L’influenza di Ankara sulla Siria

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Dopo la settimana dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite durante la quale sono state fatte dichiarazioni, accuse e rapporti sulla Siria conclusi in un nulla di fatto, si è tornati ai soliti discorsi e al solito equilibrio di potere sullo scenario. Oltre al governo di Damasco che tenta di confermare e allargare la legittimità e il riconoscimento internazionale, a contendersi il ruolo di paese con maggior influenza in Siria sono sempre Turchia e Russia, ovviamente con obiettivi e modalità diversi. Gli Stati Uniti e Israele continuano ad affacciarsi in modi diversi ma convergenti di interessi. In questo scenario complesso non si può fare a meno di citare il ruolo militare dell’Iran.

Volendoci soffermare sulla Turchia, la tendenza nei confronti della questione siriana è sempre duplice. Da una parte Ankara deve gestire i rifugiati sul proprio territorio e gestisce una parte di territorio siriano in modo spesso criminale con milizie jihadiste. Dall’altra parte cerca di mostrare il lato migliore di sé con negoziazioni, con il governo siriano e con altri paesi, Stati Uniti e Russia in primis, per aumentare la propria influenza e statura. Nel caso delle negoziazioni con il governo siriano, sono state più volte smentite e di certo sembrano più uno strumento di pressione sull’opposizione siriana ospitata su territorio turco. Proprio a tal riguardo, il presidente Erdogan ha affermato che l’intelligence turca sta negoziando con il regime siriano e verranno poi determinate le opzioni in base ai risultati. Il presidente turco invita Stati Uniti e Russia ad attuare gli accordi sulla Siria. Il ministro della Difesa turco Hulusi Akar, ha dichiarato che il suo paese ha informazioni secondo cui gli autori dell’attacco terroristico di Mersin lo avevano pianificato in Siria.

L’argomento rifugiati siriani secondo gli analisti della regione, sarà uno dei punti principali di scontri della campagna elettorale turca del 2023 e resta una delle questioni questioni dolose della politica turca. Secondo la social sfera turca, durante le elezioni turche verrà raggiunto un accordo reprensibile a spese dei rifugiati siriani.

La Turchia, nolente o volente, ha legami molto stretti con la Siria e sotto molti punti di vista: uno studio statistico ha rivelato il numero di investimenti siriani in Turchia. I siriani hanno costituito 6.176 aziende a Istanbul dall’inizio del 2018 fino allo scorso aprile 2021 rappresentando un importante vitalità economica per l’economia turca. La polizia turca ha anche arrestato cinque siriani nel sud del Paese e successivamente hanno riportato l’arresto di dieci persone a Istanbul, con l’accusa di aver raccolto finanziamenti per Daesh. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani la Turchia continua a costruire case nella zona di Afrin e non a Idlib perché continua a lavorare al cambiamento demografico, via gli sciiti, sì ai sunniti. Cambio demografico al contrario voluto da Hezbollah su Damasco.

In termini di controllo territoriale turco in Siria sottolineato come nelle zone sotto controllo dell’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Siria – AANES curda, le problematiche più comuni sono: la lotta al contrabbando, manifestazioni per le questioni educative e continua lotta al terrorismo, oltre alla gestione di diversi campi di rifugiati, sia di membri di Daesh che di gente che scappa dalle milizie filo turche. In generale, nella zona di al Hassakah continuano ad esservi pessime condizioni di vita con crisi dell’acqua dovuta allo stop della sottostazione idrica di Allouk che si trova nel territorio sotto controllo turco di Ras al Ain. Vi è il continuo timore a riguardo per un possibile intervento turco considerando che sono in aumento i campi di rifugiati di civili che fuggono le zone sotto controllo turco o colpite dalle milizie filo turche. Tra questi citiamo Washo Kany a ovest di al Hassakah che ospita sempre più rifugiati da Ras al Ain che scappano dai turchi e dai miliziani filo turchi in controllo della città. L’Osservatorio siriano ha anche riportato la situazione difficile nel campo di Tal al Samin, zona di Ain Issa che accoglie rifugiati delle operazioni turche nell’area.

Arrivando alla zona sotto controllo dei ribelli del nord e nord ovest della Siria, la situazione è simile se non peggiore rispetto alle zone sotto controllo governativo o curdo. La protezione civile ha riportato i dati sulla povertà nel nord della Siria: la soglia della povertà è di 4.852 lire turche e di estrema povertà di 3.745 lire turche; le famiglie sotto la soglia di povertà sono l’87,34%; le famiglie arrivate al punto di carestia a 38,35%; l’incapacità di copertura umanitaria con l’arrivo della prossima stagione invernale è al 62,4%. Però l’attività principale delle milizie rimane sempre al stessa, ovvero arrestare i civili per chiedere pagamento di riscatto per il rilascio, in particolare nella zona del Cantone di Afrin nell’ottica del cambio demografico.

Nel frattempo è stato segnalato un nuovo scandalo nel SNA filo turco. Ovvero, dopo l’apertura pomposa del nuovo comando centrale di al Rai, i comandanti delle forze dell’opposizione sono stati accusati di spendere soldi in progetti inutili mentre soldati muoiono di fame per 100 lire turche al mese. Numerosi gli arresti arbitrari da parte della polizia civile filo turca nel cantone di Afrin Il comandante di una fazione filo turca ha colpito duramente gli attivisti mediatici e minaccia di ucciderli a Afrin. I membri della polizia civile filo turca e della milizia Sultan Murad hanno deciso di imporre una tassazione sulla popolazione di Jarabulus e Azaz. Un miliziano della Divisione al Hamza è rimasto ucciso e altri feriti gravemente in scontri tra fazioni a Afrin per la gestione del contrabbando. Infine, l’Osservatorio siriano ha riportato le condizioni disastrose di vita delle famiglie povere e delle vedove che vivono nelle tende improvvisate del campo di Khirbat Maiz, zona di Kafr Daryan, nord di Idlib, dove l’aiuto umanitario non arriva.

Redazione