Il Paese musulmano più popoloso al mondo, l’Indonesia, ha adottato una nuova strategia per combattere il terrorismo, le forze di sicurezza si rivolgono direttamente ai religiosi per prevenire gli attacchi.
Ogni tre mesi, il capo dell’antiterrorismo, infatti, va a far visita ad una scuola coranica a sud della capitale per affrontare il problema insieme ai religiosi. Il suo messaggio, egli dice, è schietto: l’arresto degli aspiranti attentatori «è il tuo lavoro, non il mio».
Ansyaad Mbai, il capo dell’Agenzia nazionale antiterrorismo, ha affermato che l’aiuto da parte dei religiosi ha portato a risultati sorprendenti. Dopo un tripudio di attacchi ispirati all’11 settembre 2011, i militanti in Indonesia sono ormai una forza malconcia e diminuita. In poco più di due anni, 33 sospetti terroristi sono stati uccisi, per lo più in sparatorie con la polizia, e quasi 200 sono stati arrestati. L’ultimo attacco significativo a Jakarta, la capitale, è stato nel 2009. Nessun civile è stato ucciso in azioni terroristiche negli ultimi 2 anni e mezzo. Le 13 vittime cadute negli ultimi due anni – 10 nel 2010 e tre lo scorso anno – sono stati tra gli agenti di polizia.
Nel corso dell’ultimo anno Mbai, insultato dai musulmani radicali considerato nemico della fede, ha parlato con un totale di 500 religiosi provenienti da tutto il paese per parlare di “anti-radicalizzazione” in sessioni di lavoro organizzate da Kulliyatul Corano al-Hikam, un collegio islamico.