Libia: guerra per procura

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ITALIA – Roma 28/08/2014. Il New York Times ha riportato che nell’ultima settimana gli Emirati Arabi Uniti hanno sferrato almeno due raid aerei contro le milizie islamiste che combattevano per il controllo dell’aeroporto di Tripoli. Sembra che l’Egitto abbia offerto supporto logistico con attrezzature di rifornimento. Gli Stati Uniti si dicono colti di sorpresa.

Sembra che i raid siano stati effettuati dalla Royal Saudi Air Force con degli F-16 ai danni delle milizie islamiste che hanno preso il controllo dell’aeroporto di Tripoli, sferrando così un duro colpo per esercito regolare libico. I raid sono stati pianificati nel tentativo di riequilibrare la disposizione delle forze in campo. L’Egitto è stato tirato in causa dal Dipartimento di Stato americano in quanto si suppone che abbia partecipato all’operazione militare rifornendo in volo gli F-16 sauditi. A ben vedere infatti la distanza che separa Abu Dhabi da Tripoli è stimata intorno alle 2.500 miglia, una distanza che gli aerei in questione non possono percorrere per intero se non con l’ausilio di rifornimento. Il coinvolgimento dell’Egitto si suppone in quanto i due Paesi hanno alle spalle una storia di coinvolgimenti reciproci nelle recenti vicende della Primavera Araba. Gli Emirati infatti hanno appoggiato e finanziato il Generale Abdel Fattah al-Sisi nel colpo di stato, al fine di eliminare la fazione dei Fratelli Musulmani in Egitto. Dato il loro rapporto di vicinanza politica si ipotizza quindi un probabile intervento egiziano. Il Cairo controbatte negando le accuse di coinvolgimento diretto, secondo quanto dichiarato dallo stesso al-Sisi, il quale denuncia ogni tentativo di intromissione nelle vicende interne della Libia. Gli Stati Uniti in tutto questo si dicono colti di sorpresa perché, a detta del Dipartimento di Stato, non c’è stata alcuna consultazione in merito alla questione. Nonostante il fatto che gli Stati Uniti, di concerto con l’UE, condannino l’intrusione di attori esterni alle vicende libiche per timore di un’escalation di violenza, il vero timore degli americani risiede nel dubbio se i raid siano stati effettuati utilizzando degli armamenti venduti dagli USA oppure no. In caso affermativo, verrebbero violati gli accordi per i quali questi armamenti erano stati venduti.
La situazione sembra più complicata di quanto sembri. Se infatti le ipotesi venissero confermate, la Libia diventerebbe il teatro di una guerra per procura fra le grandi potenze arabe: Emirati Arabi, Arabia Saudita ed Egitto, che non vogliono che il terrorismo islamico prenda il sopravvento, da un lato; Qatar, Sudan, Iran e Turchia dall’altro. Il motivo del contendere sarebbe il controllo delle forze politiche sul territorio libico. Che la Libia soffra in un caos politico e istituzionale non è una novità. Se però pensiamo al coinvolgimento degli islamisti di Ansar al-Shari’ah come attori sempre più forti e presenti sul campo, la cornice di tutto il conflitto si sposta su un piano più alto. Da tempo infatti il Qatar è additato come il maggior finanziatore dei gruppi terroristici in Libia e altrove nel mondo arabo, mentre paesi come l’Arabia Saudita, fortemente improntati ad un Islam sano, sono estremamente contrari alle correnti estremiste che possano spodestare il loro ruolo di guida dell’Islam. Anche l’Egitto rientra a pieno fra questi Paesi, come dimostrato dal colpo di stato di al-Sisi. La situazione è ulteriormente aggravata dalla presenza ormai tentacolare dell’ISIS, le cui formazioni sono state avvistate anche su suolo libico. I raid aerei sarebbero inscritti quindi in una logica di prevenzione contro il fondamentalismo di matrice islamica.
Controverso rimane poi il ruolo degli Stati Uniti in tutta la vicenda. Non importa se fossero a conoscenza o no dell’operazione o abbiano addirittura dato il consenso; l’avversione contro gli islamici da parte degli alleati non può che far comodo.

Insomma, proprio in mancanza di una strategia Occidentale ufficiale e decisa – americana in primis, i vari attori arabi agiscono di loro iniziativa e con mezzi propri – qui sta la novità – per arginare il pericolo del fondamentalismo islamico che sembra divampare sempre più in Medio Oriente. Uno dei primi è l’Egitto che, insieme ai Paesi confinanti con la Libia, da sempre mette in guardia sull’alto potenziale destabilizzatore dei movimenti islamici. Al momento la Libia rappresenta uno dei Paesi chiave dove si combatte per la stabilità di tutta la regione.