Aumenta la crisi umanitaria in Turchia che domenica ha chiuso le frontiere al confine con la Siria. L’aumento del numero dei siriani che cercano rifugio dalla violenza ha spinto il governo turco a fermare il flusso di rifugiati in due valichi di frontiera. La chiusura ha lasciato più di 7.000 rifugiati bloccati tra gli oliveti in territorio siriano.
Oramai i siriani in territorio turco sono più di 80.000, quasi il doppio del numero di un mese fa, i funzionari hanno avvertito che il paese si sta rapidamente avvicinando al punto di saturazione. Questo potrebbe innescare una richiesta di sostegno alle Nazioni Unite per la creazione di una qualche forma di rifugio protetto a livello internazionale che permetta ai rifugiati di rimanere in Siria.
La Turchia non ha deciso come affrontare il continuo flusso di rifugiati che secondo un funzionario del governo Turco: «Sta diventando un fardello enorme. Questo potrebbe diventare un grosso problema, e dobbiamo pensare a qualsiasi tipo di evenienza».
Ma a quanto pare gli Stati Uniti sono riluttanti ad un intervento o coinvolgimento in quello che potrebbe rivelarsi una guerra costosa e inarrestabile, che rischierebbe di inghiottendo la regione. I funzionari degli Stati Uniti dicono che stanno monitorando la situazione in continua evoluzione e stanno discutendo varie opzioni, tra cui l’imposizione di una no-fly zone nel nord della Siria, in grado di alleviare il carico della Turchia in materia di rifugiati.
Ma anche se i funzionari turchi hanno fatto pressioni degli Stati Uniti a muoversi verso una qualche forma di intervento perché “non vogliono più rifugiati,” gli Stati Uniti non sono convinti che la creazione di qualsiasi forma di zona cuscinetto funzionerebbe per proteggere i rifugiati o accelerare la fine del regime, secondo un alto funzionario dell’amministrazione statunitense che ha parlato a condizione di anonimato a causa della delicatezza della questione.
Il numero di rifugiati ospitati in Paesi confinanti con la Siria ha già superato la proiezione di 185.000 persone secondo le Nazioni Unite, entro la fine dell’anno sforeranno le 200.000 persone e si riverseranno in Turchia, Iraq, Giordania e Libano. Il numero in Turchia è salito di 10.000 unità, secondo i dati del ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, che ha avvertito una settimana fa che la Turchia avrebbe chiesto l’intervento di attori internazionali se si arrivasse a 100.000 rifugiati. Gli ultimi arrivi suggeriscono che la soglia potrebbe essere raggiunta in poche settimane, se non giorni.