Il primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che «senza Giudea e Samaria, la nostra esistenza è in pericolo». Intervenendo a ad una conferenza a Maaleh Adumim (insediamento israeliano e città situata a 7 km a est di Gerusalemme, nella Cisgiordania e ai bordi del deserto di Giuda) ha chiarito le ragioni delle sue recenti mosse politiche sull’ampliamento del territorio israeliano.
«Senza la nostra patria, non abbiamo esistenza, siamo lasciati in sospeso – non abbiamo passato, non abbiamo futuro. Questa è la nostra identità e la nostra eredità, e il nostro futuro è qui. Pertanto, i nostri nemici stanno cercando di sradicarci dal cuore della nostra patria. Non ci riusciranno. Noi siamo qui e ci resteremo sempre», ha detto Netanyahu, riporta Arutz Sheva7.
«Dopo la grande euforia della Guerra dei Sei Giorni, una prospettiva pericolosa si è radicata nella sinistra. Secondo questa prospettiva, invece di combattere per la Giudea e la Samaria, dobbiamo rinunciarci. Affermano che se diamo queste terre ai nostri nemici, ci faranno un favore e faranno pace con la nostra esistenza. L’hanno chiamato “terra per la pace” e abbiamo ricevuto “terra per il terrore”: autobus che esplodono, ristoranti che esplodono, alberghi che esplodono. L’ondata di debolezza ha raggiunto un’ampiezza tale che un primo Ministro di Israele, Ehud Olmert, è stato disposto a dare il muro occidentale ai palestinesi. Lo stesso Olmert, amico e stretto consigliere di Benny Gantz, ha in programma di andare presto da Mahmoud Abbas per poter lavorare insieme contro l'”Affare del Secolo” del presidente Trump», ha poi proseguito nel suo discorso il premier israeliano.
Netanyahu ha poi proseguito attaccando il suo rivale Gantz: «E cosa dice Benny Gantz di questo? Può fare quello che vuole. È così che parla un leader? Benny Gantz? È incredibile. Non è così che si comporta un leader. Io dico a Benny Gatnz: «Scollegatevi da Olmert, condannatelo, di cosa balbettate? Dillo molto chiaramente. Un leader non parla così. È così che si parla quando non si può formare un governo senza Ahmad Tibi», che è il presidente della Lista araba comune.
Netanyahu si discosta, rigettandola del tutto, dalla politica della sinistra israeliana riguardo la Palestina: «Se per anni questo è ciò che gli ebrei hanno sentito, cosa diranno le nazioni del mondo? Hanno detto e dicono esattamente la stessa cosa: Ritiratevi, ritiratevi, ritiratevi. Fin dal mio primo giorno di vita pubblica ho rifiutato questa idea e ho combattuto con tutte le mie forze fin dal mio primo lavoro alle Nazioni Unite. Ho combattuto con buoni amici contro Oslo, le espulsioni e i ritiri. Ma le richieste di ritiro da parte di Israele continuavano a crescere, e raggiunsero il loro apice negli undici anni in cui mi trovai a testa alta contro due amministrazioni americane. Hanno lavorato contro di noi, con l’incessante sostegno della sinistra e dei media israeliani, che mi hanno sempre chiesto di ritirarmi e di scendere a compromessi».
Quindi Netanyahu appoggiando l’Affare del secolo dell’Amministrazione Trump, spiega le sue recenti uscite politiche inerenti l’annessione di territorio: «Vi dirò qualcosa che non ho detto fino ad ora. Dopo il funerale di Shimon Peres, un alto esponente degli Stati Uniti mi ha mandato un messaggio: “Se vuoi un funerale così grande, devi iniziare a cedere”. Gli ho detto: “Non sono preoccupato per il mio funerale, sono preoccupato di impedire il funerale del mio Paese”».
Maddalena Ingrao