MONTENEGRO. L’era Đukanović è finita. Milatović nuovo Presidente

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Il Montenegro ha un nuovo presidente: con un’alta affluenza poiché ha votato il 70,7% della popolazione, il candidato del Movimento “Europe Now”, il 36enne Jakov Milatović è stato eletto nuovo Presidente della Repubblica al secondo turno delle elezioni presidenziali tenutesi il 02 aprile, sconfiggendo ampiamente, in modo inatteso, invertendo il risultato del primo turno, il presidente uscente Milo Đukanović, leader del DPS, candidato per il suo terzo mandato, il quale dovrà lasciare la carica dopo anni alla guida del Paese. Milatović, ex ministro dell’economia, ha ottenuto circa il 60% dei voti e il suo avversario lo sconfitto Đukanović circa il 40%. Al primo turno, svoltosi 14 giorni prima, il 19 marzo, nessun candidato aveva ottenuto la vittoria, ovvero oltre il 50% della maggioranza dei voti, ma i primi due in percentuale di preferenze, ovvero il presidente uscente Đukanović, che è stato il più votato, e lo sfidante Milatović, arrivato secondo con cinque punti percentuali di svantaggio, se la sono giocata al ballottaggio. Questo cambio al potere rappresenta anche una svolta di passo nelle relazioni del Montenegro sia con la vicina Serbia, poiché Milatović è un fautore del rafforzamento dei rapporti fra questi due Stati, sia con gli altri Paesi della regione, ma anche il processo d’integrazione verso l’adesione all’Unione Europea.

Đukanović al convegno finale in vista del primo turno aveva sostenuto che «non permetteremo loro di rinchiuderci nel mondo serbo e russo, porteremo il Montenegro nell’UE, dinamizzeremo lo sviluppo economico e miglioreremo la qualità della vita di tutti i nostri cittadini», sottolineando come Podgorica, la capitale, è simbolo del Montenegro moderno, del suo sviluppo moderno e del suo percorso europeo. Alla fine del primo turno, la Commissione elettorale statale ha determinato i risultati delle elezioni presidenziali: il candidato del DPS Milo Đukanović ha ottenuto il 35,37% dei voti. Il candidato di Europe Now Jakov Milatović ha ottenuto il 28,92%. Mentre gli sconfitti dale elezioni sono stati in primis il candidato del Fronte Democratico Andrija Mandić con il 19,32% arrivato terzo, la candidata del Montenegro democratico, Aleksa Bečić, ha ottenuto l’11,10%, e gli altri tre candidati si sono attestati al massimo al 3%.

Milatović subito dopo i risultati del 19 marzo aveva detto: «ho promesso che ce l’avremmo fatta. E ci siamo riusciti. manderemo Đukanović in pensione politica il 2 aprile». Ha ringraziato tutte le liste che lo hanno sostenuto, aggiungendo che «Milo Đukanović, dopo 30 anni di dedizione al guadagno personale, non ha la credibilità di essere il Presidente, e non è mai stato il presidente di tutti i cittadini», sostenendo come la devastazione del Montenegro da parte di Đukanović è giunta al termine. Dal canto suo, «al primo turno abbiamo ottenuto ciò che volevamo», aveva affermato il candidato presidenziale Milo Đukanović, aggiungendo che «non c’è nessun avversario che si aspettava e desiderava nel secondo turno delle elezioni presidenziali e che è pronto a vincere chiunque sia l’altro candidato», dicendo di sapere dove sono le sacche elettorali di sostegno necessarie per il secondo turno. Inoltre, si era detto soddisfatto del risultato ottenuto, perché è un “serio vantaggio” rispetto al suo avversario Milatović. Ma le sue aspettative non si sono concretizzate.

Nelle due settimane che hanno portato all’elezione di Milatović come Presidente del Montenegro, oltre alla serrata campagna elettorale fra i due contendenti, un altro avvenimento importantissimo si è verificato sul fronte del governo, ossia una delle ultime mosse di Đukanović, la decisione del Presidente sullo scioglimento dell’Assemblea. Il termine per la formazione del 44° governo, il cui mandato era affidato a Lekić, è scaduto il 15 marzo. Ha emanato il Decreto sullo scioglimento della 27a convocazione del Parlamento del Montenegro, e allo stesso tempo ha indetto elezioni parlamentari straordinarie per l’11 giugno. Đukanović ha sottolineato che tutti in Montenegro sono consapevoli della profonda crisi politica e istituzionale, causata principalmente dall’irresponsabilità e dall’avventurismo legale dell’attuale maggioranza parlamentare, pronta a raggiungere i propri obiettivi politici attraverso azioni anticostituzionali. Bisognerà quindi subito prepararsi ad una nuova campagna elettorale per le elezioni politiche che si terranno nel giro di due mesi.

Inoltre, si segnala, nel contesto elettorale montenegrino già problematico un fattore esterno aggiuntivo, ovvero anche la sempre più forte influenza della Chiesa ortodossa serba sulla politica montenegrina dalle elezioni del 2020. Ciò si afferma in uno studio «La Chiesa ortodossa, il Montenegro e il mondo serbo», sottolinenando che l’SPC ha un’influenza sull’attuale governo e sulla maggior parte dei partiti politici presenti nella vita politica del Montenegro. A riguarda in vista del secondo turno il presidente Dukanovic aveva detto che tutte le potenzialità del grande nazionalismo serbo sono all’opera nella campagna elettorale, da quelle finanziarie e mediatiche agli abusi della chiesa. Đukanović ha detto che anche durante l’attuale campagna elettorale «ci sono state interferenze dall’esterno» e ha aggiunto che «succede continuamente». Đukanović ha anche sostenuto che la Serbia sta cercando di fare nella regione ciò che la Russia sta facendo da sola, parlando sul tema di sicurezza e stabilità nei Balcani, le crescenti minacce dell’influenza russa in tutta Europa, l’importanza della NATO e la futura architettura di sicurezza europea. Proprio il metropolita della Chiesa ortodossa serba montenegrina e del Litorale aveva invitato a recarsi alle urne e ha affermato che l’attuale presidente e candidato del Partito democratico dei socialisti (DPS) Milo Đukanović conduce una campagna contro la Chiesa, sostenendo che i suoi discorsi contrassegnano ancora la Chiesa ortodossa serba come nemica dello Stato. Lo stesso Joanikije, si è congratulato con Jakov Milatović per la sua elezione a presidente del paese. «Ti sei guadagnato la grande fiducia del popolo montenegrino», sostenendo che sarà un presidente saggio e degno sotto tutti gli aspetti di tutti i cittadini del Montenegro, e che darà un forte sostegno per rendere la patria uno stato di legalità e giustizia, un paese di fraterna concordia e libertà, ricca e rispettabile in tutto il mondo.

Milatovic, pur essendo in svantaggio, si era sempre detto sicuro di vincere il 02 aprile invitando tutti i cittadini desiderosi di cambiamento a recarsi alle urne, e le sue previsioni e la sua fiducia hanno ripagato e gli hanno dato ragione. Affermava che con il sostegno del Fronte Democratico, dei Democratici, del GP URA, del Montenegro Unito, aveva oltre il 60% di consensi, e così poi è stato effettivamente. Mentre Đukanović credeva di vincere e che avrebbe continuato ad essere l’unica vite importante che contribuirà al prevedibile futuro europeo del Montenegro. Oltre all’elezione del presidente, si attende la conferma della perseveranza del Montenegro nel proseguire nel cammino verso il sistema europeo dei valori e l’adesione all’Unione Europea. E proprio alla vigilia del secondo turno in chiusura di campagna eletttorale Đukanović aveva affermato che le elezioni sono un altro importante punto di svolta per il Montenegro, e anche storicamente importante. Il suo avversario Milatović aveva sottolineato che fosse giunto il momento per il Montenegro di essere guidato da coloro che lo amano sinceramente. Entrambi, come detto in precedenza, avevano annunciato di essere fiduciosi della vittoria e che avrebbero lavorato a beneficio di tutti i cittadini del Montenegro. Milatović ha detto di Đukanović che è un uomo degli anni Novanta, mentre Đuknaović ha detto che Milatović “è legato all’oscurità del Medioevo”. Nella campagna elettorale era anche intervenuto il primo ministro in mandato tecnico Dritan Abazović, appoggiando Milatović, sostenendo che “il futuro appartiene a nuove persone”, aveva lanciato un appello per “eleggere il nuovo presidente del Montenegro in un’atmosfera dignitosa”, dicendosi convinto della vittoria di Milatović, che «segnerà la fine della politica degli anni ’90 in questa regione, sia formalmente che fondamentalmente».

Paolo Romano

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