
La Libia è soggetta alla giurisdizione della Corte Penale Internazionale dopo che il suo status è stato deferito dal 16 febbraio 2011 al Procuratore della Corte attraverso la Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Con cadenza semestrale il Procuratore tiene un briefing, in seno al Consiglio, proprio per ragguagliarli sulla situazione nel Paese e sul proseguimento delle indagini. L’ultimo suo discorso ha generato diverse reazioni fra i vari rappresentanti all’ONU, poiché bisogna considerare il contesto geopolitico attuale in cui si inserisce, non tanto per ciò che ha riferito, ma per il ruolo della stessa Corte accusata di essere di parte e filo occidentale, ma anche invocata da più Stati ad agire come nel conflitto a Gaza ma poi proprio questi non la riconoscono o comunque non vogliono la sua giurisdizione se si tratta di situazioni in cui potrebbero essere coinvolti, ed essere danneggiati.
La Libia non è un paese membro dello Statuto di Roma e di conseguenza la Corte non avrebbe giurisdizione, ma essendo il caso deferito dal Consiglio di Sicurezza allora ha autorità per svolgere le indagini. La Corte ha giurisdizione su un’ampia gamma di crimini, compresi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ma non contro l’entità statale bensì contro i singoli, le persone. Gli attacchi indiscriminati sono considerati crimini di guerra, così come gli attacchi contro i civili o contro obiettivi civili come gli aeroporti, a meno che tali aeroporti non siano utilizzati per scopi militari. Tuttavia chi compie tali atti è tenuto ad adottare misure preventive per proteggere i civili, e gli attacchi aerei o qualsiasi altro mezzo in battaglia viene preso in considerazione.
Il 7 novembre si è tenuta la sessione del Consiglio di sicurezza dell’ONU durante la quale il Procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha fornito un briefing semestrale sulle questionidi sicurezza libiche che rivela importanti indagini sui crimini di guerra e sugli abusi dei diritti umani perpetrati durante il periodo 2014-2020. Questa presentazione avviene in conformità con la risoluzione emessa nel 2011, che ha invitato il procuratore della CPI a fornire ogni sei mesi al Consiglio gli ultimi sviluppi sulla Libia. Proprio un anno prima, a novembre, lo stesso Procuratore ha visitato la Libia, le carceri della regione occidentale e i siti delle fosse comuni a Tarhuna, ha incontrato le famiglie delle vittime delle violazioni attribuite alle milizie a Tarhuna, ha inoltre visitato Bengasi e ha incontrato il comandante del comando generale delle forze, Khalifa Haftar. Alla luce di queste visite si è svolto il lavoro dell’ufficio del procuratore presso la CPI per indagare sui crimini di guerra e sui crimini contro l’umanità commessi da vari soggetti libici. In seguito, però, Khan, ha indicato che la Procura necessita di vere partnership per rendere la missione in Libia un successo.
La CPI, nel dettaglio, fa sapere che l’Ufficio del Procuratore continua ad analizzare e valutare le prove relative a presunte esecuzioni extragiudiziali, rapimenti, profanazione di corpi, sparizioni forzate, presa di ostaggi, violenza sessuale, saccheggi, attacchi aerei indiscriminati, uso di mine e distruzione di proprietà. Sono stati compiuti progressi significativi in questa linea di indagine, soprattutto per quanto riguarda i principali sospettati, e alcune parti della strategia investigativa sono in fase di completamento. La CPI indaga anche sui trafficanti di migranti libici, e le indagini sui crimini di guerra si concentrano sempre più non solo sui guerrieri, ma anche sulle multinazionali accusate di sostenerli. Karim Khan, ha annunciato, che lui e i membri del suo ufficio hanno ottenuto il visto d’ingresso in Libia indicando che il suo prossimo briefing sarà dalla Libia e comunica l’interesse a presentare un quadro chiaro e afferma il bisogno della piena collaborazione delle autorità libiche per perseguire le persone ricercate. Infine, comunica che sono state effettuate 15 visite in 3 aree, raccolto prove e condotto interviste con testimoni per aiutare a perseguire le persone ricercate.
In risposta all’ultimo briefing, il rappresentante della Russia propone di ritirare il fascicolo Libico dalla CPI e di affidare le indagini, i processi e la riconciliazione ai libici, considerando che l’organo giudiziario è diventato di parte e uno strumento nelle mani dell’Occidente. A riguardo, lo stesso rappresentante russo davanti al CdS ha descritto il rapporto del procuratore Khan secondo cui la Libia è vuota e priva di qualsiasi contenuto utile affermando che la CPI si è deteriorata e, se in passato ha sottoposto alla Corte i casi della Libia ora possono essere ritirati e che, come detto, il processo e la riconciliazione devono essere nazionali e nelle mani dei tribunali dei paesi.
Sulla vicenda si è espresso anche il rappresentante della Libia presso le Nazioni Unite, Taher al Sunni, che afferma di non accettare di rimanere indefinitamente sotto la tutela della Corte penale internazionale perché il sistema giudiziario libico è antico e non è stato creato dal nulla. Sottolinea la necessità di sostenere la stabilità della Libia e trovare una soluzione politica globale per uscire dall’attuale crisi è la soluzione finale e ideale per stabilire giustizia e responsabilità e viene riaffermato che ottenere giustizia sulle terre libiche è una giurisdizione sovrana e una giurisdizione nazionale a cui non si può rinunciare. La magistratura libica, continua al Sunni, infatti, è impegnata a garantire un processo giusto e imparziale per tutte le persone ricercate ed, indipendentemente dalla durata, i reati commessi non saranno soggetti a prescrizione. Il diplomatico libico afferma che la cooperazione con la CPI rappresenta un ruolo complementare alla magistratura libica e non un suo sostituto e che la magistratura libica è in grado di giudicare tutti i casi che le vengono presentati. Quello che viene ora richiesto è di vedere i risultati delle indagini della CPI e di aiutare a catturare questi fuggitivi dalla giustizia nazionale.
Attenzione, infine, va data alle considerazioni dello scrittore e analista politico libico, Mustafa al Fitouri che afferma che il rapporto presentato dal procuratore Khan è di routine e sostiene che la Corte sta ancora cercando di “contattare” Saif al Islam Gheddafi – che è ricercato dalla CPI, con un mandato d’arresto, per crimini contro l’umanità in seguito allo scoppio delle manifestazioni popolari in Libia nel febbraio 2011. Non ci sono stati sviluppi riguardo al caso di Saif al Islam e non c’è stata alcuna richiesta da parte delle autorità libiche di processarlo in Libia che sia stata accettata dalla Corte Penale. Inoltre, va ricordato che Saif Gheddafi è stato autorizzato dalle autorità giudiziarie libiche a candidarsi alla presidenza del paese alle elezioni. Ciò mostra la debolezza della Corte in questo caso, ma in generale nell’intera vicenda. Da ultimo, invece, si attende che il tribunale penale emetta quattro nuovi mandati di arresto contro individui accusati di aver commesso crimini di guerra e violazioni nel periodo 2014-2020.
Paolo Romano