AFGHANISTAN. Per i talebani, Kabul non rispetta i patti: va attaccata

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Il fragile e lungo percorso verso la pace in Afghanistan, soprattutto in questi ultimi giorni, sembra stia subendo dei pericolosi contraccolpi. I recenti eventi, come l’attacco Istishaadi del 13 luglio 2020 dell’Emirato Islamico nella provincia di Samangan, rischiano di far arenare quel poco che già è stato fatto, nonostante i Talebani continuino ad affermare di esser intenzionati a rispettare l’Accordo di Doha e avviare al più presto le relazioni intra-afgane.

Il Chargé d’affaires statunitense, Ross Wilson, ha condannato l’attacco dell’Emirato; inoltre, il diplomatico Wilson ha esortato i Talebani a dimostrare il loro dichiarato impegno per la pace e a concentrarsi sui passi che porteranno tutte le parti al tavolo negoziale. Infine, Ross Wilson ha confermato anche la volontà degli USA a voler continuare a supportare il processo di rilascio e scambio di prigionieri tra l’amministrazione di Kabul e l’Emirato Islamico dell’Afghanistan, precondizione fondamentale per poter solo avviare un dialogo interno tra le parti.

Nella giornata del 14 luglio, undici tra soldati e poliziotti dell’amministrazione di Kabul, secondo quanto dichiara il Portavoce dell’Ufficio Politico dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan, sarebbero stati rilasciati dalle prigioni dei Talebani a Logar, Paktia e Paktika, confermando le loro buone intenzioni a perseguire gli obiettivi dell’Accordo di Doha, nonostante gli attacchi che perpetrano contro l’esercito afgano ogni giorno; il giorno successivo, L’Emirato Islamico dell’Afghanistan avrebbe rilasciato altri trenta soldati e poliziotti afgani, questa volta dalla prigione di Helmand.

Nel frattempo, il Presidente della Repubblica Islamica dell’Afghanistan, Ashraf Ghani, ha incontrato il Generale Kenneth McKenzie, comandante dell’US Central Command. L’incontro, secondo quanto riportano media afgani, si sarebbe concentrato sul processo di pace, sulla sicurezza nel Paese e sul continuo sostegno americano alle forze afgane contro l’Emirato Islamico dell’Afghanistan.

Sempre dalla stampa afgana, si viene a sapere che anche le posizioni di Jens Stoltenberg sui recenti sviluppi nel Paese. Secondo il Segretario Generale della NATO, il livello di violenza in Afghanistan, soprattutto a causa dei Talebani, sta minacciando la fiducia nel processo di pace: «È necessario» secondo Stoltenberg «che tutte le parti avviino al più preso i colloqui per portare il Paese fuori da un conflitto ventennale». Nel frattempo, gli alleati del Patto Atlantico continueranno a consultarsi per valutare la presenza sul campo al fine di supportare il processo di pace. La Nato, infatti, avrebbe circa 12.000 uomini sul campo, impiegate nell’ambito della missione Resolute Support. Si conta che più di 8.000 uomini siano stati impiegati dagli Stati Uniti d’America.

Il Portavoce del Capo del Pentagono, Jonathan Hoffman, avrebbe dichiarato che parte delle truppe statunitensi si sarebbero ritirate da cinque basi militari lasciandole agli afgani e che gli Usa avrebbero già ridotto le dimensioni delle loro forze in campo, sempre come parte dell’accordo raggiunto con i Talebani a febbraio a Doha. Tuttavia, Hoffman ha affermato anche che gli USA mantengono le proprie capacità per proteggere loro stessi e i loro partner internazionali, nonostante il ridimensionamento: «Gli Stati Uniti» continua Hoffman «continuano la propria lotta contro il terrorismo jihadista nel Paese, soprattutto contro lo Stato Islamico e al-Qaeda».

Redazione