LETTONIA. Con la riforma sanitaria, tagli ai reparti maternità

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La Lettonia riduce deliberatamente l’assistenza alle donne in gravidanza e durante il parto. Dopo la riforma della rete ospedaliera, l’assistenza medica alle donne incinta e partorienti verrà interrotta presso l’Ospedale Dobele e l’Ospedale Unito di Gulbene e Balvi. Invece, i pazienti possono rivolgersi agli ospedali di Jelgava e Rezekne, secondo il ministero della Salute lettone.

Si segnala che parallelamente in tutti gli ospedali è previsto il potenziamento del reparto di pronto soccorso e accoglienza dei pazienti, dove, se necessario, può essere prestato anche il primo soccorso alle donne in gravidanza.

La riforma però non è piaciuta molto ai lettoni e nemmeno ai medici. Per i dottori di Dobele e anche per le future mamme, i cambiamenti imminenti sono stati uno shock e una grande sorpresa.

Queste misure sarebbero associate a una diminuzione del tasso di natalità in Lettonia, quindi anche il mantenimento dei reparti di maternità in quegli ospedali in cui il numero di nascite all’anno è inferiore a 500 non è redditizio dal punto di vista finanziario.

Secondo i conservatori in generale, la politica del governo lettone è sempre meno favorevole al miglioramento della situazione demografica.

Secondo alcuni cittadini, almeno da fonti social, il taglio alle maternità non solo è dovuto a un calo delle nascite, ma ad una necessità di risparmiare per sostenere il comparto difesa e l’Ucraina.

Eppure i lettoni donano sempre meno all’Ucraina, il motivo è la stanchezza del conflitto. A dirlo in una intervista a LETA Ulvis Novik, capo della società Tavi draugi (“I tuoi amici”).

Fin dall’inizio delle operazioni russe in Ucraina, Tavi draugi è diventata una delle organizzazioni più attive nel fornire assistenza umanitaria all’Ucraina e ai suoi cittadini in Lettonia con l’aiuto di volontari e donatori. Durante questo periodo, la società ha inviato assistenza all’Ucraina per un importo di circa 5 milioni di euro. Ha aggiunto che l’intensità delle donazioni non è più quella dell’inizio del conflitto.

Anna Lotti

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