#UKRAINERUSSIAWAR. Il concetto di guerra dei generali di Zelensky (parte 1)

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Le decisioni di militarizzare l’Ucraina in difesa di un possibile attacco russo dopo il 2014 non si sono mai sopite del tutto, ma sono improvvisamente diventate realtà tra il luglio 2021 e la fine dell’anno in corrispondenza della pubblicazione ed emanazione del Decreto presidenziale della Federazione Russa, il n. 400: Strategia di sicurezza nazionale della Federazione Russa del 2 luglio 2021. E ancora della chiusura delle indagini in Ucraina nei confronti di Hunter Biden di cui vi parleremo in un altro articolo. Ben prima quindi dell’attacco russo del 24 febbraio 2022.

Sono molte le testimonianze, sulla social sfera, che annunciano a partire da luglio del 2021 un aumento del numero delle esercitazioni militari e ancora l’utilizzo nelle aree occupate di armi appena comprate come i droni turchi BT2 e i sistemi anticarro americani Javellin. I militari ucraini parlano di test compiuti nelle aree dei territori occupati e l’OSCE e le autorità del Donbass affermano che a essere colpiti sono stati obiettivi civili e militari.

Facendo un passo indietro si evince che a partire dalla fine dalla metà del mese di luglio 2021, il presidente in carica Volodymyr Oleksandrovyč Zelens’kyj, inaugura un valzer delle cariche nelle Forze Armate Ucraine. Questo giro di boa si concretizza il 16 luglio quando Denis Monastyrsky è diventato il nuovo capo del ministero degli Affari interni dell’Ucraina. La decisione è stata sostenuta da 271 deputati con il minimo richiesto di 226 voti; Shaptala Sergey Aleksandrovich viene nominato Capo di Stato Maggiore il 28 luglio e il giorno prima, il 27 luglio, Valeriy Zaluzhny è stato nominato comandante in capo delle forze armate ucraine dopo che il presidente Zelenskiy ha licenziato Ruslan Khomchak dalla carica di comandante in capo delle forze armate.

Il licenziamento arriva secondo il portavoce presidenziale Serhiy Nikiforov dopo uno sforzo per arginare le lotte intestine tra le forze armate ucraine e il ministero della Difesa. «Volodymyr Zelenskiy non ha dubbi sul patriottismo, la lealtà al suo giuramento e la professionalità di Ruslan Khomchak», riferiva Nikiforov. «Ma il presidente vuole vedere una sinergia tra il ministero della Difesa e le forze armate ucraine. Sfortunatamente, non vediamo tale sinergia. Vediamo, al contrario, conflitti».

All’epoca Zelenskiy esortava la NATO a emettere un chiaro “Sì” o “No” su un piano dettagliato per l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza transatlantica. Mentre Mosca descriveva l’adesione dell’Ucraina alla NATO come “una linea rossa”. E sempre dello stesso periodo l’annuncio dell’Amministrazione del presidente degli Stati Uniti Joe Biden di una visita di Zelenskiy a Washington il 30 agosto, quando il Congresso sarebbe stato in pausa per l’estate.

Il ministero della Difesa, dunque, dal luglio 2021 detta l’agenda politico-militare di Zelenskyj e chiama al comando quegli uomini che hanno partecipato nelle fila della rivoluzione di Maidan del 2014 e avevano combattuto contro la Russia. Gli inizi non sono rose e fiori, soprattutto al cospetto dell’elettorato ucraino che comprende sì i nazionalisti ucraini, e gli ucraini, ma anche i filo russi e gli oltranzisti russi. Valeriy Zaluzhny nel giro di poche settimane chiama a lavorare nel suo staff, Dmitry Yarosh, amico suo e dell’allora Vicepremier attuale ministro per la Difesa, Oleksij Reznikov, Yarosh era il leader del Settore Destro, comandante principale dell’esercito volontario ucraino. L’annuncio dell’incarico a Yarosh getta lo scompiglio in parlamento.

Il 2 novembre 2021, Yarosh dichiarava sui suoi social di essere stato nominato consigliere del comandante in capo delle forze armate ucraine Valerii Zaluzhnyi. In risposta a una richiesta (dicembre 2021) di Ukrayinska Pravda, lo stato maggiore delle forze armate ucraine ha rifiutato di rivelare i dettagli della sua presunta cooperazione con Yarosh adducendo la riservatezza delle informazioni richieste. Pochi giorni dopo il ministro della Difesa stesso annuncerà la sospensione Yarosh dal suo incarico.

Yarosh non è un personaggio facile da digerire nemmeno ai piani alti della politica ucraina. Il 25 luglio 2015, su richiesta delle autorità russe, l’Interpol ha inserito Yarosh nella sua lista dei ricercati internazionali per incitazione all’odio e atti di terrorismo. Dal 2 gennaio 2016 non era più nelle liste dell’Interpol.

All’indomani del crollo del regime di Yanukovich, Yarosh ha chiesto di essere nominato vice primo Ministro per le questioni delle forze dell’ordine, ma la sua richiesta è stata respinta; gli fu offerto invece un posto di vice segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale dell’Ucraina, ma Yarosh rifiutò questa posizione in quanto al di sotto delle sue aspettative. Secondo i media ucraini ci sono state discussioni sulla nomina di Yarosh a vice capo del servizio di sicurezza dell’Ucraina, ma queste discussioni si sono rapidamente esaurite per ragioni sconosciute. Il 20 aprile 2014, Dmytry Yarosh afferma di aver ricevuto ordine dal presidente ad interim Oleksandr Turchinov di guidare 20 membri del Settore Destro a sabotare una torre televisiva controllata dai ribelli a Sloviansk, provocando le prime vittime da combattimento nell’assedio di Sloviansk. Yarosh ha negato il suo ruolo in questi eventi fino a due anni dopo.

Durante la seconda battaglia dell’aeroporto di Donetsk, Yarosh è stato ferito il 21 gennaio 2015 dall’esplosione di un razzo Grad nel vicino villaggio di Pisky. È stato evacuato fuori dalla zona di conflitto. All’inizio di aprile 2015, il ministero della Difesa ucraino ha annunciato che il deputato Dmytry Yarosh sarebbe diventato un assistente del capo militare Viktor Muzhenko e che il suo gruppo combattente del settore destro sarebbe stato integrato nelle forze armate ucraine.

Nel febbraio 2016 Yarosh ha avviato una nuova organizzazione chiamata Governmental Initiative of Yarosh (DIYA) nel quale sono confluiti il 20% dei membri del Settore Destro. Nel 2019 ha appoggiato la candidatura di Ruslan Koshulynskyi acerrimo nemico Yanukovich anche lui presente nelle manifestazioni del 2013-2014. Alle elezioni parlamentari ucraine del 2019 DIYA si unì in una lista di partito unita con i partiti Svoboda, partito ultranazionalista, Settore Destro e Corpo Nazionale. Lo stesso Yarosh si piazzò al terzo posto nella lista del partito. Ma alle elezioni non ottennero abbastanza voti per superare la soglia elettorale del 5% e quindi il partito non vinse nemmeno un seggio parlamentare in un singolo collegio elettorale.

Tornando ad un altro personaggio del giro di boa, veniamo al Comandante delle Forze armate Zaluzhny Valery Fëdorovich, nato l’8 luglio 1973 a Novograd-Volynsky, nella regione di Zhytomyr. Nel 1989 si è diplomato al liceo ed è entrato al Novograd-Volynsk Engineering College, diplomandosi nel 1993 con lode. Dopo la laurea, ha studiato alla Odessa Higher United Command School. Successivamente, Zaluzhny ha attraversato tutte le fasi del servizio militare, non ha prestato servizio nell’Unione Sovietica. Successivamente, è entrato nella facoltà di armi combinate dell’Istituto delle forze di terra di Odessa. Nel 2007 si è laureato all’Accademia di difesa nazionale dell’Ucraina con una medaglia d’oro ed è stato nominato Capo di Stato Maggiore, primo vice comandante della 24a brigata meccanizzata separata a Yavoriv, nella regione di Leopoli. A dicembre 2020, completa con successo il programma del master dell’Università Nazionale “Ostroh Academy”, specialità “Relazioni internazionali.

Il 13 ottobre 2009 Zaluzhny è stato nominato comandante della 51a Brigata Meccanizzata Separata Volyn, posizione che ha ricoperto fino al 2012. Dal 2014 partecipa attivamente alla guerra russo-ucraina. Durante il periodo in cui Zaluzhny guidava il quartier generale della JFO, le truppe ucraine liberarono il villaggio di Yuzhnoye (regione di Donetsk) e si spostarono anche nella regione di Volnovakha. I combattenti che hanno lavorato con Zaluzhny ne parlano bene. Il generale Zaluzhny è apparso spesso in prima linea nella zona JFO senza seguito, accompagnato da un solo ufficiale. In combattimento, ha ricevuto le spalline da generale nel 2017. Gli ufficiali della 79a brigata e del 503esimo battaglione della marina parlano del generale Zaluzhny come di «un comandante buono e intelligente». Nel 2017 Valeriy Zaluzhny è diventato Capo di Stato Maggiore, primo vice comandante del comando operativo occidentale delle forze di terra delle forze armate ucraine e nel 2018, capo del quartier generale operativo congiunto delle forze armate ucraine, primo vice comandante delle Forze Unite. È membro del Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa (dal 28 luglio 2021).

Come rappresentante degli alti ufficiali ucraini e partecipante alle ostilità nel Donbass, che non ha prestato servizio militare in URSS, – scrivono i media ucraini – ha un atteggiamento positivo nei confronti del rinnovamento del personale da parte dei giovani e dell’abbandono delle pratiche sovietiche. Riguardo alle sue priorità come comandante in capo, Valery Zaluzhny ha detto: «Il corso generale verso la riforma delle forze armate ucraine secondo gli standard della NATO rimane irreversibile. E la chiave qui sono i principi. I cambiamenti devono avvenire, prima di tutto, nella visione del mondo e nell’atteggiamento verso le persone». 

I suoi detrattori dicono che Zaluzhny ha un’opinione abbastanza semplice: se il comandante della brigata non è pronto a usare l’artiglieria dei cannoni a livello di brigata e si assume la responsabilità delle sue azioni, allora “Non è male fare uno spuntino, scatenare e organizzare guerre locali. E poi correre dal capo dicendo salvami, aiutami”.

Appena insediato ha dato vita a una serie di esercitazioni tattiche: “Rapid Trident-2021” nella regione di Leopoli in Ucraina. Durante le manovre, in cui sono coinvolti 6.000 militari provenienti da 15 paesi partner, e dove sono state condotte esercitazioni tattiche del battaglione multinazionale a fuoco vivo. Come comandante delle forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, dichiarava il 21 settembre 2021: «Il Rapid Trident-2021 è solo una parte di una serie più ampia di attività nell’ambito del progetto Joint Efforts-2021. A mio avviso, queste manovre sono una risposta a Mosca e Minsk alle esercitazioni Zapad-2021, nonché a possibili minacce d’invasione su larga scala dalla Russia».

Durante le esercitazioni vi era la presenza di militari provenienti da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Giordania e Svezia. L’Europa dell’Est era rappresentata da Polonia, Slovacchia, Romania e Ungheria. Tra i più stretti alleati ci sono le giovani democrazie dei Paesi baltici, della Georgia e della Moldova.

Il 22 settembre durante le esercitazioni, Zaluzhny dichiarava che «le esercitazioni mirano ad aumentare le capacità di difesa dell’Ucraina per frenare l’aggressione armata». I video mostrano le manovre dell’esercito ucraino nelle regioni confinanti con la Russia – Chernihiv e Sumy. Sempre Zaluzhny il 27 settembre dichiarava: «L’Ucraina è pronta ad aderire, non pronta per la NATO, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato dipende dall’Alleanza». Durante una intervista lasciava trapelare che l’esercito ucraino aveva già implementato tutti gli standard Nato e, a quanto pare, non avrebbe fatto nient’altro: «Per diventare Nato, a mio avviso, è necessaria una decisione politica».

Allo stesso tempo, il capo militare ucraino non è assolutamente imbarazzato dalla riluttanza degli stati occidentali ad accettare l’Ucraina nell’Alleanza.

Il 29 settembre 2021, poi, Zaluzhny, con una direttiva, ha permesso ai militari nella zona di combattimento nel Donbass di rispondere al fuoco sul nemico senza il consenso della massima dirigenza politico-militare; di fatto lasciò campo libero ai comandati locali di poter usare tutte le armi disponibili. Inoltre, per suo ordine, i militari sono stati sollevati dalla necessità di compilare tutta la documentazione ritenuta non necessaria.

Nell’occasione Zaluzhny ha affermato che i droni d’attacco Bayraktar «sono stati messi fuori dai magazzini» e stanno già svolgendo missioni di combattimento. La notizia ha subito fatto il giro dell’Ucraina anche perché questo atto di fatto andava a minare definitivamente gli accordi di Minsk.

Che i droni turchi fossero al lavoro lo hanno testimoniato i radar che registrarono, il 29 settembre, il volo di un drone su Volnovakha, Kurakhovo e Krasnoarmeyskoye. Nella stessa giornata in una intervista tv Zaluzhny affermava che «le truppe russe dovrebbero essere espulse, perché c’è terra ucraina e il popolo ucraino non lo tollererà!. Come comandante in capo delle forze armate ucraine, vi dico: non ci sono divieti! I comandanti devono usare tutte le forze e i mezzi disponibili, i metodi di cui dispongono per salvare la vita e la salute dei loro subordinati».

Kiev inizialmente si è rifiutata di confutare le parole del comandante in capo delle forze armate ucraine sui bombardamenti nel Donbass. Per i separatisti questo ordine equivaleva al ritiro dell’Ucraina dagli accordi su una tregua indefinita del 22 luglio dello 2020, ha affermato il rappresentante permanente della Russia ai colloqui sul Donbas Boris Gryzlov.

Gli osservatori dell’OSCE in quei giorni registrano nuove trincee e posizioni di mortaio delle forze di sicurezza ucraine nella zona neutrale. Ancora una volta a calmare le acque durante una riunione del Gruppo di contatto, il capo della delegazione ucraina e vice primo Ministro Oleksiy Reznikov, che commentando la dichiarazione del comandante in capo Valery Zaluzhny sull’abolizione di tutte le restrizioni sulla risposta al fuoco, raccomandò di non prestare attenzione alle dichiarazioni dei blogger, e assicurò che l’Ucraina stava adempiendo a tutto e che non c’erano ordini di annullamento degli obblighi. Un solo fatto lo smentì: la dichiarazione era stata fatta in video dal Comandante Zaluzhny stesso.

A rispondergli, in quel periodo, i rappresentanti di LPR e DPR che nella stessa a riunione del Gruppo di contatto hanno chiesto, per voce del ministro degli Affari esteri della LPR, Vladislav Deinego al comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny di ritirare la sua dichiarazione sulla possibilità di aprire il “fuoco di risposta” e l’uso di UAV d’attacco da parte del Forze di sicurezza di Kiev senza un ordine dell’alto comando. La ritrattazione non è mai arrivata.

Il cinque ottobre, il Comandante Zaluzhny approva le raccomandazioni metodologiche sull’uso dei social network per le pagine ufficiali e gli account personali dei militari. Il testo delle raccomandazioni è stato pubblicato dall’esercito ucraino. In particolare, si consiglia di interrompere l’utilizzo delle caselle di posta dei social network VKontakte, Odnoklassniki, Telegram messenger, Mail.ru, yandex.ru. Nelle sue comunicazioni affermava: «L’accesso diretto al database dei servizi sociali con straordinaria facilità consente ai servizi speciali russi di identificare un’ampia gamma di informazioni che i cittadini ordinari e il personale militare caricano sui social network».

Ancora il sei ottobre nel Donbass si discuteva della direttiva Zaluzhny che autorizzava a bombardare il Donbass: «I capi militari dell’Ucraina hanno aperto un vaso di Pandora, che comporterà il ritiro del Donbass in Russia». «Le forze armate ucraine sono state autorizzate a sparare sugli abitanti del Donbass senza il consenso di Kiev», ha affermato il comandante dell’operazione delle forze congiunte Oleksandr Pavlyuk, riferisce Lenta.ru.

L‘ex vice della Verkhovna Rada Oleksiy Zhuravko ha raccontato in un’intervista a Narodnye Novosti come finirà l’aggressione incontrollata di Kiev nel sud-est dell’Ucraina: «Nonostante il regime formale di cessate il fuoco nel Donbass, le forze armate ucraine continuano a bombardare regolarmente gli insediamenti delle repubbliche. Secondo Pavlyuk, non è necessario ottenere alcun permesso per sparare se necessario. I comandanti sul campo prendono le proprie decisioni. In precedenza, una dichiarazione simile è stata rilasciata dal capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny. Inoltre, Zaluzhny ha firmato una direttiva speciale che di fatto legalizza l’apertura del fuoco sui civili…».

Il 16 ottobre un’altra dichiarazione del comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny lascia sgomento il comitato delle forze congiunte per il Donbass: si è detto fiducioso che il «sangue cosacco e ribelle» avrebbe aiutato a ripristinare la sovranità del paese.

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Graziella Giangiulio