SALUTE. Malati reumatologici, le vaccinazioni evitano infezioni più gravi

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Influenza, Covid, Hpv, Herpes Zoster: la Sir – Società Italiana di Reumatologia – mette l’accento sulla necessità di non trascurare la vaccinazione dei pazienti con malattia reumatologica. «Il processo d’immunizzazione – spiega Gian Domenico Sebastiani, presidente – va ‘personalizzato’ sul singolo malato e coordinato dallo specialista. È necessario evitare alcune patologie che per un paziente reumatologico possono insorgere in maniera molto più pericolosa rispetto a un individuo sano e al resto della popolazione». 

La letteratura scientifica mette in guarda dall’evidenza secondo la quale le malattia reumatologiche sono responsabili d’infezioni più severe a cominciare dal maggior rischio di ospedalizzazioni anche per la “semplice” influenza stagionale. 

«Tra le persone colpite da artrite reumatoide, – commenta Sebastiani – il pneumococco può provocare polmoniti o infarti. Per i pazienti interessati dal Lupus Eritematoso Sistemico esiste invece un aumentato rischio d’infezione da Hpv. In Italia sono oltre 27mila e nella stragrande maggioranza si tratta di donne adulte non vaccinate, da giovani, contro il virus». 

Rimangono però alcuni aspetti da osservare con la massima attenzione. In primis il livello di immunosoppressione del soggetto reumatologico; quindi la presenza di eventuali malattie concomitanti e la tipologia della terapia somministrata al paziente. 

È il reumatologo, sottolinea il presidente della SIR, l’unico vero artefice del percorso di vaccinazione. Spetta solo a lui guidare il malato, prescrivere i vaccini e indicare modalità e tempistiche che siano compatibili con i trattamenti in atto. 

«Tutti i vaccini – chiarisce Sebastiani – vanno somministrati nelle fasi di remissione clinica della malattia. I vaccini vivi sono generalmente controindicati e solo in caso di necessità dovrebbero essere somministrati almeno quattro settimane prima di iniziare la terapia immunosoppressiva». 

Più che naturale e logico il riferimento al Covid e alla sua “ripresa” correlata al diffondersi delle ultimi varianti del virus. «Il paziente reumatologico va protetto il più possibile contro il SARS-CoV-2» aggiunge Nicola Ughi, dirigente medico della Reumatologia ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano. «Raccomandiamo a tutti la quinta dose a prescindere dall’età o dalla presenza di malattie croniche. Nelle strutture sanitarie della Penisola stiamo assistendo all’aumento dei casi ospedalizzati proprio a causa del Covid-19. È un pericolo reale: possiamo però evitarlo!». 

«La Sir è stata tra le prime in Europa a redigere un registro su Covid e malattie reumatologiche» racconta Carlo Alberto Scirè, professore associato di Reumatologia all’Università Bicocca di Milano. «Dal 2020 al 2021 abbiamo coinvolto e raccolto i dati di oltre 1.800 pazienti con l’obiettivo di valutare gli esiti dell’infezione rispetto alla popolazione generale. Abbiamo riscontrato come il rischio di contrarre il Covid sia leggermente superiore mentre la prognosi è peggiore. Vi sono tassi più alti di ospedalizzazioni o ricorso a cure intensive in particolare per chi soffre di malattie reumatologiche severe». 

«Tuttavia i pazienti in trattamento immunosoppressivo possono non rispondere in maniera adeguata alla vaccinazione» conclude il presidente Sebastiani. In aggiunta alla vaccinazione risultano però disponibili le terapie a base di anticorpi monoclonali che possono proteggere il paziente immunocompromesso e preservarlo dal rischio di ammalarsi gravemente di Covid-19».

Marco Valeriani 

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