Gli sforzi della Cina per indebolire i rivali e diffondere la sua influenza in Europa assomigliano molto a simili mosse russe, secondo il comandante in capo della Marina Militare in Europa e in Africa: «Abbiamo visto una Russia più aggressiva prendere illegalmente il territorio di paesi sovrani, condurre operazioni cibernetiche contro molti paesi, intromettersi nella politica interna in tutta l’Alleanza, militarizzare il Mar Baltico e il Mar Nero e ora l’Artico … il tutto mentre minacciava di limitare l’accesso alla rotta del Mare del Nord», ha detto l’ammiraglio James Foggo, capo delle forze navali americane Europa-Africa, ad un recente evento presso l’Istituto di Studi Strategici Usa, ripreso da Business Insider.
«Questo è ciò che la Cina ha fatto nel Pacifico e potrebbe cercare di fare in Europa e in Africa (…) Direi che la Cina sta già facendo un po’ di questo in Africa e si sta posizionando abbastanza bene per fare lo stesso in Europa».
C’è una crescente preoccupazione all’interno della Nato e tra i Paesi europei per l’attività cinese nella regione. Il vertice dei leader della Nato di dicembre 2019 ha incluso la Cina come punto di discussione per la prima volta. Nella dichiarazione congiunta finale si legge: «La crescente influenza della Cina e le politiche internazionali presentano sia opportunità che sfide che dobbiamo affrontare insieme come Alleanza».
Foggo ha toccato diverse delle principali questioni che hanno destato preoccupazione in Europa: la tecnologia delle telecomunicazioni 5G, che ha definito “un cavallo di Troia”; gli ampi investimenti nelle infrastrutture portuali europee; e l’iniziativa Belt and Road, attraverso la quale la Cina ha investito in molti Paesi europei. Il controllo cinese dei porti, come il Pireo in Grecia, è particolarmente preoccupante, in quanto potrebbe ostacolare la risposta alla crisi.
Inoltre, Foggo ha toccato anche l’Africa, definendo la presenza cinese “inquietante”: «La Cina impiega una strategia a lungo termine guidata dallo stato per le aspirazioni economiche e militari».
In Africa, ha poi aggiunto, «Abbiamo visto enormi investimenti in quel Paese, ma in termini cinesi. Portano la loro struttura di supporto e i loro lavoratori», ha aggiunto Foggo, puntando l’attenzione sulla base cinese di Gibuti in Africa orientale. Foggo ha contrapposto gli investimenti statunitensi nell’economia di Gibuti, per un totale di circa l’8,5% del Pil del Paese, con la spesa cinese: «I cinesi non sono concentrati sul miglioramento delle economie locali. Quando i governi locali non possono rimborsare i prestiti, fanno scattare la trappola del debito», come è accaduto in Sri Lanka.
«Questa è una preoccupazione per noi perché potremmo vedere i porti cinesi o influenzati rifiutare di fornire servizi alla Marina degli Stati Uniti o alle nazioni della Nato in futuro», ha detto l’Ammiraglio.
Tommaso dal Passo