VENEZUELA. La nuova censura: l’asfissia economica uccide i giornali

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Solo nel 2018, 30 mass media hanno chiuso i battenti in Venezuela. Di questi, 25 sono giornali. Con una nuova campagna digitale volta a smentire il drammatico numero di giornali scomparsi negli ultimi anni, riporta Caracas Chronicles, c’è un nuovo rapporto del capitolo venezuelano della ong Transparency International, che mostra come la pressione ufficiale sui media e la crisi economica hanno causato un enorme calo del numero di media disponibili nel paese.

Con il titolo di Asfixia económica: la nueva forma de censura de poder, Transparencia Venezuela racconta la storia di otto giornali diversi con lo stesso destino: spinti alla chiusura da un’egemonia comunicazionale.

Ad esempio, El Impulso è stato costretto a smettere di stampare lo scorso febbraio, andando da allora solo in digitale. Anche se la mancanza di carta da giornale è stata la causa principale della sua chiusura, altri fattori, come la riduzione dei ricavi pubblicitari, giocano un ruolo importante. El Impulso continua a uscire seppur con il suo personale ridotto al minimo. Si può vedere lo stesso schema nei casi rimanenti: da Versión Final a Zulia, a La Verdad a Monagas e Tal Cual a Caracas.

È interessante notare che l’egemonia stessa è stata vittima collaterale della propria strategia: cinque edizione del giornale Ciudad sono state chiuse (Maracay, Maturin, Portuguesa, Barinas e Orinoco), mentre due sono diventate settimanali (Barquisimeto e Valencia).

Il rapporto di Transparencia Venezuela mostra anche, ad esempio, i molti ostacoli che i lavoratori della stampa e il suo sindacato principale, Sntp, devono affrontare solo per rinnovare il loro consiglio di amministrazione. Il Cne è l’unico, per mandato legale, che può organizzare le elezioni delle corporazioni professionali e dei sindacati nel paese, quindi tutto è bloccato. Sono molti i problemi che i giornalisti devono affrontare: meno risorse per la copertura, mancanza di trasporti e salari che non ce l’hanno fatta a sopravvivere all’iperinflazione.

Tutto questo mentre l’egemonia va benissimo, perché in un’economia così centralizzata e irregimentata non c’è interesse a promuovere il giornalismo e la libertà di espressione. Il rapporto fa vedere anche la resilienza e la determinazione di coloro che rifiutano di arrendersi, che rifiutano la possibilità di vendere, che continuano a raccontare le notizie.

Graziella Giangiulio