Ue, giro di boa sull’Iva

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Si è aperta ieri la consultazione pubblica della Commissione europea sul regime dell’Iva negli Stati membri. Cittadini, imprenditori e portatori di interesse sono quindi chiamati ad esprimere la propria opinione sui sistemi d’imposta esistenti e sull’effetto di eventuali cambiamenti disegnati per rispondere alla realtà effettiva dei mercati europei.

Il progetto di reperimento dati, che resterà aperto fino al prossimo 3 gennaio, si inserisce nell’ampia revisione della politica fiscale e dei regimi d’imposta sul valore aggiunto, al fine di renderne più semplice l’applicazione. Va tuttavia evidenziato come in questa fase la Commissione stia solo reperendo dati utili ad elaborare la proposta di riduzione dei regimi dell’Iva che intende avanzare il prossimo anno.

La prima questione aperta sulla riduzione dell’imposta, riguarda il suo eventuale effetto distorsivo della competitività nel mercato interno. In secondo luogo, la comunità civile è chiamata ad esprimere la propria opinione sulla lista di beni e servizi, possibile oggetto della riduzione d’imposta, come accordata qualche anno fa dagli Stati membri, dunque bisognosa di una revisione alla luce dell’attuale contesto economico europeo.

Si presenta infine la tematica dell’eventuale contrasto della riduzione dell’Iva sulle categorie sensibili rispetto agli obiettivi politici europei nei domini dell’acqua, dell’energia, della gestione dei rifiuti, nonché dello sviluppo tecnologico.

 

Attualmente, in base alla direttiva Ue sull’Iva, gli Stati membri applicano un coefficiente standard con una soglia minima del 15%. Ad ogni modo, resta aperta come opzione l’applicabilità a livello nazionale di uno o due coefficienti ridotti, con soglia minima del 5%, per i beni ed i servizi presenti nell’allegato alla direttiva da interpretarsi in maniera restrittiva. Ne sono un esempio i generi alimentari, i medicinali e le attrezzature mediche per i disabili, l’editoria, il trasporto passeggeri, nonché l’accesso a teatri e musei. Sono inoltre riscontrabili deroghe all’applicazione di tassi zero o ridotti a beni o servizi normalmente non enumerati, tuttavia contenuti in altri articoli della direttiva Iva, escamotage ora possibile qualora si tratti di gas naturale, elettricità o riscaldamento. Una struttura lineare dunque, resa complessa dalla sedimentazione di ulteriori deroghe, spesso concesse ai singoli Stati membri tramite negoziati in seno al Consiglio nel corso dei rispettivi processi di ingresso nell’Unione.

 

Esaminando la “Vat Strategy” presentata dalla Commissione lo scorso anno come punto di partenza per una riforma dell’intero regime Iva nell’Unione – della quale la consultazione pubblica è parte integrante – la generale riduzione delle percentuali applicabili sembrerebbe essere una priorità. L’idea è quella ottenere un’imposta universale sui consumi, ritenendo l’Iva una modalità compatibile con la crescita economica, nonché la principale fonte di introiti per i bilanci nazionali. Alla luce dell’assunto che l’Iva costituisce attualmente circa il 20% delle entrate totali nelle casse degli Stati membri, si riterrebbe possibile aumentare il flusso con una doppia operazione. Da un lato, attraverso la riduzione del tasso generico fino a 7.5 punti percentuali; dall’altro, mediante una compensazione ottenuta tramite un drastico ridimensionamento delle deroghe. Manovra quest’ultima dagli effetti positivi diretti in termini di flusso e indiretti sul mercato interno, che vedrebbe ridotta la complessità degli affari intra-europei, oggi rallentati da una distorsione della concezione originaria dell’impianto che ha portato ad applicazioni disomogenee, deleterie per la competitività.

Lista dei regimi Iva attualmente applicati negli Stati membri Ue:

http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/vat/how_vat_works/rates/vat_rates_en.pdf