Più di 5mila nuovi casi l’anno. Per combattere ad armi pari contro il colangiocarcinoma – tumore del fegato piuttosto aggressivo, non a caso la sopravvivenza dei malati a 5 anni tocca a malapena il 17% – arriva il sì, alla Camera, all’emendamento presentato, in fase di legge di bilancio, dal capogruppo di Forza Italia in Commissione Affari Sociali, Stefano Benigni. Emendamento che prevede lo stanziamento di 600mila euro, nel triennio 2023-2025, da utilizzare verso i pazienti che ne sono affetti affinché possano accedere ai test NGS.
Con questi test è possibile perfezionare – spiegano gli specialisti oncologi – la selezione dei trattamenti grazie alla valutazione simultanea delle diverse alterazioni molecolari coinvolte nello sviluppo della neoplasia.
«Il colangiocarcinoma colpisce ogni anno nel nostro Paese oltre 5.400 uomini e donne», spiega Carmine Pinto, presidente della FICOG – Federation of Italian Cooperative Oncology Groups. «È una patologia neoplastica sovente diagnosticata in fase non più suscettibile di chirurgia e che può essere contrastata con maggior successo per mezzo dell’oncologia di precisione. Fino al 35% dei malati è portatore di alterazioni genetiche sulle quali intervenire tramite la personalizzazione delle cure. L’analisi NGS va condotta pre o post il trattamento di prima linea al fine di decidere le soluzioni per la seconda o le successive. Garantire i test NGS significa consentire l’accesso a farmaci efficaci».
«I malati oncologici che ogni anno in Italia avrebbero bisogno del test sono almeno 26mila», sottolinea Giovanni Ravasio, direttore di “Economia Sanitaria”. «Lo stanziamento di risorse ad hoc è un passo importante».
In Italia – questo il rovescio della medaglia – manca però una vera e propria governance dei test NGS: da qui le evidenti disparità tra le varie regioni. Disparità che si riflettono pure nell’accesso ai medicinali a bersaglio molecolare.
«È indispensabile – aggiunge Pinto – che nell’ambito delle Reti Oncologiche Regionali si identifichino e si realizzino laboratori di riferimento di biologia molecolare; adeguati in risorse tecnologiche e professionali. Nonché calibrati sulla popolazione e i territori. Ciò richiede visione, strategia e programmazione».
Un gap da colmare in fretta – secondo Pinto – al pari dell’aggiornamento dei tariffari dedicati ai Livelli Essenziali d’Assistenza (LEA).
«Sono passati quasi 10 anni dall’istituzione del nomenclatore nazionale delle prestazioni di assistenza specialistica. È ancora in vigore ma non esiste – commenta – una voce che riguardi i test NGS in Oncologia. Lo stesso dicasi per tariffe e costi degli esami di profilazione genomica; valutati e monetizzati in maniera diversa tra regione e regione».
Negli ultimi decenni in molti Paesi del mondo c’è stato un incremento dei casi di colangiocarcinoma intraepatico. Dovuto ai cambiamenti dei fattori di rischio: tra i quali la presenza d’infezioni, fattori infiammatori e ambientali.
«È il secondo tipo di tumore primario del fegato più comune dopo il carcinoma epatocellulare», conclude Paolo Leonardi, presidente dell’Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma APIC. «La chirurgia è l’unico tipo di cura possibile ma meno di un terzo dei pazienti ha una malattia da poter essere trattata in sala operatoria. Il tasso di recidiva è altresì alto. Siamo orgogliosi di questo risultato e auspichiamo che il Parlamento approvi la proposta di legge all’unanimità. Diffondere i test è fondamentale se vogliamo dare speranza a oltre 12mila persone che vivono con una diagnosi di neoplasia».
Marco Valeriani