FRANCIA. RSF ricorda i giornalisti in carcere

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di Antonio Albanese ITALIA – Roma 28/12/2016. Reporters sans frontières ricorda a tutti gli operatori del mondo dell’informazione, con le sue campagne, la fondamentale importanza della libertà di stampa e di opinione, sempre più spesso vittima di attacchi in diverse parti del mondo e in diversi modi. Dagli arresti arbitrari al soffocamento fatto della stampa indipendente, In questi giorni di festa Rsf ci ricorda che alcuni colleghi sono in carcere per aver svolto bene il loro lavoro. Non tutti i lettori seguono le attività di Rsf per questo abbiamo deciso di riporre il comunicato Rsf che ci ricorda le vittime delle campagne di attacco alla libertà di stampa e alla democrazia in apertura dell’edizione odierna, proprio in giorni di festa turbati dagli eventi tragici accaduti in Europa e nel Medio Oriente allargato. La libertà di stampa è uno dei pilastri della democrazia, come ricorda a tutti noi Rsf: «Kadri Gursel (Turchia). Questo ben noto giornalista, di lingua francese e francofilo, ci ha raggiunto a Parigi lo scorso per il World Press Freedom Day (3 maggio), al fine di parlare della situazione dei giornalisti della Turchia. Ha inviato il seguente Tweet il 31 ottobre: «Un mandato è stato appena rilasciato per il mio arresto. Sto andando a casa. Penso che sia legato al raid effettuato contro Cumhuriyet”. È stato il suo ultimo Tweet. È ancora in prigione come tanti altri giornalisti turchi.
Narges Mohammadi (Iran). Una giornalista che ha lavorato a stretto contatto con il Nobel per la pace Shirin Ebadi, come portavoce del Centro per difensori dei diritti umani, questa donna coraggiosa è stata condannata a 10 anni di carcere il 18 maggio 2016. Ha continuato lo sciopero della fame fino a quando le autorità della prigione non la lascieranno parlare per telefono con i suoi due figli, che ora vivono a Parigi.
Khoudaïberdy Allachov (Turkmenistan). Corrispondente di Radio Free Europe / Radio Liberty che ha coperto storie sensibili come la scarsità di cibo, è stato detenuto il 3 dicembre con l’accusa assurda di possedere tabacco. Le ultime persone a vederlo (in una stazione di polizia) hanno detto che era coperto di lividi e non era in grado di parlare o anche alzare la testa. Si crede si stato processato in segreto, senza essere difeso da un avvocato, ma nessuno sa se sia finito il processo, e se in effetti è avvenuto.
Hassan Bouras (Algeria). Questo strenuo difensore della libertà dei media starà probabilmente ancora in prigione per il suo 50° compleanno il 1° gennaio. È stato arrestato il 28 novembre per richiamare l’attenzione su casi e di corruzione giudiziaria e di polizia e di appropriazione indebita. Stava solo facendo il suo lavoro, che è quello di informare. Ma invece di lanciare un’indagine sulle pratiche inaccettabili che Bouras ha denunciato, le autorità algerine hanno preferito metterlo a tacere schiaffandolo in prigione. Rsf ha lanciato una petizione per il suo rilascio».