Al-Thani si dimette

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LIBIA – Tripoli 30/8/2014. Il Premier Abdullah al-Thani si è dimesso per permettere alla Camera dei Rappresentanti riunita a Tobruk di eleggere un nuovo esecutivo che sia il più possibile inclusivo di tutte gli attori sulla scena politica del Paese.

L’assenza temporanea dell’esecutivo potrebbe destabilizzare ancora di più la situazione.

Al-Thani si è dimesso dicendosi fiducioso nel fatto che il Parlamento riunito a Tobruk possa trovare la via del dialogo con tutte le parti politiche e sociali sulla scena libica, mettendo l’accento sul tema della sicurezza e dello stato di diritto che sono costantemente messi in pericolo. Il Premier ha anche denunciato la formazione a Tripoli di un esecutivo totalmente indipendente dalla Camera dei Rappresentanti. Egli lo definisce un “tentativo di ribellione contro il parlamento legittimo”. Il Congresso Nazionale Generale era il vecchio organo legislativo libico riunito nella capitale Tripoli e venne di fatto rimpiazzato dalle elezioni del 25 Giugno che hanno conferito legittimità democratica alla Camera dei Rappresentanti. I componenti del CNG, vicini alle posizioni islamiste, hanno recentemente proclamato una vera e propria “secessione” dal nuovo Parlamento ed hanno eletto il loro esecutivo con a capo Omar al-Hasi. Questo complica enormemente la situazione perché ad oggi la Libia risulta divisa politicamente in tre parti: Tripoli e dintorni sembrano ormai nelle mani dei fondamentalisti di Misurata; Bengasi, dopo i recenti combattimenti che hanno visto la ritirata del Generale Haftar, è caduta nelle mani della formazione islamica Anshar al-Shari’ah, Tobuk rimane da sola la sede del Parlamento legittimo con il quale dialogano gli attori della comunità internazionale.
In tutto questo, il Ministro degli Esteri libico Mohamed Abdulaziz preme sul Consiglio di Sicurezza dell’ONU affinchè completi la sua missione in Libia ed aiuti a ristabilire l’ordine e la legge, in applicazione del capitolo VII della Carta dell’ONU. Dal canto suo il Consiglio di Sicurezza, d’accordo sul fatto che un intervento militare è assolutamente da escludere, rinnova ed amplia il regime di sanzioni internazionali in vigore nei confronti di Tripoli. Le misure prevedono delle sanzioni – embargo sulle armi e congelamento dei beni – contro persone o gruppi che “commettano o aiutino a commettere degli atti che mettano a rischio la pace, la stabilità o la sicurezza in Libia, o che ostacolino la riuscita della transizione politica” nel Paese. In una nota congiunta di Usa, Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna si condanna poi l’escalation delle violenze, si incoraggia la transizione democratica e si esprime sostegno alle istituzioni elette democraticamente, come già dichiarato dallo spagnolo Bernardino Leon, esperto europeo delle questioni del mediterraneo ed inviato speciale dell’ONU in Libia. “I libici – ha detto Leon – non sembrano essere in grado di risolvere questa crisi da soli e avranno bisogno del sostegno della comunità internazionale. L’UNSMIL ha una responsabilità primaria in Libia. Può contare su una squadra eccellente che sta lavorando molto duramente”. Affermando che la delegazione sta cercando di convincere tutte le parti ad un cessare il fuoco duraturo, Leon dichiara anche che si sta lavorando per cercare un accordo con le milizie per liberare Tripoli e il suo aeroporto.
Il Presidente della commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, dichiara che, vista la decisione di non intervenire militarmente per aiutare la Libia, è il caso di passare ad “un intervento molto energico di tipo politico”, colpendo così gli interessi che i signori della guerra libici hanno in Europa. L’Italia, dice Latorre, è seriamente impegnata a favorire la stabilizzazione politica del Paese e sosterrà fortemente una “linea che tolga ossigeno alle fazioni armate, blocchi il
flusso di armi e contrasti ogni traffico illegale”.