Pechino e Buenos Aires contro gli avvoltoi

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CINA – Pechino 04/07/2014. Il governo cinese ha manifestato la sua vicinanza, il 3 luglio, alla posizione dell’Argentina nella disputa con i creditori dell’hedge fund che hanno boicottato la ristrutturazione del debito argentino per i danni subiti dall’acquisto di titoli dopo il crack di Buenos Aires del dicembre 2001.

«La Cina comprende le preoccupazioni argentine sulle emissioni di debito legati al “fondo avvoltoio” ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Hong Lei. “Fondi avvoltoio” è l’espressione usata dall’Argentina per indicare i creditori. Pechino «spera che il problema venga risolto correttamente in tempi brevi, in modo da evitare ogni possibile impatto sullo sviluppo economico e la stabilità sociale dell’Argentina», ha detto Hong ai giornalisti durante una conferenza stampa del ministero. «Il governo argentino ha preso molte misure positive negli ultimi anni per la ristrutturazione del proprio debito. Il suo impegno nel rispettare il rimborso del debito ha fatto progressi, che la Cina apprezza», ha aggiunto Hong Lei. La Cina si era già mossa in passato per evitare che i “fondi avvoltoio” utilizzassero i tribunali di Hong Kong per perseguire i debitori africani. Rappresentanti del governo argentino si incontreranno il 7 luglio con un gruppo di controllo dei creditori guidato da NML Capital Ltd. I colloqui avvengono sotto la spinta delle sentenze a favore di NML Capital, confermata a fine giugno anche dalla Corte Suprema. In una decisione novembre 2012, Buenos Aires era stata condannata a rimborsare più di 1,3 miliardi di dollari di debito, compresi gli interessi, l’importo totale è di circa 1,5 miliardi di dollari. L’attuazione della sentenza potrebbe indurre altri attori, esterni al contenzioso, a chiedere il rimborso integrale del debito, secondo l’amministrazione del presidente argentino Cristina Fernandez. L’Argentina dice che simili potenziali rivendicazioni porterebbero il totale dovuto a circa 15 miliardi di dollari, pari alla metà delle sue riserve valutarie, e innescare così un nuovo default.