ARGENTINA. Cinesi nella Terra del Fuoco. A rischio interessi USA e NATO

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Inflazione, al 150% quest’anno, costo della vita e prezzi dei generi alimentari, oltre che sulla sicurezza e sulla violenza di strada, saranno al centro delle lezioni generali di ottobre prossimo, ma dietro le quinte c’è una questione semi-nascosta: l’influenza complessiva della Cina nel Paese.

Nel dibattito politico argentino, sono emersi dal nulla, la costruzione di un polo chimico, presumibilmente destinato all’industria agricola, e di un porto polifunzionale nella città di Rio Grande, nella provincia della Terra del Fuoco, riporta MercoPress.

La questione è stata scoperta da reporter investigativi argentini e il copione o il complotto sta venendo alla luce, con ampia copertura mediatica e richieste da parte dell’opposizione. Il memorandum d’intesa firmato dalla società cinese Shaanxi Chemical Industry Group, disposta a investire circa 1,2 miliardi di dollari, con il governatore peronista della Terra del Fuoco Gustavo Melella nell’agosto del 2022 è stato tenuto per lo più segreto, fino alla ratifica dell’esecutivo provinciale nel dicembre scorso. In base alle clausole del protocollo d’intesa, lo Shaanxi dovrebbe creare un impianto per la produzione di 900.000 tonnellate di urea, 600.000 di ammoniaca sintetica e 100.000 di diserbante Glifosato, oltre al porto multifunzionale nella città più popolata della Terra del Fuoco, Rio Grande. Il porto è una vecchia richiesta della città da decenni, sia da parte del governo provinciale che di quello federale, quindi l’interesse dell’opinione pubblica per l’investimento è notevole.

Questa notizia ha riacceso i timori di coloro che ritengono che l’Argentina sia troppo impegnata con la Cina. A cominciare dalla presunta stazione di localizzazione satellitare nella provincia di Neuquen, con personale militare e civile cinese e che gli argentini sono raramente autorizzati a visitare. Ufficialmente la stazione è gestita dall’Amministrazione spaziale nazionale cinese insieme alla controparte argentina.

Nella provincia di Santa Cruz le aziende cinesi stanno costruendo due dighe, una delle quali è già stata intitolata al defunto marito di Cristina Fernandez, il presidente Nestor Kirchner; allo stesso modo aziende, attrezzature e personale cinesi sono coinvolti nel potenziamento di gran parte delle ferrovie argentine e della metropolitana di Buenos Aires; le banche centrali di Argentina e Cina hanno un accordo di swap valutario di diversi miliardi di yuan che consente all’Argentina di rispettare gli accordi internazionali sulle riserve e di finanziare in parte le importazioni cinesi.

La Cina ha mostrato un forte interesse per la costruzione di Atucha Tres, la quarta centrale atomica argentina, e per il dragaggio della via d’acqua Paranà/Paraguay, che si trova nel ricco cuore agricolo del Sudamerica e concentra nel porto di Rosario gran parte delle spedizioni argentine di cereali e semi oleosi, oltre alla produzione del Paraguay e ad alcune spedizioni dal Brasile. I cinesi sono anche coinvolti nel settore bancario e minerario argentino e le voci di un porto o di una base strategica nella Terra del Fuoco sono state insistenti.

Il governatore Melella è stato rieletto da poco con un ampio margine e gode di una coalizione con i partiti dell’opposizione che lo sostengono, quindi ha ammesso l’esistenza del protocollo d’intesa e ne ha recentemente inviato i termini alla vicina politicamente legislatura provinciale, anche se molti dettagli del documento continuano a non essere rivelati.

Negli anni Novanta, all’epoca del presidente Carlos Menem, come parte della sua politica di privatizzazione delle aziende statali argentine, la sua amministrazione autorizzò anche i governi provinciali a promuovere autonomamente gli investimenti stranieri nelle loro giurisdizioni, e questo è ciò che Melella starebbe facendo.

L’opposizione e gli argentini preoccupati fanno notare che un porto cinese strategico a Rio Grande potrebbe facilmente controllare il passaggio di navi tra i due oceani attraverso lo Stretto di Magellano; avere accesso diretto all’Antartide; controllare i movimenti delle isole Falkland, in particolare il complesso Nato/Britannico di Mount Pleasant, e fungere da porto per rifornire la massiccia flotta peschereccia cinese che ogni stagione sbuca al miglio 201 dell’Atlantico meridionale. Un porto di tale valore strategico non può che essere nelle mani del governo argentino, sostengono.

Tuttavia le trattative con gli argentini non sono facili, e nello stesso lembo di terra dove i cinesi stanno progettando il loro impianto e il loro porto polifunzionale, c’è anche una società argentina con investitori locali, la Mirgor, presumibilmente, anch’essa interessata e con sostenitori nel legislatore provinciale.

Inoltre questa non è la prima volta che la Cina mostra interesse per Rio Grande, già nel 2009 un progetto simile sotto il nome di Tierra del Fuego Energia y Quimica S.A. insisteva nello sviluppo di un polo chimico e di un porto polifunzionale. L’idea era che la provincia della Terra del Fuoco avrebbe fornito 430.000 metri cubi di gas naturale per 25 anni.

Ma all’epoca il Procuratore Generale argentino, in seguito alle denunce dell’opposizione politica, stabilì che la provincia aveva quella capacità di gas naturale ma solo per 12 anni. L’accordo alla fine è saltato, ma la nuova società Shaanxi Chemical chiede alla provincia di rimborsare i 30 milioni di dollari investiti nel 2009 dalla precedente società in un progetto simile.

Gli oppositori della crescente presenza cinese in Argentina sottolineano anche che, per quanto profonda, dietro a tutte le grandi aziende cinesi c’è Pechino e la sua politica globale.

In America Latina la presenza cinese è stata più lenta, ma comunque spiccano due progetti significativi. Da zero il porto di Chancay in Perù, che diventerà un hub del Pacifico con un investimento di 3.000 milioni di dollari sempre da parte di Cosco, e sull’Atlantico, Paranaguá in Brasile, che dovrebbe diventare uno dei maggiori porti del Paese. Nella Terra del Fuoco il governo insiste che è interessato solo al polo chimico e cerca di convincere i cinesi a desistere dal porto polifunzionale.

Antonio Albanese

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