BOSNIA ERZEGOVINA. Dodik: “No all’accordo con Londra”, e perde la maggioranza

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Da tempo Milorad Dodik, membro serbo della Presidenza di Bosnia Erzegovina, è al centro delle tensioni interne al paese. Tuttavia, lunedì 20 maggio il rappresentante a Sarajevo della popolazione serba ha perso il sostegno locale della NSRS, l’Assemblea nazionale della Republika Srpska. L’organo di rappresentanza locale della repubblica autonoma federata a maggioranza serba, infatti, ha votato contro la decisione di Dodik di porre il veto su un accordo tra Regno Unito e Bosnia Erzegovina.

L’accordo di cooperazione economica con Londra è stato raggiunto su iniziativa del Presidente di turno del paese, il bosgnacco Ševik Džaverović. L’iniziativa non ha però visto il consenso di tutti e tre i membri della presidenza: Dodik, infatti, ha deciso di porre il veto sull’accordo in questione, invocando un potere che costituzionalmente spetta ai tre rappresentanti per poter tutelare gli interessi nazionali della Bosnia Erzegovina.

Dodik si è poi rivolto all’Assemblea nazionale serba di Banja Luka per ottenere il supporto locale al veto sull’accordo tra Sarajevo e Mosca, a indicare ancora le aspirazioni autonomiste del leader serbo-bosniaco. Mossa che si è rivelata un fallimento, visto che dei 62 deputati presenti 51 hanno votato contro l’affossamento dell’accordo: se secondo Dodik l’accordo si sarebbe rivelato svantaggioso per la popolazione serba di Bosnia Erzegovina, per i partiti locali il veto contro lo UK-BiH Agreement avrebbe rischiato di isolare il paese a livello internazionale.

Dura la reazione del Membro serbo della presidenza: secondo Dodik, l’opposizione prenderebbe ordini dall’Ambasciata britannica a Sarajevo contro gli stessi interessi serbi, tutelati invece dalle istituzioni locali.

Non è la prima volta che Dodik non ottiene la maggioranza a Banja Luka: una situazione simile si creò quando venne presentata la proposta di istituire delle sorte di Ambasciate all’estero in rappresentanza della Republika Srpska: la vicenda dimostra ancora una volta come per il leader serbo non sia così semplice mantenere il sostegno locale su posizioni di politica estera, nonostante le spinte nazionalistiche ancora più forti negli ultimi mesi.

Carlo Comensoli