
I Comitati di Resistenza hanno dichiarato: “Jenin rimarrà il serbatoio della rivoluzione e i piani del nemico falliranno”. “I comitati di resistenza in Palestina hanno confermato che l’attacco israeliano e l’aggressione “barbara” contro il campo di Jenin sono una prova evidente dell’approccio dell’entità criminale e dei suoi piani di sradicamento fascista contro il popolo palestinese con tutte le sue componenti”. Il “Comitato di follow-up per le forze nazionali e islamiche palestinesi: condanniamo l’aggressione contro la città di Jenin e il suo campo e la resistenza è l’unico modo per difendere il nostro popolo”.
Antonio Albanese e Graziella Giangiulio
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