SIRIA. Daraa e Deir ez Zor in rivolta e Daesh torna prepotente

187

Lo scoppio della guerra nel nord-est siriano ha oscurato le dinamiche di quasi tutte le aree a rischio del paese che al momento, almeno ufficialmente, vengono definite come stabili. Da alcuni giorni a questa parte le notizie dalla Siria sono monopolizzate dal triangolo composto dalle forze armate di Damasco, quelle turche e quelle curde, lasciando molti dubbi su cosa avverrà dei due distretti più prossimi alla sommossa popolare che sono Daraa e Deir Ez Zor. Le storie recenti di queste due aree sono molto differenti ma, almeno nei tratti generali, accomunabili quando si mettono in risalto alcuni fattori che interessano entrambe. 

Innanzitutto cominciamo col notare che sono entrambe zone dove la presenza dell’esercito siriano – SAA è vista con astio dalla popolazione. Per ragioni diverse: a Daraa il SAA è l’emblema delle promesse mancate da parte del governo di Damasco a seguito della riconciliazione avvenuta nell’ottobre 2018, mentre a Deir Ez Zor, lato orientale dell’Eufrate, il SAA è la mano armata che vuole espropriare le risorse naturali e le vie commerciali ai locali per asservire i progetti geopolitici dell’Iran. 

Il governo di Damasco ha più volte sottovalutato le prevedibili conseguenze delle imposizioni sulle popolazioni di Daraa, Quneitra e Sweida quando (1) ha instaurato un regime poliziesco che permetteva, e permette tuttora, ai servizi di sicurezza di arrestare giovani per l’arruolamento forzato, (2) ha mancato i pagamenti delle indennità ai reduci di guerra, (3) ha coperto l’uccisione di molti giovani perpetrate dalle sue stesse forze armate, spesso per divertimento o lotte interne fra polizia, servizi di sicurezza e fazioni del SAA. Infine ricordiamo che, mentre le popolazioni dell’area di Idlib stanno ricevendo aiuti alimentari grazie alla cooperazione con i russi, non si può dire lo stesso per quelle a sud di Damasco dove l’aumento del prezzo del latte in polvere, per esempio, fu una delle scintille della rivolta del 2011.

A Deir Ez Zor, il SAA non ha mai smesso di coprire il contrabbando di greggio che, una volta estratto presso i giacimenti di Al Omar, viene passato alle aree sotto il controllo di Damasco ad ovest dell’Eufrate. Sappiamo che tale commercio non si è interrotto nemmeno quando Daesh controllava l’area. La parte orientale del distretto di Deir Ez Zor veniva controllata, fino al recente ritiro degli USA dalla Siria, dalle Syrian Democratic Forces – SDF curde alleate con la Coalizione internazionale a guida americana che giustificava la sua presenza in funzione delle lotta contro le cellule dormienti di Daesh. A questo si unisce il problema della presenza iraniana. L’Iran cerca di stabilire mercati affiliati sia in Iraq che in Siria dove trova il favore della politica nazionale (in particolare in Siria). Si tratta della cosiddetta linea Teheran-Damasco-Baniyas-Beirut, rotta commerciale che ha come punti caldi le dogane di Khanaqin, fra Iraq ed Iran, ed Al Bukamal, fra Iraq e Siria. In un’area a prevalenza sunnita, come il distretto di Deir Ez Zor, l’Iran non riesce a far valere il suo dispositivo militare in loco, composto prevalentemente da milizie, con quartieri generali ad Al Bukamal e Mayadin. Riesce nel suo intento quando trova l’appoggio del SAA ed ora anche dei russi ma evidentemente a discapito delle SDF che rappresentando anche l’ordine amministrativo dell’area dovrebbero farsi portavoce delle istanze della popolazione. 

Il secondo aspetto che accomuna Daraa e Deir Ez Zor è Daesh. Lo Stato Islamico, al netto delle affermazioni sensazionalistiche del presidente americano Donald Trump, non ha mai lasciato le aree nel sud della Siria, della Badiyah siriana e della valle dell’Eufrate fra Deir Ez Zor ed Al Bukamal e lungo tutto il corso del fiume Al Khabour fino ad Ash Shaddadi, al campo profughi di Arisha e più a nord fino ad Al Hul. 

Appare evidente che la guerra scatenata dalla Turchia non ha fatto altro che aprire il vaso di Pandora per queste aree. Daesh ha organizzato a Daraa attentati contro convogli del SAA in più di un occasione uccidendo fra gli altri ufficiali siriani, ufficiali russi e colpendo basi militari fra Daraa e Sweida. Per quanto riguarda Deir Ez Zor la presenza di Daesh sta nei numeri impietosamente vistosi del numero di attentati, di morti e di feriti, che vengono rivendicati dalle agenzie stampa dello Stato Islamico e quasi sempre confermati dalla stampa locale. Daesh si fa anche portavoce delle istanze della popolazione, quasi a coprire il vuoto lasciato dall’Amministrazione autonoma – AANES curda. Qui vale la pena di ricordare la riscossione della Zakat nelle aree di Dhibban ed Al Busayrah, nonché il sostegno economico alle famiglie affiliate nei campi profughi e l’istituzione di tribunali di Shari’a segreti. 

Nel contempo a Deir Ez Zor, la guerra ha impossibilitato i curdi ha mantenere i due servizi essenziali che fornivano alla cittadinanza ossia la lotta a Daesh, portata avanti soprattutto dai reparti anti-terrorismo – HAT delle SDF, e l’imposizione di limitazione al controllo territoriale del SAA. La pazienza delle tribù locali si era grossomodo mantenuta salda fino al 30 settembre scorso quando era arrivata la notizia che i Consigli civile e militare di Deir Ez Zor (amministrati dai curdi) si erano incontrati con uomini d’affari del Qatirji Group, portatori delle istanze commerciali di Teheran e Damasco, e da quel giorno non solo le SDF hanno mostrato di voler difendere il SAA anche ad est dell’Eufrate ma di voler regolarizzare, con Damasco, il commercio del petrolio tramite quegli stessi negoziatori, della famiglia Al Qatirji, che avevano trattato gli affari fra Damasco e Daesh fino al 2017. Questo ha portato a continue manifestazioni popolari che si sono palesate per tre venerdì consecutivi di fronte al posto di blocco del SAA a Salihiyah, in un momento in cui le SDF non possono fare più a meno della protezione del SAA avendo spostato le milizie curde a nord, ecco che la popolazione non vuole saperne ne di siriani, ne di russi, ne di iraniani e arriva a scrivere, a chiare lettere ed in tre lingue: francese, inglese ed arabo, sui cartelli i suoi messaggi contro Vladimir Putin e Bashar Al Assad. 

Daesh non avrà forse un momento migliore, in Siria, per rilanciarsi territorialmente sull’Eufrate, i suoi adepti sono liberi dai campi profughi o si stanno per liberare e non c’è una vera forza anti-terrorismo a contrastarli. Uno scenario, questo, che in molti avevano preannunciato e che ad oggi è molto vicino a diventare realtà. 

Redazione