Kenya. Calma piatta

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KENYA – Nairobi. Il giorno dopo le elezioni del 4 marzo, il Paese vive in un clima di calma apparente e di attesa surreale. Il sentimento che anima maggiormente il cuore dei keniani è la paura che si riaffacci sulla situazione politica interna un alone di violenza come è stato nel 2008.

In effetti, le violenze post elettorali che avevano seguito le elezioni della fine del 2007 avevano portato ad un sanguinoso 2008. In particolare, la contestata elezione di Mwai Kibaki contro Raila Odinga aveva causato la morte di 1200 persone in un anno e la migrazione di 600mila keniani all’interno e all’esterno del Paese.

Nel 2008 la vittoria alla presidenza si era giocata ad un centinaio di migliaia di voti e il conflitto etnico aveva mietuto le vittime in seno ad un conflitto essenzialmente inter-etnico. Solo l’intervento politico di Washington e della sua diplomazia aveva permesso un ritorno alla calma e la creazione di un governo espressione di ambedue gli schieramenti. Ad oggi, si ha di nuovo paura che gli scontri possano ripetersi e le diplomazie occidentali in parte non migliorano la situazione.

In effetti, il candidato del partito dell’ormai ex presidente Kibaki, Uhuru Kenyatta (figlio del padre dell’indipendenza keniana ed ex ministro delle finanze) e il suo candidato vice, William Ruto, nonostante siano dati favoriti, sono stati anche accusati dalla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità. Queste accuse sono legate proprio alle violenze inter-etniche del 2008 che i due candidati avrebbero fomentato.

Malgrado siano dati per favoriti, Kenyatta e Ruto hanno contro di loro un avversario che ha un sostegno non da poco. In effetti, Raila Odinga ha incassato il supporto dell’ex colonizzatore, la Gran Bretagna. In un comunicato confidenziale al suo ministro degli affari esteri e al ministro per lo sviluppo internazionale, l’Alto rappresentante del governo britannico presso il governo keniano, Christin Turner, ha espresso la necessità di sostenere Odinga. Secondo la Turner Kenyatta e Ruto, per accusati dalla CPI, dovrebbero essere messi da parte e Odinga spalleggiato per la sua elezione. Anzi, la rappresentante britannica in Kenya ha indicato di imporre delle sanzioni, o almeno dei comunicati dai toni duri, nei confronti di Kenyatta e Ruto e proporre ai colleghi francesi e tedeschi in primis di fare lo stesso.

I motivi di queste azioni sarebbero semplici. In primo luogo perché l’Unione Europea ha intenzione di limitare maggiormente le proprie relazioni con le persone accusate dalla CPI. Questo avverrebbe nonostante il processo ai due candidati inizi il 10 aprile prossimo. In secondo luogo, e forse ancor di più, perché la Gran Bretagna avrebbe già degli accordi commerciali in Kenya che verrebbero rispettati e implementati con Odinga. Si tratterebbe quindi di un sostegno politico e commerciale per le aziende britanniche.

Il 4 marzo, 14 milioni di elettori si sono recati alle urne e bisognerà aspettare i risultati e soprattutto le indicazioni degli osservatori internazionali. Di fatto però i due candidati hanno già affermato che avrebbero accettato la sconfitta, qualora questa si realizzasse, senza volontà di rivincita. Bisognerà capire se la spinosa questione etnica sarà superata, nonostante nella notte tra il 4 e il 5 marzo già si contano 17 morti.