SIRIA. L’Azzardo Turco di Erdogan

261

Nuovi venti di guerra soffiano sul caotico scenario del nord della Siria e provengono nuovamente dalla Turchia, un attore che in queste settimane si sta dando da fare sullo scenario siriano cercando di trarre quanto più vantaggio possibile dalla concomitanza di diversi eventi collegati principalmente al conflitto in Ucraina.

Di fatto, Ankara ha ripreso con maggior vigore la sua politica aggressiva che da inizio mese ha lanciato annunciando il progetto di rimpatrio “volontario” dei rifugiati siriani in Siria nelle zone del governo ad interim sotto le tre operazioni “Ramoscello d’ulivo”, “Scudo dell’Eufrate” e “Primavera di pace”. La Turchia usa nuovamente l’atteggiamento di sfida e di bluff che impiega da anni in Siria, così come l’ha impiegato o impiega in Libia o nel Nagorno Karabakh. Di fatto, Ankara spinge per imporre la propria volontà, anche con le armi finché un altro attore internazionale non la bacchetta tentando di fermarla, di solito troppo tardi, permettendo così di imporre la situazione come un fait accompli. Così come l’annuncio del rimpatrio volontario in zone del governo ad interim considerandole per quello che non sono, ovvero sicure, allo stesso modo l’annuncio di Ankara di un’offensiva nel nord della Siria per portare a compimento quanto iniziato nel 2018 sembra un azzardo per vedere fino a dove potrà spingersi.

D’altronde, il momento internazionale per i turchi è propizio e il presidente Erdogan ha diverse carte da giocarsi nei confronti dell’alleato americano, della NATO e anche della Russia e intende giocarsele tutte avendo in mano il pallino del gioco. Questo darebbe anche alle milizie filo turche la possibilità di azione che anelano da tempo e nuovi territori dove rimpatriare i siriani. Peraltro, in molti si aspettavano che in questi giorni Erdogan tirasse fuori “il coniglio dal cilindro” per giustificare l’operazione e così è stato con l’annuncio da parte turca dell’arresto a Istanbul di Abu al Hassan al Hashemi al Qurayshi, ovvero il nuovo emiro di Daesh che sarebbe stato in precedenza esfiltrato proprio dalla Siria. Ad oggi non vi è conferma né dell’arresto né di come sia eventualmente arrivato a Istanbul.

Iniziando dall’inizio delle intenzioni turche sulla Siria, sono stati rivelati i dettagli del possibile piano turco sui rifugiati che prevede la costruzione di città residenziali dotate di servizi completi nelle città di al Bab, Azaz, Afrin, Jarabulus, Idlib e Tal Abyad per incoraggiare un milione e mezzo di rifugiati siriani a lasciare la Turchia e tornare in Siria. Subito dopo, è stato emesso un appello di Erdogan agli Stati membri della NATO chiedendo di sostenere gli sforzi per stabilire una zona sicura al confine con la Siria, per accogliere i rifugiati e garantire la sicurezza dei confini meridionali della Turchia.

Proprio sui rifugiati si è concentrata inizialmente la propaganda turca delle scorse settimane per poi riproporre l’attività militare. In effetti, ministro degli Affari Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha dichiarato che quasi mezzo milione di rifugiati siriani sono già tornati in Siria. A fargli eco il ministro dell’Interno turco Soylu secondo il quale ad oggi 502mila rifugiati siriani sono tornati volontariamente in Siria. Il Dipartimento turco per l’immigrazione ha affermato che sono stati espulsi 28.581 immigrati illegali dall’inizio del 2022. Inoltre, diversi media turchi hanno pubblicato dei video che documentano il ritorno di rifugiati siriani dalla Turchia alla Siria.

Ciononostante, il governo siriano ha respinto la proposta di Erdogan di istituire una zona sicura nel nord della Siria, ritenendola una minaccia all’unità del Paese con il Ministero degli Affari esteri siriano che la considera colonialismo. La posizione siriana è stata riassunta al meglio dal ministro degli Affari esteri, Faisal Mikdad, che in una lettera al Consiglio di Sicurezza ha riportato quella che definisce l’imposizione della safe zone da parte turca come un atto aggressivo e colonialista tramite il quale Erdogan vuole imporre un’area esplosiva in Siira. Secondo Mikdad, la Turchia continua a sponsorizzare, armare e operare con organizzazioni terroristiche contro il popolo siriano, quindi non si tratta di una novità.

Il gioco politico turco, l’azzardo di Ankara, è venuto fuori durante lo scorso fine settimana e collega la Siria al conflitto ucraino e alla struttura della NATO. Mentre è noto che la Turchia ha di fatto bloccato l’entrata di Svezia e Finlandia nell’organizzazione del Patto Atlantico, fortemente voluta dagli Stati Uniti, dall’altra sono state poste le condizioni per la rimozione del blocco stesso. In effetti, il ministro turco Cavusoglu ha affermato che sono necessarie le dovute garanzie di sicurezza che Finlandia e soprattutto Svezia non daranno armi al braccio armato del PKK in Siria. Cavusoglu ha sottolineato peraltro che sono diversi i leader del gruppo, che considera terroristico nei due paesi nord occidentali. Nei due paesi invece i curdi sul proprio territorio sono considerati attivisti, essendo per lo più giornalisti, attivisti mediatici e rifugiati.

Sta di fatto che Ankara sta usando questa carta per portare avanti il proprio gioco al rialzo affermando implicitamente che oltre alle rassicurazioni svedesi e finlandesi, ai colleghi della NATO verrebbe chiesto anche supporto per l’operazione contro le SDF nel nord della Siria, o quanto meno di guardare dall’altra parte mentre la Turchia attacca usando milizie jihadiste che da tempo foraggia e addestra. Ad ogni modo, l’ex vice comandante dell’intelligence militare turca, Ismail Hakki, ha confermato che forze turche si preparano a lanciare un’operazione contro le SDF appena il tempo lo permetterà con l’obiettivo di colpire rifornimenti e centri di comando. Sono stati segnalati scambi di informazioni e ordini tra esercito turco e SNA filo turco in preparazione di 35mila uomini per un’operazione contro le SDF. I fronti saranno quelli di Tal Rifaat, Manbij, Kobane, Ain Issa e Tal Tamr, ovvero le zone che non sono state prese nelle operazioni precedenti nel nord della Siria (appunto “Ramoscello d’ulivo”, “Scudo dell’Eufrate” e “Primavera di pace”).

Riguardo all’operazione, il presidente Erdogan ha affermato che sono stati completati i preparativi per l’operazione militare volta a stabilire una safe zone a una profondità di 30 km lungo il confine con la Siria e la decisione finale sarà presa dal Consiglio di sicurezza nazionale mercoledì prossimo. Come indica un account locale, Erdogan non si accontenta di sfollare centinaia di migliaia di persone dalle zone occupate di Afrin ma intende sfollare anche milioni di siriani dalle zone che intende occupare.

Dall’altra parte, fonti delle SDF hanno confermato che l’operazione militare turca mira ad espellere le SDF da Tall Rifaat, Manbij e Kobane, stabilendo così una safe zone per il ritorno dei rifugiati siriani dalla Turchia in queste aree modificando l’aspetto demografico dell’area. Secondo le SDF, l’operazione militare lanciata dalla Turchia mirerebbe a destabilizzare l’area del nord-est della Siria a rivitalizzare i resti di Daesh. Ciononostante, le SDF studiano il livello effettivo delle minacce turche nell’area in stretta cooperazione con i garanti internazionali. In particolare le SDF hanno dichiarato che continueranno ad esaminare livello di potenziali minacce turche sul nord est della Siria e a scambiare informazioni con Russia e Stati Uniti. A riguardo, il leader della Brigata del nord affiliata alle SDF, Mahmud Habib, ha confermato che forze americane si dispiegheranno nelle zone dalle quali si sono ritirate a est dell’Eufrate nel 2019.

Per dare alcuni spunti di analisi, secondo una fonte locale filo governativa, il presidente Erdogan sta conducendo soprattutto un gioco politico, quindi l’operazione non sarebbe pronta per essere lanciata, ma se avvenisse il SAA dovrebbe ritirarsi per non spendere uomini per proteggere delle forze filo americane se non supportano il SAA. Dall’altra parte bisogna anche ragionare però sul fatto che Russia e Iran non hanno intenzione di lasciare l’area di Tal Rifaat perché costituisce una buffer zone alla città di Aleppo e nell’area sono presenti città sciite. Per Erdogan però l’obiettivo nell’area è chiaro ed è eliminare le fonti di minacce verso Afrin e nord di Aleppo. Bisogna però anche sottolineare che, a differenza di quanto paventato nda account occidentali, da parte russa non vi è alcun ritiro, smascherando in minima parte il bluff turco. In effetti, un account locale ha riportato che i russi non si sono ritirati da Tal Rifaat ne da altre parti nel nord della Siria, ma si tratta di convogli che portano rifornimenti o effettuano rotazione delle forze, come il convoglio di 30 mezzi russi entrato a Ain Issa. Per ricordare la propria presenza, tra il 25 e il 26 maggio, aerei russi hanno bombardato colpendo le milizie filo turche proprio nell’area dell’operazione “Primavera di Pace” e in particolare nella zona di Tal Abyad.

Da parte americana, vi è il timore peraltro che l’operazione turca possa destabilizzare ulteriormente un’area già martoriata favorendo il principale nemico, ovvero Daesh che in questi mesi ha mostrato la propria capacità di tornare operativo. Dall’altra parte, il bluff turco potrebbe servire a Washington nei rapporti con gli alleati europei, che in questo periodo sono già in balia del vento da un punto di vista strategico per il conflitto in Ucraina e che potrebbero essere ulteriormente essere messi in crisi dall’attivismo turco in Siria, nel Mediterraneo e in Ucraina. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Ned Price, ha sottolineato che gli Stati Uniti sono consapevoli delle legittime preoccupazioni per la sicurezza della Turchia al confine meridionale ma qualsiasi nuova offensiva minerà ulteriormente la stabilità regionale e metterà in pericolo le forze statunitensi coinvolte nella campagna della Coalizione Internazionale contro Daesh. A riguardo, proprio in questo momento gli Stati Uniti stanno cercando di attaccare le fonti principali del caos nelle zone dell’Amministrazione Autonoma del Nord e Est della Siria – AANES curda annullando per le zone curde le sanzioni che colpiscono la Siria favorendo prossimi investimenti.

Dal canto suo, l’Osservatorio siriano per i diritti umani ha riferito che le immagini pubblicate in questi giorni di volantini che invitano i civili a non avvicinarsi ai quartier generali e che si dice siano stati lanciati da aerei turchi sulla città di Minaq, a nord di Aleppo, risalgono a mesi fa. Allo stesso modo, i video che documentano l’arrivo di rinforzi militari turchi nella zona di confine vicino alla città di Kobane e la rimozione del muro di cemento di confine, in vista dell’inizio dell’operazione militare turca, risalgono a periodi precedente. Sempre in termini di propaganda deve essere letto il video dell’arrivo di truppe turche a al Bab, così come anche la dichiarazione di fonti della sicurezza turca secondo le quali Russia e Stati Uniti non stanno attuando il loro impegno in merito al ritiro delle SDF dal confine turco e le SDF utilizzano le città di Tall Rifaat, Manbij e Kobane per attaccare i civili delle città di Jarabulus, Azaz, Marea, Afrin, Tal Abyad e Ras al Ain.

Secondo il Direttore dell’Osservatorio siriano la propaganda mediatica da parte della coalizione di opposizione, del governo ad interim e da figure presumibilmente arabe è volta ad incoraggiare l’occupazione turca del nord della Siria. Questo darebbe la possibilità alle milizie filo turche di controllare nuovi territori da saccheggiare e nuova popolazione da sottomettere. L’obiettivo turco rimane quindi quello di controllare quei territori che considera irredenti persi dalla Turchia dopo il trattato di Losanna del 1923. D’altronde nelle zone del governo ad interim così come quelle gestite dai jio9hadisti di Hayat Tahrir al Sham, i pagamenti vengono effettuati in lira turca, la compagna telefonica è turca e i servizi postali sono turchi.

Eric Molle