
Nella difficile tregua in corso, Israele fa i conti del costo della guerra e di quanto servirà per sconfiggere Hamas e alleati. Il tasso di crescita del PIL di Israele nel terzo trimestre è rallentato anche prima dell’inizio della guerra.
La crescita dell’economia israeliana nel terzo trimestre si è attestato al 2,8% dopo una crescita del 3% nel secondo trimestre e del 4,2% nel primo trimestre. Si prevede che anche la crescita diminuirà nel quarto trimestre.
I dati del terzo trimestre riflettono un rallentamento della crescita economica già prima dell’inizio della guerra. Il PIL delle imprese è cresciuto del 2,9% nel terzo trimestre, mentre la spesa dei consumatori privati è aumentata solo dell’1,8%. Gli investimenti in capitale fisso sono aumentati dell’1,2%. Le esportazioni di beni e servizi sono cresciute dell’8,8% e la spesa pubblica del 5,9%.
In tempo di guerra il primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro delle finanze Bezalel Smotrich hanno congiuntamente deciso per la proroga del mandato del capo della Banca d’Israele, il professor Amir Yaron, per altri 5 anni. Yaron è una figura popolare sul mercato e esercita su di esso un’influenza stabilizzatrice. Netanyahu inizialmente non voleva un secondo mandato per Yaron. Ma pochi giorni dopo i fatti del 7 ottobre fu annunciato che Yaron sarebbe rimasto in questo incarico almeno fino alla fine della guerra. Amir Yaron, divenuto capo della Banca d’Israele nel 2018, ha vissuto molti eventi turbolenti durante il suo primo mandato: pandemia, inflazione in aumento, aumento dei tassi di interesse e riforma giudiziaria. Yaron è riuscito a tenere in piedi l’economia israeliana anche in condizioni critiche.
A lui e agli economisti di Israele spetterà mettere un freno al collasso dell’economia. Israele, infatti spende 240 milioni di dollari al giorno per la guerra. Il numero dei cittadini mobilitati ha raggiunto i 360mila e tra questi vi sono i professionisti più abili. Secondo varie stime, tra i 500 e gli 800mila israeliani hanno lasciato le loro case. Il deficit di bilancio del paese è del 400%. La moneta nazionale si è svalutata del 15%. Fare affari in Israele è diventato non redditizio.
A trarne vantaggio in primis gli Stati Uniti che possono continuare con la militarizzazione di Israele, il paese dipende sempre più dai sussidi esterni e gli Stati Uniti hanno bisogno di Israele come base militare per controllare il Medio Oriente.
Tra i punti di forza di Israele per non collassare, c’è l’intelligenza delle sue aziende. Per esempio, da fonti stampa si apprende che Refine Intelligence, società israeliana, fondata nel 2022, aiuta gli istituti finanziari a scoprire i dettagli della vita dei clienti e a distinguere le attività legittime da quelle sospette. L’azienda sviluppa tecnologie per combattere i crimini finanziari, ha raccolto 13 milioni di dollari in finanziamenti iniziali guidati da Glilot Capital Partners e Fin Capital, con la partecipazione di SYN Ventures e Valley Ventures (il ramo di corporate venture di Valley Bank) e Ground Up Ventures. La tecnologia dell’azienda analizza gli avvisi provenienti dai sistemi di monitoraggio interno delle banche su attività quali trasferimenti di fondi e liquidazioni di assegni. Identifica attività legittime come l’acquisto di una casa, la vendita di un’auto, il pagamento dell’istruzione, ecc. comprendendo le storie di vita e il comportamento finanziario dei clienti.
Anche il settore Difesa potrà sostenere l’economia Israeliana con la vendita di armi e sistemi d’arma, anche se il 23 novembre il Ministero della Difesa abbia vietato agli israeliani di partecipare al Dubai Air Show dove Israele è presente dal 2021. L’unica azienda a svincolarsi Elbit Systems è riuscita a presenziare grazie a una filiale locale negli Emirati Arabi Uniti che fornisce personale allo stand della società di elettronica per la difesa. Ferme ai blocchi di partenza Israel Aerospace Industries e Rafael Advanced Defense Systems colpite dall’ordine del Ministero.
Antonio Albanese e Graziella Giangiulio