LIBANO. Ecco il Fronte Nord dello scontro

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A poche ore degli attacchi del 7 ottobre, il primo Ministro di Israele Benjamin Netanyahu ha dichiarato che questa non sarebbe stata una semplice operazione militare, ma una vera e propria guerra che durerà fino a quando Hamas non sarà sconfitto completamente.

Sin dalle prime fasi del conflitto si capisce tuttavia che Hamas e Israele non saranno gli unici attori del conflitto. Israele appare sin da subito preoccupata di un eventuale coinvolgimento nel conflitto di Hezbollah, che porterebbe ad uno scenario ben peggiore di quello attuale, costringendo Israele a dover controllare un conflitto aperto su più fronti.

Israele, che sin da subito ha affermato di non avere intenzione di allargare il conflitto in atto, ha fatto tuttavia sapere tramite il proprio ambasciatore presso le Nazioni Unite di aver richiesto a diversi Paesi di informare il governo libanese che verrà ritenuto direttamente responsabile di qualsiasi attacco condotto da Hezbollah in territorio israeliano.

Allo stesso tempo, il governo di Benjamin Netanyahu ha ordinato una vasta mobilitazione di soldati e di riservisti all’interno delle aree dell’Alta Galilea e del Golan, rispettivamente confinanti con il Libano e con la Siria. L’importanza di questo quadrante negli sviluppi futuri del conflitto viene confermata dalle dichiarazioni rilasciate dal Dipartimento di Stato americano, il quale ha affermato che gli Stati Uniti d’America hanno intenzione di impedire un’escalation che porti all’apertura di nuovi fronti, facendo un chiaro riferimento ad Hezbollah in Libano.

A seguito delle preoccupazioni di Israele e degli Stati Uniti d’America, il primo Ministro del Libano, Najib Mikati, ha confermato l’intenzione del Libano di non essere coinvolto nel conflitto in corso, dichiarandosi interessato a mantenere la sicurezza e la stabilità dei governatorati meridionali del Libano. Najin Mikati ha inoltre dichiarato il suo impegno a rispettare la linea di confine stabilita tra il Libano ed Israele (Linea Blu) e di non violare la Risoluzione 1701, con la quale il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha potenziato il contingente militare della missione UNIFIL, responsabile di mantenere la sicurezza nelle zone di confine tra i due Paesi.

La risposta di Hezbollah alle operazioni condotte da Hamas e dal Jihad Islamico Palestinese non si è fatta attendere, riconoscendo che l’attacco contro Israele rappresenta l’unica opzione di fronte all’occupazione e alle politiche aggressive di Israele nei confronti dei palestinesi. Successivamente, i leader di Hezbollah hanno dichiarato di essere costantemente in contatto con la leadership della resistenza palestinese in Libano e all’estero, conducendo con essa una valutazione continua degli eventi in corso. Infine, il gruppo libanese stabilisce quella che sembra essere una vera e propria linea rossa invalicabile: Hezbollah entrerà nel conflitto qualora Israele avvierà le operazioni di terra nella striscia di Gaza.

La situazione nelle aree di confine tra il Libano e Israele appare estremamente tesa. Già il 7 ottobre viene riportata la notizia che le forze dello United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), il cui mandato risale al 1982 in seguito all’invasione israeliana del Libano decretata con l’inizio dell’operazione “Pace in Galilea”, hanno cominciato ad evacuare alcune delle loro posizioni al confine settentrionale con il Libano.

La mattina del giorno successivo, l’8 ottobre, i media israeliani riportano la notizia di un primo lancio di colpi di mortaio sparati dal Libano Meridionale in un’area sulle pendici occidentali del monte Hermon, punto d’incontro tra la Siria, il Libano e Israele. In particolare, si apprende che l’attacco ha coinvolto postazioni dell’esercito israeliano presenti a Ruwaisat al-Alarm e ad al-Samaqa, nell’area delle Fattorie di Sheba, una zona contesa, ufficialmente all’interno dei confini libanesi, al cui interno sono presenti quattordici colonie israeliane.

Subito dopo l’attacco, il Comando della Regione Nord di Israele ha emesso un ordine di chiusura dei resort vicino al confine con il Libano, confermando di avere iniziato alcune operazioni nell’area dalla quale erano stato precedentemente lanciati i missili da Hezbollah. Le operazioni svolte da Israele sono state condotte contro alcuni appostamenti e edifici verosimilmente appartenenti ad Hezbollah nelle aree intorno alle città di Kfarchouba, Ayta ash Shab, Hebbariye e di Sheba, situate nel governatorato libanese di al-Nabatiya. In aggiunta agli attacchi, il Ministro della Difesa di Israele, Yoav Gallant, ha dichiarato di aver decretato l’evacuazione delle città sul fronte settentrionale al confine con il Libano, oltre che di aver iniziato a consegnare armi e munizioni ai cittadini israeliani residenti nelle aree di confine.

Successivamente viene riportata dai media libanesi la notizia di ulteriori attacchi di artiglieria condotti dall’esercito israeliano, anche tramite l’utilizzo di munizioni al fosforo, contro le città di al-Dhahira, Yarine e Naqura. Ad oggi, 11 ottobre, Hezbollah ha rivendicato 3 bombardamenti nelle fattorie Sheba, un bombardamento del quartier generale della Divisione Galilea, un bombardamento della caserma dell’esercito israeliano di Avivim e un bombardamento di al-Dhahira. Mentre scriviamo suonano gli allarmi missilistici israeliani per razzi provenienti dal Libano.

Al momento la situazione nelle aree di confine tra Israele e il Libano appare estremamente incerta. In questi giorni si sono registrati alcuni lanci di missili, condotti tanto da Hezbollah quanto dall’esercito israeliano, che hanno coinvolto i governatorati libanesi del Libano del Sud e di al-Nabatiya, oltre che l’area israeliana dell’alta Galilea. Sebbene al momento questi scontri non abbiano portato all’apertura di un nuovo fronte a nord di Israele è innegabile che la situazione attuale possa facilmente degenerare in un allargamento del conflitto in corso.

Stando alle dichiarazioni americane, l’ingresso di Hezbollah nel conflitto in corso decreterebbe a sua volta l’inizio di un’operazione militare da parte degli Stati Uniti d’America in Libano, aprendo in questo modo alla possibilità che si concretizzi un effetto a catena capace di portare nel conflitto altre potenze.

Pietro Zucchelli

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