
Il 16 gennaio la Turchia si è avvicinata a una possibile resa dei conti con gli altri membri della Nato sui piani di ammissione di Svezia e Finlandia nell’Alleanza, dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha chiesto ai Paesi nordici di arrestare e estradare circa 130 “terroristi” nel suo Paese prima che Ankara approvi le loro richieste di adesione al blocco militare.
La Svezia, in particolare, ha fatto presente a Erdogan che le persone indicate da Ankara come ricercate non possono essere semplicemente estradate in Turchia, poiché le estradizioni sono di competenza di tribunali indipendenti, riporta BneIntellinews.
Ma nei commenti rilasciati nella tarda serata del 15 gennaio, riporta Reuters, Erdogan ha indicato di non essere disposto ad accettare tale ragionamento, affermando, in riferimento a una conferenza stampa congiunta tenuta con il primo Ministro svedese Ulf Kristersson lo scorso novembre: «Abbiamo detto: “Se non ci consegnate i vostri terroristi, non possiamo comunque far passare il provvedimento attraverso il Parlamento”», facendo riferimento alla ratifica parlamentare turca dell’ammissione dei due paesi alla Nato.
E ha aggiunto: «Per far sì che passi in parlamento, prima di tutto dovete consegnarci più di 100, circa 130 di questi terroristi».
Erdogan sostiene che in Svezia, e in misura minore in Finlandia, ci sono terroristi curdi e individui associati alla rete gulenista accusata da Ankara del fallito tentativo di colpo di Stato del 2016 contro il presidente turco.
Le elezioni in Turchia si terranno al più tardi a giugno di quest’anno ed Erdogan potrebbe considerare la sua dura posizione sulle estradizioni richieste come una politica in grado di consolidare il suo voto di base. Una sua vittoria sembra più certa dopo che il sindaco di Istanbul, Ekrem Imamoglu, è stato condannato per diffamazione e bandito dalla politica per due anni.
Valutando le ultime parole di Erdogan sulla possibilità che la Turchia blocchi unilateralmente l’espansione della Nato, i politici finlandesi hanno visto la sua richiesta come una risposta rabbiosa a un incidente avvenuto la settimana scorsa a Stoccolma, dove un’effigie del leader turco è stata impiccata durante una protesta di un gruppo curdo con sede nella capitale svedese: «Credo che questa sia stata una reazione agli eventi dei giorni scorsi», ha dichiarato il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto riporta Yle.
In risposta all’incidente di Stoccolma, la Turchia ha annullato la prevista visita del 16 gennaio ad Ankara dello speaker del Parlamento svedese, Andreas Norlen, che si è invece recato a Helsinki.
«Sottolineiamo che in Finlandia e in Svezia c’è libertà di espressione. Non possiamo controllarla», ha dichiarato lo speaker del parlamento finlandese, Matti Vanhanen, durante una conferenza stampa congiunta con Norlen, riporta Reuters.
Il 16 gennaio, un procuratore svedese ha dichiarato che non ci sarà alcuna indagine formale sulla manifestazione del gruppo curdo a Stoccolma, in cui l’effigie di Erdogan a grandezza naturale è stata appesa per i piedi a un lampione, facendo riferimento agli eventi successivi all’esecuzione del dittatore fascista italiano Benito Mussolini, come riportato da Aftonbladet:«Ho ricevuto la denuncia come diffamazione, ma non ho pensato che potesse equivalere a diffamazione. Pertanto, ho deciso di non avviare un’indagine preliminare», ha dichiarato il procuratore Lucas Eriksson al quotidiano.
Sempre il 16 gennaio, Hulusi Akar, generale a quattro stelle già alla guida delle forze armate turche ed oggi ministro della Difesa turca, ha dichiarato al Financial Times: «Sosteniamo pienamente la politica delle porte aperte della Nato. Così come rispettiamo il desiderio dei candidati di diventare membri, essi devono rispettare le nostre preoccupazioni in materia di sicurezza. Vogliamo che questo problema sia risolto, ma non possiamo fare nulla. Aspettiamo che Svezia e Finlandia completino il loro lavoro e risolvano il problema».
Akar ha anche difeso l’approccio della Turchia alla Russia nei suoi commenti al quotidiano britannico. Ankara non ha aderito alle sanzioni occidentali contro Mosca e ha persino incrementato gli scambi commerciali con la Russia dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina alla fine di febbraio dello scorso anno. Erdogan, che mantiene legami amichevoli sia con il Cremlino che con Kiev, sostenendo di poter fungere da mediatore affidabile per portare la pace in Ucraina, parla spesso al telefono con Vladimir Putin, come ha fatto il 16 gennaio. Akar ha detto: «Qualcuno deve parlare con la Russia … senza questo dialogo ci sarebbe una situazione di stallo. Ci aspettiamo che l’Occidente ringrazi il nostro Presidente».
Lucia Giannini