BALCANI. MONTENEGRO. Elezioni: confermata la svolta europeista

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Il partito del neo presidente Milatović vola, mentre quello dei Democratici e Socialisti, DPS, dell’ex leader incontrastato Dukanovic è in caduta libera. Si sono svolte domenica 11 giugno le elezioni per il rinnovo del parlamento, con i suoi 81 seggi, e conseguentemente la scelta di un nuovo esecutivo, dopo lo scioglimento dell’Assemblea, fatto come ultima mossa proprio dall’ex presidente del Paese Dukanovic. Prima del voto anche l’ex primo Ministro Zdravko Krivokapić aveva annunciato il suo sostegno al movimento Europe Now (PSE) e al suo candidato Milojko Spajić.

L’esito non ha sorpreso le aspettative, confermando la svolta europeista. Il voto anticipato ha visto prevalere il partito pro-UE “Europe Now Movement”. Il Montenegro ha deciso definitivamente di voltare pagina, dopo la fine dell’era Dukanovic con la sua sconfitta alle presidenziali di aprile proprio contro il candidato sostenuto dalla stessa lista vincitrice di questa tornata elettorale. Infatti, di rilevante che per la prima volta il DPS del 1990 non è il partito più votato. Queste elezioni, si era più volte tentato di annullarle o rimandarle, ma il presidente Jakov Milatović ha informato l’Assemblea che non può promulgare leggi che il suo predecessore non ha promulgato entro il termine fissato dalla Costituzione, perché ciò non sarebbe legalmente fondato, o comunque modificare o annullare sue decisioni vincolanti.

La pacifica campagna elettorale in Montenegro per le elezioni dell’11 si è infiammata dopo che il re della criptovaluta sudcoreana Do Kwon ha inviato una lettera dalla detenzione in Montenegro in cui parla di un presunto rapporto d’affari con il leader del movimento Europe Now, Milojko Spajić, che molti vedono come il futuro premier del Montenegro. A riguardo anche il primo Ministro in mandato tecnico Dritan Abazović ha convocato una sessione straordinaria del Consiglio di sicurezza nazionale, non per questioni politiche ma di grande importanza per la sicurezza nazionale, poiché riguarda il caso del criminale Do Kvon, in cui è coinvolto proprio Spajić. Spajić, detentore della lista elettorale del PSE, ha affermato che né lui né quei partiti hanno preso soldi dal cittadino sudcoreano Do Kwon, né da nessuno con mandato dell’Interpol.

Le dodicesime elezioni parlamentari svoltesi dall’introduzione del multipartitismo e le settime dal ripristino dell’indipendenza non sono state storiche, ma lo è stata l’affluenza storicamente bassa. 542.468 cittadini avevano diritto di voto e solo il 56,2% degli elettori registrati si è recato alle urne, addirittura il 20% in meno rispetto al 2020. Il Montenegro adotta un sistema proporzionale a liste chiuse, con una soglia di sbarramento dei partiti al 3%. Da un punto di vista economico, nei due anni e mezzo precedenti, i partiti hanno ricevuto circa 5,5 milioni di euro dal bilancio statale per le campagne elettorali, che è all’incirca il costo totale delle elezioni parlamentari.

La Commissione elettorale statale (SEC) è stata ovviamente coinvolta in questo processo, soprattutto per lo spoglio elettorale e il conteggio delle schede e dei voti. Il presidente della SEC Nikola Mugoša. Mugoša ha annunciato che, secondo i loro dati, la coalizione SNP-Demos è entrata con 2 seggi in Parlamento, mentre l’SDP è sotto la soglia, rimanendo esclusa. La SEC ha determinato i risultati provvisori delle elezioni parlamentari straordinarie tenutesi l’11 giugno.

Il Movimento Europe Now ha vinto 24 scranni, con oltre il 25% dei voti ottenuti, la coalizione “Insieme” riunita attorno al DPS ne ha vinti 21, con poco più del 23% dei voti, e la coalizione “Per il futuro del Montenegro” ha ottenuto 13 mandati, attestandosi quasi al 15%, mentre la coalizione centrista, che vede coinvolto anche il partito URA del premier Abazovic, si ferma a circa il 13% del sostegno, che corrisponde a 11 seggi. Lo stesso primo Ministro uscente ha reso noto che l’alleanza tra il suo partito e quello vincitore farà parte del nuovo esecutivo. Il commento sui risultati delle elezioni è giunto anche dall’Unione Europea che si aspetta che il nuovo governo montenegrino mantenga la rotta del pieno allineamento con la sua politica estera.

Paolo Romano

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