Il dilemma di Hamas

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GAZA – Gaza. Sembra che Hamas stia oscillando tra esplicito e implicito riconoscimento di Israele. Hamas si rende conto che il riconoscimento di Israele gli aprirebbe le porte del mondo. Allo stesso tempo, sa che una tale mossa potrebbe essere vista come un tradimento da parte dei sostenitori del movimento, sia all’interno che all’esterno della Palestina. Hamas sa bene che la sua legittimità deriva dal suo supporto alla lotta armata all’interno della complessa realtà palestinese; sa anche che pagherà un prezzo pesante, se si dice d’accordo con le condizioni internazionali, il cui costo non sarà solo politico, ma anche ideologico.

Per tanti anni il movimento ha parlato e scritto della sua nozione di stato, della sua identità, dei confini, della costituzione e del ruolo dell’Islam al suo interno. Generazioni di membri di Hamas sono state allevate con queste idee, rimaste parte dell’immaginario e del patrimonio, del sogno nostalgico di ripristinare il califfato islamico.

La discussione contemporanea all’interno di Hamas sul concetto di stato è più concreta che teorica. Le condizioni politiche nei territori palestinesi non permettono più di sognare. 

Hamas si trova ad affrontare problemi reali che richiedono soluzioni reali. Lo stato palestinese deve essere immaginato dai politici palestinesi, arabi, e il mondo è basato sui confini del giugno 1967.

Il concetto di “stato islamico” è ancora sinonimo di califfato islamico? La situazione di Hamas è un po ‘diversa e costringe la considerazione di altre opzioni realistiche. Così  si sono cominciate a sentire, da Hamas, affermazioni sulla creazione di uno Stato palestinese sui confini del giugno 1967.

Non c’è dubbio che questo è un cambiamento intellettuale e politico notevole. Più di 20 anni fa, il fondatore di Hamas lo sceicco Ahmed Yassin, aveva proposto una lunga tregua con Israele, oggi, questa proposta, più realistica, è attribuita all’attuale leader di Hamas, Khaled Meshaal. Hamas nel 2013 è diverso da quello del 1993: è ormai una presenza influente e le sue dichiarazioni e prese di posizione sono considerate nei consessi regionali e internazionali.

La diplomazia fatta da funzionari occidentali tra Gaza, dove si trova leadership nazionale di Hamas, e le capitali arabe di Doha, Il Cairo e Amman ha un solo obiettivo: ottenere che Hamas accetti le condizioni che permettono di essere inserito nella comunità internazionale. Cioè, Hamas deve accettare la soluzione dei due Stati, di fatto che Hamas riconosca a Israele il diritto di esistere!

Hamas ha “paura” di cadere nella stessa trappola in cui altri, come Fatah, sono caduti senza ottenere nulla in cambio se non la perdita del sostegno popolare, come è stato dimostrato in occasione delle elezioni sette anni fa.

Alla luce delle richieste che il movimento dovrebbe riconoscere, la soluzione dei due Stati e gli impegni politici relativi, alcuni ambienti influenti all’interno della leadership di Hamas pensano che il movimento debba confrontarsi con la realtà delle cose, tra le quali il riconoscimento di Israele e lo scambio di messaggi con il suo governo.

Ed è qui che sta il problema. Nessuno pensa che i sostenitori di Hamas faranno un grosso problema su simili segnali, ma tutti i passi concreti verso il riconoscimento di Israele potrebbero costare caro Hamas. 

Sebbene Hamas sia consapevole di tutto ciò, occorre rilevare che in pochi mesi è venuto fuori che l’accettazione di una soluzione a due stati sarà utilizzata controil moviemnto stesso, anche se Hamas ha fornito una performance amministrativa diverso rispetto a prima, il cambiamento fondamentale nel programma politico del movimento può essere un fattore decisivo per gli elettori palestinesi.

In altre parole, Hamas deve scegliere tra il riconoscimento di Israele e restare al potere, o perdere ciò che ha realizzato democraticamente come punizione per dover rifiutato di accettare le condizioni poste.

In realtà, la comunità internazionale non ha notevolmente cambiato il suo rapporto con i palestinesi, tra cui Hamas, nel corso degli ultimi anni. Vi è stato solo alcuni cambiamenti cosmetici e tattici. Washington, l’Unione europea e le Nazioni Unite non solo hanno segnalato a Hamas che dovrebbe unirsi al processo per far ripartire il processo di pace, ma hanno anche insistito sul fatto che i palestinesi riconoscano Israele in modo esplicito. Il riconoscimento di Israele è più significativo, soprattutto perché Hamas considera il suo conflitto con Israele come un «conflitto esistenziale, non una disputa di confine».

Tale pressione politica è accompagnata da un blocco economico e finanziario, che sta aumentando la pressione su Hamas.

Va notato che alcune istituzioni di ricerca israeliane e occidentali hanno stimato il periodo di tempo che Hamas dovrà usare per riconoscere esplicitamente Israele: si potrebbero accettare certi messaggi retorici per un po’ prima che il movimento riconosca ufficialmente Israele.

Dal 1987, Hamas ha condotto una campagna ideologica e politica contro il riconoscimento di Israele. La costituzione di Hamas dice che Israele è un «cancro che deve essere sradicata», e che «la sua morte è un fatto coranica in evitabile». Questi e altri slogan sono stati una componente chiave del discorso politico di Hamas;  non è quindi facile per il movimento a cambiare in una notte per realismo politico e dire improvvisamente ai suoi sostenitori: Noi riconosciamo Israele, ma siamo costretti!