
Può una scena musicale svilupparsi ancora come fece il grunge nella Seattle degli anni ’90 o l’hip-hop nel Bronx negli anni ’70? O la trasformazione digitale della musica ha reso obsolete queste esplosioni su base geografica?
È una domanda che aleggia sul documentario del Sundance Film Festival Meet Me in the Bathroom, una vivida e sconclusionata capsula del tempo della New York dei primi anni 2000, quando gruppi come gli Yeah Yeah Yeahs, i TV on the Radio, gli Strokes, gli Interpol e gli LCD Soundsystem hanno reso la città, e Brooklyn in particolare, uno degli ultimi focolai facilmente identificabili di musica rock, riporta AP.
Il film, che ha debuttato al Sundance Film Festival, è diretto da Dylan Southern e Will Lovelace, e adattato dal libro di Lizzy Goodman, Meet Me in the Bathroom: Rebirth and Rock and Roll in New York City 2001-2011. Concentrandosi principalmente sulla prima manciata di quegli anni, il documentario è un’ode a un’epoca già lontana in cui un’ondata di band ha rivitalizzato la scena musicale di New York, catturando il romanticismo grintoso della città.
Brevi intermezzi di filmati di notizie alludono a una più ampia narrazione digitale che si forma in gran parte al di fuori della scena: i timori dell’anno 2000, l’inizio di Napster, l’introduzione dell’iPod. Ora il modo in cui si consuma musica è diverso, il modo in cui si ascolta o addirittura si fa musica è diverso. Il quotidiano The Guardian, quando ha recensito il libro, lo ha descritto come un «lampo su prima che tutto cambiasse».
Al Sundance, però, c’è sempre fermento intorno ai documentari musicali. Al festival virtuale dell’anno scorso, Summer of Soul (o… The Revolution Will Not Be Televised) di Questlove, che documentava il Festival culturale di Harlem del 1969, è stato probabilmente il più grande successo del festival.
Il Sundance di quest’anno, che si è svolto anche virtualmente, ha abbondato di documentari musicali. Tra di loro c’è il primo film di un documentario in tre parti di Netflix su Ye (ex Kanye West), “jeen-yuhs”, e il doc di Sinéad O’Connor Nothing Compares.
Lucia Giannini