MEDITERRANEO ORIENTALE. Gas vuole dire indipendenza energetica per Ankara

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Nel Mediterraneo orientale le acque sono molto agitate a causa delle tensioni sempre più crescenti tra Grecia, Turchia e Cipro, e il rischio di un conflitto armato diventa sempre più concreto. Ankara fa la voce grossa e rispolvera addirittura il Trattato di Sevres (che alla fine della Prima Guerra Mondiale ridisegnò i confini dell’Impero ottomano) per rivendicare il suo controllo sulle zone a largo di Cipro, proprio dove si trovano ingenti giacimenti sottomarini di gas. Il vero obiettivo del presidente Recep Tayyip Erdogan – spiega Graziella Giangiulio, condirettore di AGC Communication – è di rendere la Turchia indipendente dal punto di vista energetico, ma anche di poter vendere l’energia ai paesi vicini. La Turchia sostiene che dopo cento anni i Trattati sottoscritti alla fine della Grande Guerra non sono più in vigore, riaprendo così la disputa sui confini e, di fatto, arrogandosi unilateralmente il diritto di fare ricerche e trivellare i fondali greco-ciprioti, così come di bloccare (come accaduto nel 2018) le fregate elleniche in quell’area. Un’escalation di prove di forza che lo scorso agosto si sono concluse con una collisione tra una fregata greca e una turca, che ha causato diversi danni per entrambe le navi.

A seguito di questo incidente, l’attuale situazione è di stallo. Le navi di prospezione idrogeologica turche sono al momento ferme ad Antalia, tuttavia i turchi hanno già annunciato che la nave Javuz continuerà le sue esplorazioni. Nel frattempo si cercano soluzioni diplomatiche. Il Ministro degli Esteri greco Nikolaos Kotzias cerca alleati contro la Turchia in tutta Europa, sopratutto con i paesi vicini. Il 9 agosto scorso – ci ricorda Graziella Giangiulio, condirettore di AGC Communication – è stato siglato un accordo marittimo con l’Egitto. Di recente è stato rinnovato anche un accordo con il nostro Paese sulle Zone Economiche Esclusive (ZEE), che permetterà all’Italia di far arrivare un gasdotto dal Salento alla costa jonica-ellenica, nel frattempo Atene cerca di concludere un’alleanza con l’Albania, e cerca l’appoggio degli U.S.A.

Diversa la situazione per Cipro. L’imprenditore greco Stamoulis Manginas vive a Cipro da quattro anni, ai microfoni di Radio Sparlamento ha dichiarato che, nonostante le relazioni tra la comunità greco-cipriota e quella turco-cipriota siano buone, a Cipro la tensione politica è palpabile. La Turchia – spiega Manginas – è considerata dalla comunità cipriota un aggressore ed è evidente che, senza la solidarietà di altri paesi europei, Cipro non sarà in grado da sola di contrastare l’invasore turco. Consapevole di ciò, lo scorso 21 settembre Cipro ha provato a fare la voce grossa in Europa, rifiutandosi di siglare le sanzioni contro la Bielorussia ( per le quali è previsto il voto all’unanimità), almeno fino a quando la UE non deciderà in merito alle sanzioni contro la Turchia per lo sfruttamento illegale dei giacimenti nelle acque greco-cipriote. Sulla questione deciderà il Consiglio europeo il prossimo 25 settembre.

In vista di questo appuntamento Erdogan gioca le sue carte e parla al telefono con la Cancelliera Merkel, con il premier bulgaro Borisov e con il presidente del Consiglio italiano Conte, ricordano probabilmente ai suoi interlocutori le conseguenze derivanti da una eventuale apertura delle frontiere ai migranti verso l’Europa. Ed è proprio sulla questione migranti che è in corso un vero braccio di ferro da la UE e la Turchia, che in questo momento vede l’Unione in forte difficoltà. Sono anni che Bruxelles scarica sulla Turchia l’onore di “contenere” il flusso dei migranti, senza aver mai aver intrapreso una reale politica di gestione dei flussi migratori. E la situazione migratoria, già di per sé drammatica, è in procinto di peggiorare. Sono centinaia di migliaia i migranti che – spiega Graziella Giangiulio – già da diversi anni sono andati via dall’Iraq, dall’Afganistan, dalla Siria. Ci sono poi quelli che fuggono dal Pakistan e dalle zone limitrofe, e quelli che arrivano dall’Africa centrale per scappare dalle conseguenze della siccità. La maggior parte di queste persone non è scolarizzata e non parla una parola d’inglese. Integrarli all’interno dell’Europa sarebbe a dir poco difficile. Pensare di contenerli a vita in Turchia in cambio di elargizioni in denaro, denota una pericolosa mancanza di visione del problema migratorio e delle sue conseguenze da parte dei 27 della UE. Ed è stata questa miopia politica ad aver dato la possibilità al presidente Erdogan di varcare i confini europei senza trovare alcuna opposizione.

Bisognerà attendere le prossime mosse per capire quale sarà l’interesse predominante di questa Unione europea. Prevarrà la linea morbida nei confronti della Turchia, perché considerato partner indispensabile nella gestione dei flussi migratori, oppure la tutela della sovranità dell’Unione europea, dal momento che violare i confini della Grecia e di Cipro (fino a prova contraria) significa violare i confini europei?

Con molta probabilità a trovare una soluzione ai problemi europei saranno ancora una volta gli attori internazionali “visibili e meno visibili” che hanno interessi in quell’area, perché non dimentichiamo che la Grecia è un hub importantissimo che ospita, tra l’altro, i gasdotti della TANAP (Trans-Anatolian Natural Gas Pipeline) della TAP (Trans-Adriatic Pipeline) e East-Med. Parliamo di Egitto e Israele, così come della Cina, che di fatto detiene il controllo del porto (greco) del Pireo e che ha tutto l’interesse ad evitare conflitti che comprometterebbero le rotte commerciali. Ma non è tutto. A ben vedere – osserva il direttore Antonio Albanese – in quella zona “il tricolore sventola alto” in ragione della forte presenza di Eni nell’area nord di Cipro. Malgrado ciò – spiega il direttore di AGC Communication – a livello diplomatico il nostro Paese è completamente assente e non sta difendendo gli interessi nazionali, nonostante l’ENI abbia di recente ceduto le zone di sfruttamento in Congo per poter avere maggiori risorse da investire nelle acque cipriote.

Per avere un’idea della posta in gioco è necessario allargare lo zoom al Mediterraneo allargato, dove gli scenari e gli interessi vedono tutti gli attori coinvolti impegnati su diversi fronti militari, politici ed economici. E, ancora una volta, in questo scenario da Risiko, a determinare l’esito finale saranno le mosse degli U.S.A. e della Russia.

La Turchia – spiegano ai microfoni di Radio Sparlamento il direttore e il condirettore di AGC Communication – è attualmente impegnata su tre fronti: oltre a Cipro, in Siria e in Libia. È plausibile pensare che dietro il recente accordo tra Maitiq e Haftar sullo sblocco del petrolio ci siano la Russia e gli Stati Uniti, che hanno messo un freno alle mire di Erdogan, intenzionato a sostituirsi all’Italia nella gestione del petrolio libico. Per quanto riguarda la Siria, invece, Mosca aveva chiesto da tempo ad Erdogan di “ripulire” Idib dai ribelli ma, non avendo i turchi ottemperato all’accordo, i russi hanno ripreso i bombardamenti. C’è poi tutta la questione che riguarda il Golfo Persico e gli interessi sul petrolio della Russia e di due gruppi di paesi: uno costituito da Cipro, Grecia e Israele; l’altro da Francia, Egitto ed Emirati Arabi. In questo scenario si inseriscono gli accordi che riguardano la c.d. Pace di Abramo, che dovrebbe normalizzare i rapporti tra i Paesi arabi della zona del Golfo e Israele. In virtù di questi accordi sembrerebbe che gli U.S.A. abbiano chiesto all’Arabia Saudita e i paesi ad essa collegati di ristabilire relazioni con il Qatar ( ancora sotto embargo), che appoggia la Turchia. In virtù di questa apertura la Turchia potrebbe non mettersi di traverso sui recenti accordi di Tripoli. In definitiva, in questo complesso scacchiere, bisognerà capire chi lascerà cosa e in cambio di cosa.

La nota più dolente di questa situazione riguarda l’Europa. I proclami sull’improvvisa riscoperta dei valori europei a seguito del Covi-19, si infrangono davanti all’evidente contrapposizione tra gli interessi di alcuni paesi forti e quelli considerati di riserva, se non “scomodi”. È paradossale che di fronte alle dichiarazioni del Governo turco che grida ai quattro venti che ” la guerra con la Grecia è solo una questione di tempo”, Atene si trovi a rispondere in solitaria. Il silenzio dei paesi europei è più assordante e minaccioso degli avvertimenti della Turchia. Dovremmo tutti riflettere sul fatto che per questa Europa, con la connivenza di tutti i governi, gli interessi degli amici della Germania non sono sacrificabili, quelli del popolo greco lo sono. C’è da chiedersi: chi sarà il prossimo paese sacrificabile o scomodo di questa Europa?

Il podcast della puntata si può ascoltare cliccando qui

Cristina Del Tutto