L’annuncio della Russia di rivedere la sua dottrina sulle armi nucleari ha sollevato interrogativi su cosa ciò significhi e se segni un’escalation significativa nella sua guerra in Ucraina.
Il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha affermato in un’intervista che la decisione di cambiare la dottrina nucleare era “collegata al corso di escalation dei nostri avversari occidentali”. L’attuale dottrina nucleare della Russia è stata stabilita in un decreto del presidente Vladimir Putin nel 2020. Afferma che la Russia può usare armi nucleari in caso di attacco nucleare da parte di un nemico o se un attacco convenzionale “minaccia l’esistenza dello Stato”, riporta AT.
Il documento apre anche la possibilità di lanciare armi nucleari se la Russia riceve un avviso di un imminente attacco nucleare, non solo dopo la conferma che gli obiettivi russi sono stati colpiti.
Consente inoltre il loro utilizzo in risposta ad attacchi convenzionali su strutture vitali (ad esempio, un sistema radar di allerta precoce), il che potrebbe rendere difficile rilevare e reagire contro un attacco nucleare.
La modifica della dottrina da parte della Russia nel 2020 è stata apparentemente guidata da considerazioni militari, tra cui i progressi nei sistemi missilistici convenzionali. Al contrario, l’ultima segnalazione di cambiamenti alla dottrina sembrerebbe adattarsi di più a un modello di minaccia russa volta a scoraggiare e limitare il sostegno occidentale all’Ucraina.
Le minacce nucleari non sono una novità per il governo di Putin: ci sono ad oggi più di 50 casi di alti dirigenti russi che hanno fatto minacce nucleari dirette o indirette dall’invasione su vasta scala dell’Ucraina nel febbraio 2022.
Questi attacchi retorici sono stati anche accompagnati da azioni per segnalare la serietà della Russia, tra cui esercitazioni che coinvolgono le sue armi nucleari o il posizionamento di armi nucleari tattiche in Bielorussia.
Nella sua intervista, Ryabkov non ha elaborato quali cambiamenti alla dottrina nucleare potrebbero essere presi in considerazione. In seguito ha detto alla televisione russa che il “disprezzo della NATO per il nostro potenziale in quest’area e la convinzione (…) che le cose non peggioreranno richiedono una dichiarazione più chiara e precisa di cosa può accadere se continuano a ignorare (il nostro potenziale)”.
La dottrina aggiornata potrebbe anche abbracciare l’idea di “escalation-to-deescalate”, che è stata avanzata da alcuni pensatori militari russi. La logica qui è che il primo utilizzo di armi nucleari potrebbe servire a “scalare” un conflitto convenzionale in termini favorevoli alla Russia.
Il tintinnio di sciabole russo ha certamente contribuito a iniettare un alto grado di cautela nella risposta dell’Occidente, rallentando la sua fornitura di armi tanto necessarie all’Ucraina e limitando le forze ucraine dal loro utilizzo all’interno della Russia o contro determinati obiettivi russi.
Anna Lotti
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