MYANMAR. La guerra nel Rakhine prosegue, rallentando la politica indiana nell’area

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Nel Myanmar occidentale, un’area che mette faccia a faccia gli interessi strategici dell’India e della Cina, si sta combattendo una guerra, dimenticata e di diverso genere, oggi coperta dalle notizie sul Covid19, malattia che ufficialmente non c’è in Myanmar. Il brusco deterioramento della situazione militare nel Rakhine e nelle zone limitrofe plasmerà in senso molto più profondo sia il futuro politico del Myanmar che i piani dell’India per respingere la crescente influenza cinese.

La gravità della crisi è stata evidente il 10 e 11 marzo, quando l’esercito del Myanmar, o Tatmadaw, ha subito la sua più grande sconfitta per mano dell’Arakan Army, il più aggressivo di una serie di forze etniche che chiedono l’autonomia dopo settant’anni di malgoverno centralizzato. 

Con un blackout di notizie e la chiusura di internet, le aree di Chin e Rakhine colpite dai conflitti sono off-limits sia per i media del Myanmar che per quelli internazionali. Man mano che la notizia della debacle si è diffusa tra i ranghi dell’esercito, si è andato diffondendo un certo timore tra i ranghi, specialmente nei battaglioni reclutati localmente e dipendenti dal Comando occidentale dell’esercito. The Irrawaddy ha intervistato il portavoce di Tatmadaw, il generale di brigata Zaw Min Tun, secondo cui l’utilizzo dei jet e degli attacchi aerei dà migliori risultati rispetto alle operazioni terrestre, ed ecco l’incremento delle operazioni aeree su quel territorio in tempi recenti. 

L’aumento dei bersagli dei civili nel teatro di Rakhine-Chin permette solo due spiegazioni. Una, e probabilmente la più probabile, è che il Tatmadaw si stia scatenando perché “disperato” ; l’altra è che si è imbarcato in una strategia che consiste nel portare un gran numero della popolazione rurale nei campi per sfollati interni intorno alle aree urbane per prosciugare il bacino di arruolamento dell’abakan Army. 

L’area degli scontri è importante alla luce dei rapporti con l’India e della loro importanza economica. La politica indiana “Guarda a Est” è stata articolata per la prima volta nel 1991, ed oggi si traduce nella politica “Act East” dell’amministrazione di Narendra Modi, lanciata nel 2014. 

In questa direzione, la costruzione di un porto d’alto mare finanziato dall’India a Sittwe è stata completata insieme a un terminal container nell’entroterra della città di Paletwa. Il problema è tutto quello che c’è in mezzo e anche di più. È ancora in costruzione un nuovo collegamento stradale dal confine a sud di Zorinpuri alla città di Paletwa, soggetto alle ostilità, alle perturbazioni che l’Arakan Army potrebbe cercare di imporre in linea con una direttiva emessa lo scorso dicembre dal suo capo Tun Myat Naing.

Mentre a est la Cina si prepara a iniziare i lavori per un nuovo collegamento ferroviario di 431 chilometri verso Mandalay dal centro commerciale di frontiera di Muse, il contrappeso geostrategico indiano è bloccato dalla guerra civile e dal letargo burocratico birmano.

Maddalena Ingrao