#ISRAELHAMASWAR. La morte dei 24 militari a East al-Maghazi segnerà la sconfitta politica di Netanyahu

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L’annuncio di Netanyahu di passare alla terza fase della guerra di Gaza è stata per giorni il centro del dibattito nella social sfera divisa sul significato di questa frase: ritiro o inizio di una nuova offensiva contro Hamas. Il verdetto è che in ogni caso questa è la fine politica di Netanyahu. 

La discussione sulla terza fase della guerra parte dalla battaglia di East al-Maghazi, combattuta giorni fa dalle Brigate “Al-Qassam”, che ha portato all’uccisione di 24 ufficiali e soldati israeliani e al ferimento di dozzine, che forse passerà alla storia militare israeliana e di Hamas per due ragioni principali. Da un lato la pianificazione, preparazione e attuazione senza precedenti nella storia della guerriglia che non esisteva prima e l’uso ben orientato dell’intelligence di Hamas che forse Israele non si aspettava.

Inoltre la capacità di Hamas di usare l’arma della comunicazione per portare Israele nei tribunali internazionali. A East al-Maghazi, mentre gli ufficiali e i soldati israeliani tendevano una trappola ai proprietari di due edifici per farli saltare in aria, sono caduti in una trappola quando gli uomini delle “Qassam” hanno preso l’iniziativa di fare saltare in aria i militari israeliani mentre stavano cercando di minare i due palazzi. Secondo le Qassam sarebbero stati usati utilizzati “proiettili intelligenti fabbricati localmente”.

Ed è allora che Benjamin Netanyahu, il primo Ministro israeliano, ha annunciato l’inizio della terza fase dell’aggressione contro la Striscia di Gaza. Secondo alcuni analisti militari della social sfera la la battaglia di Al-Maghazi ha messo in luce alcune debolezze delle unità speciali di combattimento. Anche in Israele, d’altronde, gli stessi analisti militari stanno analizzando gli errori sul campo riformulando la tattica della guerriglia urbana. Che è un po’ quello che si riscontra anche nel teatro ucraino-russo dove entrambe le parti imparano dagli errori commessi. Nascono così le nuove unità di droni con la fanteria e droni con l’artiglieria.

Secondo alcuno Netanyahu dopo la morte dei 24 militari ha avuto piena contezza che è molto difficile raggiungere tutti i suoi obiettivi nella Striscia di Gaza. Tra i motivi la necessità di mobilitare altri 250.000 soldati dalle forze di riserva che non hanno però lo stesso addestramento militare delle élite. E ancora il timore che la Cisgiordania apra un fronte ancora più violento di quello di Gaza nord e sud dove Hamas ha avuto comunque tutto il tempo di prepararsi nei 15 anni precedenti. Infine il timore che passare ad attacchi aerei mirati, operazioni speciali e istituire qualcosa come un’autorità di sicurezza alternativa nella Striscia, sia molto difficile da realizzare e che comunque richieda più tempo di quanto Israele ne abbia essendo sempre sotto i riflettori internazionali.

Ciò che Netanyahu proponeva all’inizio della guerra ad Hamas era il ritiro delle forze 110 giorni dopo l’inizio della guerra, se i risultati fossero stati disastrosi per Israele. Che non era abituato a grandi sconfitte in terra palestinese. I 110 giorni sono arrivati e Israele combatte a Khan Younis, avanza, ma a costi molto elevati. 

Secondo i più critici il principale punto di svolta in questa guerra, è che l’intelligence israeliana non è riuscita a monitorare nonostante le sue attrezzature avanzate e la sua rete di spie ed esperti. Mentre Hamas ha dimostrato di avere spie ovunque e di essersi preparata alla guerra con Israele consapevole di non avere gli stessi mezzi ha chiesto e ottenuto dagli “amici” armi adatte al contesto e alla guerriglia urbana.

Netanyahu, si legge nella social sfera non rimarrà al potere per altri sei mesi, e lo stesso si può dire della continuazione della guerra di Gaza durante questo periodo, e le possibilità del suo esercito e delle sue forze non saranno migliori di quelle dei primi tre mesi. 

Un analista scrive: “Chiunque non riesca a raggiungere uno qualsiasi degli obiettivi proposti per questa guerra, in particolare la distruzione del movimento Hamas e il ritorno dei prigionieri non riusciranno in questa fase successiva, più lunga, soprattutto dopo aver ritirato la maggior parte o tutte le sue forze, poiché la guerra di terra è ciò che determina i risultati finali delle guerre, il successo o il fallimento”.

Antonio Albanese e Graziella Giangiulio

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