Uno dei suoi primi obiettivi politico economici di Donald Trump saranno i BRICS, che stanno riflettendo sulla creazione di una valuta per rivaleggiare con il predominio del dollaro statunitense.
Le minacce di Trump di tariffe del 200% e un divieto totale sui mercati statunitensi per qualsiasi nazione BRICS che tenti la de-dollarizzazione hanno riacceso i dibattiti sul futuro della supremazia del dollaro, riporta AT.
A prima vista, la difesa intransigente del dollaro da parte di Trump sembrerebbe rafforzare la sua posizione di valuta di riserva globale, un ruolo che ha ricoperto sin dalla Seconda guerra mondiale.
Ma uno sguardo più attento suggerisce che queste tattiche potrebbero ritorcersi contro Trump e gli Usa, spingendo paesi come la Cina ad accelerare gli sforzi per ridurre la loro dipendenza e le loro partecipazioni in dollari. Già diffidente nei confronti della volontà di Washington di usare il dollaro come arma geopolitica, la Cina ha trascorso l’ultimo decennio a gettare le basi per un futuro finanziario alternativo.
Pechino ha promosso aggressivamente l’uso internazionale del suo yuan attraverso accordi commerciali bilaterali e partnership ampliate nell’ambito della Belt and Road Initiative; inoltre, la banca centrale cinese ha diversificato le sue riserve estere, passando dagli asset denominati in dollari all’oro e ad altre valute.
Per Pechino, la retorica di Trump non è un deterrente, è un invito all’azione. La preferenza di Trump per tariffe e sanzioni come strumenti di diplomazia economica ha già avuto conseguenze indesiderate, durante il suo primo mandato.
L’uso aggressivo di queste misure nel corso degli anni ha accresciuto la sfiducia tra i partner commerciali e gli avversari dell’America. Trasformando il dollaro in un’arma, gli Stati Uniti spingono inavvertitamente le nazioni a cercare alternative.
Cina e Russia, spesso bersaglio delle sanzioni americane, sono state in prima linea in questo cambiamento: hanno firmato accordi per commerciare in valute locali e intensificato la cooperazione all’interno di forum come i BRICS. Queste mosse potrebbero intaccare il predominio del dollaro.
La creazione di una valuta BRICS, sebbene sia ancora una proposta lontana e logisticamente impegnativa, è emblematica di un ampio desiderio collettivo di costruire sistemi finanziari meno suscettibili all’influenza americana.
Le minacce di Trump potrebbero bloccare o complicare tali sforzi nel breve termine, ma convalidano anche i timori che guidano queste iniziative, ovvero che gli Stati Uniti esercitino il loro potere economico con scarsa considerazione per la stabilità a lungo termine dell’ordine finanziario globale.
Per la Cina, si tratta di garantire la sua posizione di superpotenza globale. Un sistema finanziario multipolare ridurrebbe la sua vulnerabilità alla pressione economica degli Stati Uniti, dando a Pechino maggiore libertà di perseguire i suoi obiettivi strategici.
L’esperimento cinese sullo yuan digitale, il progetto di valuta digitale della banca centrale più avanzato al mondo, fa parte di questa ambizione più ampia. Se avrà successo, potrebbe offrire un’alternativa ai sistemi di pagamento transfrontalieri dominati dal dollaro, in particolare nei mercati emergenti.
L’ironia della strategia di Trump è che accelera proprio le tendenze che lui sta presumibilmente cercando di combattere. Raddoppiando tariffe e sanzioni, rafforza la percezione che gli Stati Uniti siano un amministratore inaffidabile del sistema finanziario globale.
Questa percezione non riguarda solo avversari come Cina e Russia; risuona anche con gli alleati in Europa e Asia, molti dei quali hanno espresso preoccupazioni circa l’eccessiva dipendenza dal dollaro. Sforzi come la spinta dell’Unione Europea per un maggiore utilizzo dell’euro nel commercio energetico sono una testimonianza di questo crescente disagio.
Lucia Giannini
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