«Ieri il mio bambino è morto – per tre giorni e tre notti ho cercato di strappare alla morte la sua piccola, tenera vita, per quaranta ore sono rimasta al suo capezzale mentre l’influenza scuoteva quel corpicino che bruciava di febbre..».
Inizia così la lettera che un brillante e noto romanziere viennese, di cui conosciamo solo l’iniziale del nome (R.), riceve la mattina del suo compleanno nella sua dimora.
«Adesso mi sei rimasto solo tu al mondo, solo tu che di me nulla sai».
Quando lui aprirà quella lettera anche lei sarà già morta e in virtù di questo lei troverà il coraggio per rivelargli la storia intima e segreta della sua vita, totalmente devota a lui, senza che lui se ne accorgesse mai.
Un sentimento che nasce quando Lei ha tredici anni e che non cessa di smettere per tutto il corso della sua vita. Al contrario questa forza inconsapevole e apparentemente adolescenziale che la paralizza e la domina si trasforma e matura in tutta la sua potenza totalizzante e pervasiva, sfociando nella assoluta devozione e sottomissione.
Nell’attesa disperata di essere riconosciuta almeno una volta, la donna conduce la propria vita direzionando i propri sforzi sia verso il figlio che verso quell’amore, quel motore sentimentale e univoco, che lo scrittore viennese, a sua insaputa, riesce a provocare.
Più di una volta nella lettera la donna ci ricorda del suo figlio morto, con poche parole ci guida verso il limitare dell’abisso più tetro e disperato senza mai farci sprofondare con lei.
Il solo richiamare l’immagine del bambino morto nella sua culla, a pochi metri da lei, basta per evocare il più tetro dei dolori; il dolore di una madre che ha perso un figlio. E così la morte della sconosciuta non appare come un punto di arrivo per raggiungere la pace, bensì sembra più rappresentare la fine della sofferenza.
Ormai sola si aggrappa alla sua verità più profonda, a quell’uomo che ha schiavizzato il suo amore, per raccontare con cruda poesia l’essenza di quello che rimane. Il ritratto di una donna viva che si lascia consumare consapevolmente nel corso della propria vita.
Nel finale lo scrittore R. si lascia pervadere da una strana percezione che sfiora empaticamente e impercettibile la vita della sconosciuta senza mai raggiungerla: «Percepì una morte e un amore immortale: qualcosa gli si spezzò nel profondo dell’anima e, per la creatura invisIbile, egli ebbe un pensiero incorporeo e appassionato come per una musica lontana».
Perché in fondo, spesso, le vite degli altri ci appaiono come musiche lontane e persi nel nostro centro diventiamo sordi al suono delle altre esistenze.
Un libro schietto e sincero, Lettera di una sconosciuta, che racconta una delle innumerevoli possibilità del vivere, dove lo scrittore, Stefan Zweig, mai si lascia tentare dal giudizio personale e mai dimentica che in ogni persona esiste sempre spazio per la poesia.
Ringrazio per la traduzione Ada Vigliani.
Simone Lentini
Lettera di una sconosciuta
Stefan Zweig
Traduttore: A. Vigliani
Editore: Adelphi
Collana: Piccola biblioteca Adelphi
Anno edizione: 2009
Pagine: 83 p., Brossura
EAN: 9788845924460