LIBANO. Beirut non può permettersi la guerra con Israele

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La possibilità dell’espansione del conflitto verso il Libano rimane, dopo più di un mese dall’inizio della guerra tra Hamas ed Israele, una possibilità ancora aperta. Tuttavia, sembra che il governo provvisorio del Libano sia ben consapevole che il Paese non è in grado di sostenere i costi di una tale eventualità, schiacciato da una crisi alimentare ed economica. Infatti, come riportato dal quotidiano locale Daily Beirut, il Libano sta attraversando una crisi nell’approvvigionamento del grano, innescata nel 2020 dall’esplosione al porto di Beirut e aggravata ulteriormente dalla guerra in Ucraina. A causa di questi due eventi, ad oggi il Paese non ha la capacità sufficiente per immagazzinare le forniture per più di uno o due mesi al massimo. 

Dall’altra parte, il Libano sta attraversando una profonda crisi economica, mostrando la propria incapacità ad attrarre investimenti esteri. Questa situazione è stata ulteriormente aggravata dal recente conflitto e dall’incertezza del destino del Libano. Infatti, dall’inizio della guerra tra Israele ed Hamas, in Libano sono crollati il turismo e le esportazioni, due settori fondamentali per il Paese per garantirsi un flusso di valuta straniera. Come riporta il Daily Beirut, questa situazione sembra rendere estremamente difficile per il governo provvisorio di Nijab Mikati mettere in atto un piano di emergenza in caso di guerra. 

Il quotidiano libanese ha riportato che gli incontri della scorsa settimana con le organizzazioni internazionali hanno stimato che l’adozione di un piano di emergenza in caso di un conflitto aperto con Israele costerà circa 120 milioni di dollari al mese per garantire l’intervento a livello umanitario, il mantenimento dei servizi di base, medici e sociali. 

È chiaro che il governo libanese è in estrema difficoltà nel reperire una cifra del genere. Al momento, riportano i quotidiano locali, è stato concordato di aprire uno stanziamento di due milioni di dollari, una parte del quale sarà destinata alla riparazione dei veicoli della protezione civile e ad altre questioni di emergenza. Inoltre, secondo fonti ministeriali, al Ministero della Sanità sono stati stanziati l’equivalente di 11 milioni forniti dal governo per coprire i feriti di guerra, oltre ai circa 9 milioni rimanenti di un prestito della Banca Mondiale. 

Sebbene il governo del Libano non abbia intenzione di aprire un conflitto su larga scala con Israele, così come Hezbollah abbia più volte affermato di condurre attacchi di disturbo per drenare forze dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza, la possibilità di un’escalation sembra essere ancora concreta. Ciò che preoccupa principalmente è la possibilità che un incidente o una scarsa considerazione sulle conseguenze, possa innescare una reazione a catena capace di portare ad un conflitto aperto. 

In tal senso, questa settimana, ha destato preoccupazione un attacco israeliano condotto la mattina di sabato 11 novembre che ha colpito un obiettivo all’interno del Libano, a circa 40 chilometri dalle aree di confine. 

Commentando questo attacco, il quotidiano libanese Daily Beirut ha affermato che stanno emergendo alcuni indicatori che suggeriscono la possibilità dello scoppio di un conflitto aperto. Infatti, oltre alla notizia di questo attacco, che rappresenta una violazione delle regole di ingaggio, viene riportato che il ministro della Difesa israeliano Yoav Galant ha affermato che Hezbollah sta commettendo una serie di errori che rischiano di portare la guerra anche in Libano. 

Risulta dunque chiaro che se da una parte il governo di Nijab Mikati ha più volte affermato di non voler trascinare in guerra il Paese, il quale non è economicamente preparato ad affrontare una tale situazione, dall’altra parte questo scenario rimane tuttora concreto e sembra essere indipendente dalle volontà politiche libanesi. 

Pietro Zucchelli

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