SERBIA. Partito progressista serbo parla di “denazificazione” dei Balcani

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La sera del 31 luglio le tensioni a nord del Kosovo lungo il confine con la Serbia hanno suscitato l’interesse e la preoccupazione dei media occidentali. Episodi del genere non sono nuovi e per certi aspetti sarebbero pure endemici per l’area, visto anche che il dialogo tra Pristina e Belgrado con la mediazione dell’Unione europea è in stallo ormai da tempo.

Già lo scorso autunno un episodio simile si era verificato proprio per la stessa questione: la decisione del governo kosovaro di obbligare i veicoli serbi che attraversavano il confine a utilizzare delle apposite targhe locali, invocando il principio di reciprocità con quanto imposto dalle autorità serbe al di là del confine. All’epoca, Belgrado arrivò a schierare dei contingenti lungo il confine con il Kosovo; eppure, mesi prima dell’invasione russa in Ucraina, in Italia e in Europa quasi non se ne parlò.

Le condizioni sono del tutto diverse rispetto a quelle che hanno portato al conflitto in corso in Ucraina: primo fra tutti, il Kosovo è un importante avamposto della Nato, con la missione KFOR. La Serbia dall’altra parte dipende dal sostegno economico dell’Unione europea, che rimane il suo principale partner commerciale nonostante il forte legame storico-culturale tra Belgrado e Mosca.

Subito dopo l’intervento della portavoce del ministero degli esteri russo Marija Zakharova, che ha parlato di “provocazioni” dell’Ue in Kosovo, a suscitare preoccupazione in Europa è stata anche la comparsa di un tweet del parlamentare serbo Vladimir Djukanović in cui si invocava una “denazificazione” dell’area balcanica, lo stesso termine utilizzato dai media russi per giustificare la guerra contro Kiev.

Djukanović è un rappresentante del Partito progressista serbo, lo stesso di cui fanno parte il presidente Vučić e la premier Ana Brnabić, e che nelle elezioni dello scorso aprile ha subito un forte ridimensionamento nel numero di seggi nell’Assemblea nazionale, che proprio oggi si riunisce per la prima seduta della nuova legislatura.

Diversi osservatori europei si aspettavano una presa di posizione di Vučić sulla guerra in Ucraina subito dopo il voto; Belgrado, infatti, si è unita fin da subito alla condanna dell’invasione in sede Onu, ma ancora non ha adottato sanzioni contro Mosca. Ora le tensioni con il Kosovo potrebbero aumentare le pressioni dell’Ue sulla Serbia per ridimensionare i rapporti con la Russia.

Carlo Comensoli