
Attività fisica e benessere camminano di pari passo. L’affermazione può apparire scontata, ma in realtà il percorso da completare è ancora lungo.
È di queste settimane l’approvazione, da parte della Conferenza Stato-regioni, delle nuove Linee d’indirizzo del ministero della Salute in materia di promozione e sostegno all’attività fisica regolare e a ogni età: sia in condizioni fisiologiche, sia in situazioni patologiche poiché sempre e comunque scelta di salute.
Il nuovo testo, oltre ad aggiornare e integrare il documento precedente che risale al 2019, va a inserirsi in piena continuità con le due linee guida curate dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sui livelli – raccomandati – di attività fisica nei bambini fino a quattro anni e nella popolazione dai cinque anni in su.
Il primo focus è riservato a orientare, a livello nazionale, le strategie, gli interventi e le azioni a contrasto dei comportamenti nocivi – sedentari – così da favorire la pratica di una regolare attività fisica. No alle disuguaglianze e opportunità, chiare reali, per tutti a iniziare da quanti presentano una maggiore vulnerabilità.
Da qui, l’individuazione dei cosiddetti policy maker da impegnare subito nell’identificazione di modus operandi in grado di ridurre l’inattività fisica. A ruota i professionisti, operanti sui territori, occupati in diversi contesti: sanitario, lavoro, scuola e comunità.
Il secondo focus chiama in causa le Regioni. Tramite i riferimenti contenuti nel dossier, le Regioni si vedono affiancate nella progettazione dei piani di prevenzione, così come affiancate risultano le istituzioni e le organizzazioni attive nella realizzazione di progettualità per la formazione superiore mirate alla promozione dell’attività fisica (tra cui l’ISS, Istituto Superiore di Sanità).
Il terzo focus contiene gli elementi di novità introdotti dalle Linee 2021. Vale a dire, aggiornamento dei livelli di attività fisica a seconda delle differenti fasce della popolazione: sulla base delle guide OMS e in rapporto a condizioni fisiologiche e patologiche (neoplasie). Quindi, l’importanza dell’attività e dell’esercizio fisico nel prevenire e gestire le malattie croniche non trasmissibili, nella veste di vero e proprio strumento terapeutico. Strumento utile a migliorare lo stato di salute fisica e mentale e, conseguentemente, la qualità della vita. E, ancora, l’introduzione di specifiche ad hoc per i pazienti affetti da malattie cardio-cerebrovascolari, respiratore, psichiatriche.
Un capitolo a parte è riservato alla pandemia da Covid-19. Racchiude i risultati derivanti dalla riduzione dell’attività fisica e dall’aumentata percentuale della sedentarietà. Assieme a un’analisi dei vissuti – negativi – correlati alle restrizioni anti virus. Esiti che contemplano l’urgenza di azioni nette nei vari settori della società; specie verso chi ha sofferto le ripercussioni più forti sullo stile di vita: adolescenti in primis, anziani cronici e anziani in generale.
Seppur alcune persone abbiano lo stesso praticato attività fisica dentro le proprie case –mantenendosi in esercizio costante – il documento sottolinea il ruolo dell’attività quale elemento positivo sul versante della socialità. Occorre allora contestualizzare spazi idonei a praticarla, modulati in base alle molteplici esigenze.
Ultima annotazione: la preparazione-formazione delle figure sanitarie e non sanitarie schierate in prima linea nel promuovere il concetto di attività fisica quali tramite di benessere, prevenzione e cura. Un apposito piano dovrà riconoscere i ruoli e le competenze a esse delegate; armonizzare i linguaggi comuni e dare il là a modelli coerenti. Non dimenticando di programmare momenti congiunti e condivisi tali da arricchire il bagaglio delle conoscenze tecnico-scientifiche e le competenze trasversali: a iniziare da quelle comunicativo-relazionali o fondamentali al lavoro in team.
Marco Valeriani