LIBIA. Due fallimenti politici mettono a rischio la tenuta del paese

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La settimana scorsa ha visto svolgersi in Libia non uno ma ben due fallimenti da un punto di vista politico e negoziale con, da una parte, la chiusura senza risultati delle negoziazioni per la traccia costituzionale tra Parlamento e Consiglio di Stato, e, dall’altra, la scadenza del termine della roadmap del Libyan Political Dialogue Forum – LPDF a 18 mesi dalla firma quindi di tutte le istituzioni che ha creato (governo di unità nazionale in primis).

Nonostante siano stati il frutto del lavoro iniziale della Missione delle Nazioni Unite, questi due eventi hanno dimostrato in modo ulteriore la mancanza di volontà politica tra le parti libiche, le istituzioni e i governi, di risolvere politicamente crisi libica che va avanti da ormai dieci anni, ovvero dalla fine del regime gheddafiano e l’inizio di una transizione che non è mai stata ultimata realmente. Quanto registrato nel corso di questo fine settimana rappresenta lo spirito della politica libica a riguardo. Invece di raddoppiare lo sforzo negoziale per arrivare ad una soluzione, è iniziato il solito movimento di scambi di accuse su chi ha fatto fallire le negoziazioni da una parte e le colpe degli altri per l’incapacità del governo.

Di fondo, le due problematiche (traccia costituzionale e dualismo GNU/GNS) sono le due facce della stessa medaglia, anzi forse solo la punta dell’iceberg di una problematica ben più profonda fatta di legittimità, di mantenimento dello status quo, di propaganda, di milizie e di estremismo islamico e politico. Il mondo e le potenze principali impegnate in Libia però hanno in testa di non scoperchiare il pentolone libico e mantenere lo status quo, facendo così un ulteriore regalo alla politica libica che ben sa di poter sfruttare questo momento come ha fatto fino ad ora per rimanere al potere.

D’altronde come disse l’ex Rappresentante delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamé: i politici in Libia sanno che essere al potere è redditizio e finché questa fonte di reddito non verrà messa in pericolo non prenderanno nessuna decisione. Sta di fatto che nessuno, se non inizialmente la Missione delle Nazioni Unite, ha scommesso sulla riuscita dell’uno o dell’altro pezzo di politica libica. Oggi chi ne paga, ulteriormente, le conseguenze è la popolazione libica con la capitale Tripoli posta tra le città più invivibili al mondo. Il resto del paese non vive di certo meglio, in particolare in questo periodo di grande caldo con la mancanza di energia elettrica per la gran parte del tempo nelle città. Diverse sono quindi le manifestazioni della popolazione, soprattutto contro il premier del GNU, Abdulhamid Dabaiba, che all’inizio del suo governo aveva promesso di risolvere in sei mesi la problematica e 18 mesi dopo la situazione è peggiorata.

Questo ovviamente si intreccia anche con la questione petrolifera con ulteriori scambi di accuse. Se il premier Dabaiba attacca a tutto campo la NOC, la società elettrica e i manifestanti guidati politicamente nel bloccare produzione e terminal, dall’altra l’accusa al governo del GNU è di corruzione e di impiego di fondi dello stato per tutto fuorché attività utili a risolvere le problematiche dei cittadini, incluse le attività petrolifere. Di fondo, si tratta degli stessi temi che vengono affrontati in Libia dal 2014 ad oggi e vi è chi continua a spingere per un ritorno alla monarchia.

Redazione