INDONESIA. L’esercito vuole tornare nell’agone politico

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Venti anni fa finiva la funzione politica dell’esercito indonesiano, spina dorsale del trentennale governo Suharto fin dalla fine degli anni Sessanta. Restava in piedi la sua influenza sul paese attraverso una struttura territoriale capillare e un’immagine pubblica di elevato livello.

Ora, riporta AT, è allo studio una revisione della legge sulle Forze armate indonesiane del 2004, che diluirebbe l’autorità del presidente sulle forze armate e consentirebbe a un maggior numero di ufficiali di prestare servizio nella burocrazia.

Questa proposta di modifica sta sollevando proteste politiche diffuse, a partire dal ministro della Difesa Prabowo Subianto, che non vede la necessità di modificare la legge vigente.

La “doppia funzione” politica e militare dell’esercito, Tni, in Indonesia fu introdotta per la prima volta durante la legge marziale nel 1957 e poi ampliata quando Suharto prese il potere un decennio dopo per includere «ogni sforzo e attività del popolo nei campi dell’ideologia, della politica e dell’economia e nel campo socio-culturale».

Da quel momento in poi i militari in servizio occuparono ruoli di rilievo nella burocrazia civile e nella pubblica amministrazione: nel 1980 erano 8.156 nel 1995 erano 6mila, i militari in tutti i livelli di governo, dai sindaci delle città e i governatori delle province agli ambasciatori, ai dirigenti delle imprese statali, ai giuristi, ai legislatori e ai ministri di governo.

Si ipotizza che la revisione della legge possa essere finanziata dalla polizia nazionale e al suo ruolo sempre dominante nel quadro della sicurezza.

Alla società civile non piace questa possibilità perché violerebbe la Costituzione tradendo la riforma.

Perché si andrebbe «indiscutibilmente contro il principio della supremazia civile che è fondamentale per il concetto di Stato democratico per quanto riguarda il mantenimento di relazioni civili-militari democratiche», riporta AT.

In base alla legge del 2002, gli ufficiali in servizio possono attualmente ricoprire incarichi in 10 diverse istituzioni, tra cui il ministero della Difesa, il ministero del Coordinamento Politico, l’Istituto Nazionale di Difesa, l’Agenzia Nazionale di Ricerca e Soccorso, le agenzie anti-narcotici e anti-terrorismo e la Corte Suprema.

Anche se i numeri variano, i portavoce militari hanno affermato che in passato ci sono circa 100 generali e più di 500 colonnelli che non hanno un incarico specifico; fatto che crea non poche tensioni.

Nel 2019, nell’ambito di una revisione dei 15 comandi regionali del Paese, Widodo ha autorizzato l’aggiornamento di molti dei comandi di tipo B allo status di tipo A, ma ciò ha creato solo una manciata di nuove posizioni per colonnelli e generali di brigata.

Ad oggi, la struttura territoriale pervasiva dell’esercito è rimasta in vigore, anche se sotto l’ombrello del ministero della Difesa, affermando che l’autorità di comando tendeva a distruggere la buona governance aziendale.

Negli anni successivi, le forze armate hanno mantenuto un profilo generalmente basso, fino a quando i successivi comandanti, prima il generale Moeldoko, ora capo di stato maggiore di Widodo, e poi il generale Gatot Nurmantyo, hanno iniziato a cercare un ruolo interno più ampio per le forze armate e a parlare apertamente delle proprie ambizioni presidenziali.

Nonostante tutto, però, l’esercito ha un’immagine pubblica di gran lunga migliore rispetto alla polizia nazionale, o a qualsiasi altra istituzione.

Un sondaggio di Kompas del febbraio 2023 le ha attribuito un indice di gradimento dell’86,5%, la Commissione anticorruzione è al 24%, la Corte costituzionale al 52%, la polizia al 50% e il Parlamento al 29%.

Tommaso Dal Passo

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