MYANMAR. L’ASEAN interviene debolmente, la violenza continua

127

I leader dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico, Asean, hanno risposto alla crescente pressione internazionale per agire sulla crisi del Myanmar attraverso un vertice straordinario tenutosi a Giacarta il 24 aprile. Anche se l’incontro è stato probabilmente un passo nella giusta direzione diplomatica, rimangono molte potenziali insidie.

Usa, Ue, Cina, India, Giappone e Russia hanno concordato che l’Asean doveva guidare la risoluzione della crisi in Myanmar, scatenata dal colpo di stato, attuati dai militari per rimediare, secondo loro, ai brogli elettorali e con la promessa di restituire il potere a un governo eletto non appena la situazione si fosse stabilizzata. La situazione si è aggravata quando sono scoppiate le proteste di massa contro il colpo di stato e la disobbedienza civile, ed è andata completamente fuori controllo quando la giunta ha iniziato a uccidere decine di manifestanti quasi ogni giorno dalla fine di marzo, riporta Asia Times.

L’Asean si è divisa tra i membri che restii nell’applicare pressioni sulla giunta, vale a dire Thailandia, Vietnam e Laos, e altri guidati da Indonesia, Malesia e Singapore che hanno cercato più apertamente di spingere la giunta a rilasciare i detenuti e ripristinare il governo eletto. Il leader della giunta, il generale Min Aung Hlaing, è stato invitato al vertice Asean e ha accettato di partecipare, desideroso di normalizzare le relazioni del suo regime con i partner Asean. Anche il governo di unità nazionale, un gruppo ombrello della resistenza democratica composto dalla Lnd e dai rappresentanti delle minoranze etniche, ha cercato di partecipare. In una lettera al segretario generale dell’Asean, il ministro degli Esteri del Governo di Unità Nazionale, Zin Mar Aung, si è offerto di partecipare in qualsiasi forma fosse ritenuta adatta al protocollo dell’Asean.

Ha aggiunto alcune richieste chiave ma modeste: che l’Asean non si affrettasse a riconoscere il regime golpista come il governo legittimo del Myanmar, che l’Asean chiarisse che la partecipazione di Min Aung Hlaing non conferisce necessariamente un riconoscimento ufficiale, e che l’Asean nominasse un inviato per coinvolgere tutte le parti sulla via da seguire e che il suddetto inviato cooperasse strettamente con l’inviato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per risolvere la crisi.

Il questo il Governo di unità nazionale non è stato ufficialmente invitato al vertice, ma ha ottenuto comunque spazio. Infatti, gli organizzatori dell’Asean si sono preoccupati di chiarire che Min Aung Hlaing ha partecipato nel suo ruolo di comandante in capo delle forze armate, non come capo del governo.

I negoziati al vertice hanno portato a un piano in 5 punti per porre fine alla crisi: cessazione immediata della violenza in Myanmar, dialogo costruttivo tra tutte le parti, mediazione facilitata dall’inviato speciale dell’Asean, assistenza umanitaria fornita dall’Asean e una missione in Myanmar dell’inviato speciale Asean per avviare il processo.

Sorprendentemente, Min Aung Hlaing ha accettato i cinque punti, anche se senza chiari meccanismi di applicazione; Zin Mar Aung, ha immediatamente lanciato un chiaro messaggio che tutti dovrebbero essere preparati al fatto che l’esercito non rispetti i suoi impegni Asean cosa puntualmente avvenuta. Il Global New Light of Myanmar, giornale governativo, ha pubblicato un annuncio in cui la giunta segnalava la sua intenzione di attuare il piano solo dopo che la pace e l’ordine fossero stati ripristinati.

Nella stessa edizione, la giunta ha pubblicato i suoi “cinque programmi”, una dichiarazione appena riformulata della posizione che aveva dichiarato al momento del lancio del colpo di stato: lo stato di emergenza continuerà, il sistema elettorale sarà riformato, e che le elezioni si terranno in futuro. Leggi: non cederemo di un centimetro.

Nel frattempo, la violenza è continuata senza sosta.

Antonio Albanese