ALBANIA. Polizia al campo dei rifugiati iraniani del MEK

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Di grande rilevanza è stato “l’attacco” del 20 giugno al campo MEK dei rifugiati iraniani, poiché l’opposizione albanese l’ha definito come «un brutto crimine e una flagrante violazione di tutte le leggi e convenzioni», ma l’operazione è stata difesa poiché se ci sono sospetti di violazione dell’ordine politico, non c’è bisogno di ottenere il permesso dall’Onu per intervenire. Anche il Dipartimento di Stato USA dichiara di aver sostenuto l’azione della polizia albanese su un controllo condotto nel campo, dove sono ospitati circa 3.000 membri. La polizia si è mossa su mandato di un tribunale albanese, per adempiere a una decisione della SPAK, Speciale Struttura Anticorruzione, considerando anche la nota verbale dell’Iran inviata alla ricerca di terroristi. Si sono verificati scontri con la polizia e diversi feriti, con sequestro di computer e documenti.

La Polizia di Stato, con oltre 1000 agenti, ha compiuto un’azione nel campo del MEK a Manez, nei pressi di Durazzo, una piccola cittadina collinare a 30 chilometri a ovest della capitale Tirana, dove è stata accompagnata da forti tensioni e contrarietà da parte degli iraniani ad effettuare i controlli. Il gruppo di opposizione in esilio Mojahedin-e-Khalq (MEK) afferma che gli agenti hanno fatto irruzione nel centro di esilio del gruppo, Camp Ashraf, con una mossa inaspettata. Una persona ha perso la vita ma secondo le ricostruzioni sarebbe deceduta prima e non a causa degli scontri con la polizia. Il gruppo ha affermato che l’attacco è stato istigato dal regime iraniano. Secondo i media locali albanesi, il raid è stato effettuato a seguito di una decisione dell’organizzazione nazionale del Tribunale speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata (GJKKO) nei campi di Ashraf 3 e 4, dove il gruppo è in esilio dal 2014, stabilendosi in Albania per scopi umanitari.

Inizialmente, si riteneva che i sospetti autori degli attacchi informatici fossero infiltrati del regime della Repubblica islamica, e di vari reati fra cui “Provocazione di guerra”. I leader del campo avevano riferito in diverse occasioni di sospettare che tra loro ci fossero infiltrati del regime. La polizia ha anche affermato che l’operazione ha fatto seguito a una richiesta da parte dell’organizzazione di permessi per un evento all’interno del campo il 1 luglio come misura per prevenire eventuali rischi. L’incidente è avvenuto a ridosso della decisione della Francia di vietare un imminente raduno del MEK per il rischio di un attacco. I pubblici ministeri albanesi hanno anche incriminato sei membri del MEK in seguito agli scontri. Durante le loro perquisizioni sono stati sequestrati circa 100 computer oltre a documenti che, al momento dell’operazione, i membri del MEK hanno cercato di bruciare. Comunque, questo non è stato il primo controllo nel campo, poiché un anno fa è stato controllato per stupefacenti, ma l’operazione è avvenuta senza conseguenze.

Il MEK ha affermato che le azioni della polizia albanese «ricordavano gli attacchi criminali delle forze di Nouri al-Maliki (ex primo ministro iracheno) all’originale campo di Ashraf in Iraq tra 2009 e 2015.» Il complesso in Albania è la prima casa del MEK fuori dal Medio Oriente istituita pochi anni dopo il massacro del 2013 nel campo originale in Iraq in cui morirono 52 membri e sette dispersi, portando al trasferimento del gruppo. L’attacco contro il quartier generale de facto del MEK è avvenuto circa un mese dopo che il gruppo di attivisti informatici Uprising till Overthrow, affiliato al MEK, ha violato 120 server dell’ufficio presidenziale iraniano, ottenendo l’accesso a comunicazioni interne, verbali di riunioni e perdite di informazioni riservate e dati. Dalle indagini finora svolte e dai dati riferiti dalla polizia giudiziaria, emerge che sussistono dubbi sul fatto che membri dell’organizzazione MEK siano coinvolti nell’attività criminale di finanziamento del terrorismo. La segnalazione è stata ricevuta dalla Computer Crime Investigation Unit. Sono stati monitorati anche i dati pubblicati sul social Telegram dal gruppo cosiddetto “JusticeHomeland”, in cui erano presenti messaggi minacciosi contro l’Albania perché “non sta fermando l’attività terroristica del MEK.

La vicenda si è trasformata in un caso politico ed è stata subito strumentalizzata. L’ex primo ministro Sali Berisha ha reagito all’”attacco” al campo del MEK, definendolo «un brutto crimine e una flagrante violazione di tutte le leggi e convenzioni del paese, della tradizione albanese e dell’obbligo derivante da questa tradizione come paese ospitante. Condanno con la massima severità il terrore fisico e psicologico a tutto tondo esercitato contro i Mujaheddin.» Ha affermato che la polizia non ha tenuto alcuna registrazione dei documenti e degli oggetti confiscati nel campo, e che l’accusa era basata interamente su calunnie, fabbricazioni dei servizi degli ayatollah ai combattenti per la libertà. Anche secondo l’ex presidente Ilir Meta, l’azione della polizia ha uno sfondo politico, poiché questa azione non ha servito l’immagine del Paese e non c’è completa trasparenza e che è stata condotta sulla base delle affermazioni del regime iraniano nella presunta attività contro questo regime.

Anche l’Iran dal canto suo è intervenuto nella vicenda. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kana’ani, ha reagito in relazione ai disordini avvenuti nel campo, dove ha affermato che i mojahedin saranno sempre una minaccia per la sicurezza dell’Albania, descrivendoli come terroristi, sostenendo che questo è stato anche il motivo per cui il governo li ha espulsi e altri governi si sono rifiutati di accettarli, chiedendo all’Albania di prendere sul serio la minaccia: «Speriamo che il governo albanese corregga il suo errore nell’accogliere questi terroristi. Il MEK è un’organizzazione terroristica». Pure il vicepresidente iraniano per gli affari legali, Mohammad Dehghan, ha affermato che sono in corso misure legali in coordinamento con i ministeri dell’intelligence e degli affari esteri, nonché con la magistratura per restituire “gli ipocriti” all’Iran. Anche il Dipartimento di Stato americano ha sostenuto l’azione della polizia albanese, quando ha condotto controlli nel campo. Nell’annuncio del Dipartimento, c’è un elemento importante che loro stessi violano i diritti umani. Anche questo dovrebbe far parte dell’indagine delle Nazioni Unite.

Il campo profughi non può essere utilizzato per negare i diritti delle persone che non sono d’accordo. Deve essere un campo che rispetti tutte le libertà e i diritti dei residenti del campo. Inoltre, ha affermato di non considerare il MEK un «movimento di opposizione democratica sostenibile che rappresenta il popolo iraniano» e ha sottolineato che gli Stati Uniti non contribuiscono al finanziamento del MEK e non forniscono alcun sostegno o formazione per i membri di questa organizzazione. Infine, un collettivo di gruppi di opposizione repubblicani iraniani (l’Unione per la Repubblica Secolare e i Diritti Umani in Iran) ha chiesto un’indagine sul raid della polizia albanese nel centro, in particolare un’indagine internazionale supervisionata dalle Nazioni Unite. La coalizione ha espresso preoccupazione per la possibile cooperazione dei paesi europei con la Repubblica islamica in cambio di concessioni da parte del regime, affermando che l’attacco alla township del MEK è in linea con gli intensificati sforzi dell’Iran per soffocare le voci di dissenso all’interno del Paese e all’estero. Il gruppo ha affermato che questa tendenza è comprovata dallo scambio di prigionieri tra Iran e Belgio che ha portato al rilascio di un diplomatico iraniano condannato per terrorismo in cambio di quattro cittadini europei tenuti in ostaggio dal regime.

Osservando i pregressi con l’Iran, nel settembre 2022, l’Albania ha interrotto le sue relazioni con la Repubblica islamica ed ha espulso tutti i diplomatici e il personale dell’ambasciata iraniani a seguito di un’indagine su un attacco informatico su larga scala che ha preso di mira le infrastrutture del paese a luglio, che hanno minacciato di paralizzare i servizi pubblici, cancellare i sistemi digitali e hackerare i registri statali, rubare le comunicazioni elettroniche dell’intranet del governo e provocare il caos e l’insicurezza nel paese. L’attacco è avvenuto nel periodo di una conferenza tenuta dal MEK. All’inizio di agosto, la società di sicurezza informatica Mandiant ha espresso “moderata fiducia” che gli aggressori stessero agendo a sostegno degli sforzi di Teheran per interrompere la conferenza del MEK, anch’essa annullata a causa di una minaccia terroristica.

L’accordo sul portare i MEK in Albania ha iniziato la sua attuazione durante il governo precedente, proprio quando era premier Berisha che fece diverse richiesta, poi accolte, al DASH: quella di essere rimossi dall’elenco dei gruppi terroristici, perché elencati come gruppi terroristici; quelli in Albania passassero sotto l’egida delle Nazioni Unite, e di godere di tutti i diritti dei rifugiati definiti dalle convenzioni internazionali e della loro protezione. In quel periodo, non c’era alcuna disposizione per allestire un campo, ma vi era un’altra alternativa, ossia affittare appartamenti in diverse zone di Tirana e assisterli nella loro vita normale. Un’altra richiesta era che nessuna attività potesse essere svolta sul territorio dell’Albania a scapito di un altro Paese.

Proprio in virtù di ciò si è fatta la perquisizione, necessaria per trovare server o altre apparecchiature informatiche, poiché l’Ufficio del Procuratore Speciale contro la Criminalità Organizzata e la Corruzione sospetta che i MEK abbiano utilizzato il territorio albanese per compiere attacchi informatici contro la Repubblica islamica dell’Iran, in diversi periodi di tempo, nonché contro diverse istituzioni nello stato iraniano. Erano stati etichettati come gruppo terroristico e non potevano accettare che le azioni armate avviate dal territorio albanese fossero condotte dal gruppo dei mojahedin del popolo. Hanno comprato il terreno a Manz e il premier Rama ha firmato il permesso di costruzione per il loro accampamento. Il finanziamento del MEK è incerto, forse dall’Arabia Saudita.

Paolo Romano

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