Una patologia, a dimensione mondiale, molto grave e invalidante. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la depressione uno dei quattro nemici della geriatria. Numeri alla mano, quelli diffusi da PASSI d’Argento e raccolti nel quadriennio 2017-2020, si stima che 13 over 65 su 100 soffrano di sintomi riconducibili alla depressione. A tal punto da vedere compromesso il proprio stato complessivo di salute fisica e mentale per una media di 19 giorni nel mese precedente l’intervista.
Una grande “macchia nera”
Le percentuali non mentono. La depressione è una grande “macchia nera” che affligge le persone anziane. I sintomi risultano più frequenti nei soggetti oltre gli 85 anni (22%); nella popolazione femminile (16% contro il 9% degli uomini); tra le classi sociali in difficoltà economica e finanziaria o basso grado d’istruzione; in chi vive da solo e ha diagnosi di altre patologie croniche.
A chi chiedere aiuto?
La consapevolezza dell’essere “caduti in depressione” stride però con i dati delle richieste d’aiuto: una buona quota di persone colpite da sintomi evidenti (28%) rimane in silenzio e non lancia allarmi. Mentre il 23% si rivolge a familiari e amici, a un operatore sanitario o medico (16%) e nel 33% dei casi sollecita l’intervento delle persone care in abbinamento ai professionisti. Infine, la prevalenza: i sintomi depressivi si riscontrano soprattutto in alcune regioni del Centro-Sud.
La situazione nella popolazione più giovane
Altrettanto interessante è il quadro che emerge dal dossier PASSI 2017-2020 per la quota di popolazione italiana adulta. Qui la sintomatologia sfiora l’8% nel range 50-69 anni, è al 5% fra i 18 e i 34 ; arriva ancora all’8% nelle donne (5% negli uomini); si ripresenta “cattiva” nelle classi svantaggiate e a bassa scolarizzazione; in quanti non possono fare affidamento su un’occupazione sicura o un lavoro regolarmente retribuito; in chi riferisce già una precedente diagnosi per patologia cronica. Il rapporto tra coloro che chiedono aiuto affidandosi alle cure e alle terapie dei medici e la parte silenziosa segna un 62% per i primi contro il 38% dei secondi.
Le regioni a rischio
Negli ultimi anni si osservano prevalenze di sintomi depressivi in media più forti nei territori dell’Italia settentrionale (minore criticità nel Centro). Detto ciò, non mancano all’appello situazioni d’allerta rossa: Sardegna, Molise, Campania e Umbria. Nei casi appena enunciati, il trend è alto e appare slegato dalla composizione anagrafica – età – delle rispettive popolazioni.
L’effetto Covid-19
Se dal 2008 si sostanzialmente assistito a una riduzione lenta, seppur continua, della prevalenza dei sintomi depressivi in tutto il Paese fino al periodo 2014-2015, da lì in avanti è stata registrata una stabilizzazione dei dati. Fatta eccezione nelle regioni settentrionali in cui l’inversione della tendenza è stata negativa virando, purtroppo, verso l’aumento. Ora sarà necessario leggere, pure alla luce del dato 2020 e dell’eventuale impatto correlato al Covid-19, il trend degli ultimissimi mesi e vedere da vicino cosa accadrà nei differenti sottogruppi della popolazione: concentrando l’attenzione sui più vulnerabili e i più esposti agli effetti sociali-economici dovuti alla pandemia.
Marco Valeriani